Utilizziamo cookie tecnici per personalizzare il sito web e offrire all’utente un servizio di maggior valore. Chiudendo il banner e continuando con la navigazione verranno installati nel Suo dispositivo i cookie tecnici necessari ai fini della navigazione nel Sito. L’installazione dei cookie tecnici non richiede alcun consenso da parte Sua. Ulteriori informazioni sono contenute nella nostra Cookie Policy.



Il tasso privo di rischio nella valutazione d’azienda

PrintMailRate-it

​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 10.11.2025 | Tempo di lettura ca. 5 minuti​


Ogni stima del valore d’impresa si fonda su un principio semplice: il valore di oggi dipende dai flussi di cassa futuri e dal tasso a cui li si sconta.
Questo tasso – il costo del capitale – parte sempre da una componente comune: il tasso privo di rischio. Sbagliare questo punto di partenza significa inclinare tutto il modello di valutazione.

In teoria, un tasso è “privo di rischio” solo se garantisce con certezza il rimborso del capitale e degli interessi, senza rischio di insolvenza o di reinvestimento.

In pratica, nessun titolo è completamente sicuro: il tasso privo di rischio è un’approssimazione, un riferimento costruito per rappresentare il rendimento minimo che un investitore può ottenere senza esporsi a incertezze rilevanti.

Coerenza di valuta​

Il primo criterio da rispettare è la coerenza tra la valuta dei flussi di cassa e quella del tasso privo di rischio: se i flussi sono stimati in euro, il tasso deve essere espresso in euro; se la valutazione è in dollari, servirà un tasso in dollari, e così via. 

Questo principio, che Damodaran chiama “consistency rule”, evita un errore tanto diffuso quanto grave: mischiare rendimenti di valute diverse.

Il tasso privo di rischio non deve riflettere il rischio del paese in cui l’azienda opera, ma soltanto il rischio della valuta in cui vengono espressi i flussi.

Per un’impresa europea, ad esempio, può essere appropriato usare il rendimento dei titoli di Stato tedeschi a lungo termine, considerati i più “sicuri” dell’area euro.

L’orizzonte temporale: pensare in lungo​

Un secondo aspetto fondamentale è la durata. In un modello di valutazione, i flussi di cassa si estendono per molti anni – spesso all’infinito.

Ha quindi senso utilizzare un tasso privo di rischio che rifletta un orizzonte temporale simile, ossia il rendimento di titoli governativi a lunga scadenza (10, 20 o 30 anni).

Usare un tasso a breve termine, come quello di un titolo a tre o sei mesi, genera una distorsione: i tassi a breve risentono delle oscillazioni cicliche del mercato monetario e non riflettono la struttura di rendimento che influenza i flussi futuri.

Il tasso privo di rischio deve invece rappresentare una prospettiva di lungo periodo, coerente con la natura dell’investimento azionario.

Quando il governo non è “privo di rischio”​

Molti analisti cadono nell’errore di considerare automaticamente “risk-free” i titoli di Stato. In realtà, in diversi paesi il rischio di default sovrano non è trascurabile.

Un titolo governativo con rating medio o basso incorpora uno spread di rischio che nega la definizione stessa di “privo di rischio”.

In questi casi è necessario rettificare il rendimento del titolo di Stato, sottraendo lo spread di rischio sovrano stimato.

Un’altra strada consiste nel ricostruire un tasso privo di rischio partendo da un rendimento di riferimento realmente sicuro (come i Treasury USA) e aggiungendo il differenziale di inflazione attesa della valuta locale.

Tasso reale o nominale: la coerenza che conta​

Un altro punto cruciale è la coerenza tra flussi e tasso. Se i flussi di cassa futuri sono espressi in termini nominali, devono essere scontati con un tasso privo di rischio nominale.

Se invece i flussi sono reali, cioè già depurati dall’inflazione, serve un tasso reale, che può essere ricavato da titoli di Stato indicizzati all’inflazione.

Confondere i due livelli è un errore metodologico grave: scontare flussi nominali con un tasso reale (o viceversa) altera i valori in modo significativo e distorce il risultato finale.

Tassi “anomali” e la tentazione della normalizzazione​

Negli ultimi anni i tassi dei titoli governativi hanno spesso toccato livelli storicamente bassi, in alcuni casi addirittura negativi.

Questo ha generato il dubbio se sia corretto usare tali valori “anomali” come base di valutazione, poiché un tasso privo di rischio molto basso tende ad aumentare i valori delle imprese.

Secondo Damodaran, sostituire automaticamente il tasso corrente con una media storica è un errore concettuale.

Il tasso di mercato rappresenta la realtà attuale, e se si ritiene che i tassi torneranno a livelli più alti nel tempo, questa deve diventare una sceneggiatura esplicita, non un aggiustamento nascosto. La chiave è sempre la trasparenza delle assunzioni, non la ricerca di un “tasso giusto” in senso assoluto.

Mercati senza benchmark affidabili

In alcuni paesi, soprattutto emergenti, non esistono titoli di Stato considerabili “risk-free”.
In questi casi è possibile costruire un tasso teorico combinando:
  • un tasso reale di riferimento internazionale (ad esempio quello dei Treasury USA indicizzati all’inflazione);
  • più il tasso di inflazione atteso della valuta locale.

Il risultato è un RF coerente con la moneta di riferimento, pur in assenza di strumenti di mercato completamente sicuri.

Gli errori più comuni

Riassumendo, gli errori più frequenti nella scelta del tasso privo di rischio sono:
  • usare tassi a breve per valutazioni di lungo periodo;
  • trattare qualsiasi titolo di Stato come privo di rischio;
  • utilizzare RF in valuta diversa dai flussi stimati;
  • mescolare flussi reali e tassi nominali;
  • ignorare il rischio paese nei mercati emergenti;
  • introdurre tassi “normalizzati” senza giustificarli esplicitamente.

Conclusione​

Il tasso privo di rischio non è un numero da prendere per abitudine, ma una scelta consapevole che definisce l’intera architettura della valutazione.

È il punto di partenza da cui si misura ogni forma di rischio e rendimento. La lezione di Damodaran è semplice ma profonda: più che cercare la precisione assoluta, conta la coerenza interna del modello.

Un tasso privo di rischio scelto con metodo, in linea con la valuta, la durata e la natura dei flussi, rende la valutazione non solo più solida dal punto di vista tecnico, ma anche più credibile agli occhi di chi la legge.

dalla newsletter

​​​​​Tax Newsletter​​​​​​

autore

Contact Person Picture

Stefano Damagino

Dottore Commercialista e Revisore legale

Associate Partner

+39 02 6328 841

Invia richiesta

Profilo

i nostri servizi

Skip Ribbon Commands
Skip to main content
Deutschland Weltweit Search Menu