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Aree idonee e fotovoltaico: il TAR ferma tutto e chiama in causa la Corte Costituzionale

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​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 15.05.2025 | Tempo di lettura ca. 5​​ minuti


Il 13 maggio 2025, il TAR Lazio ha emesso diverse sentenze, che hanno parzialmente annullato il Decreto Aree Idonee del 21 giugno 2024 e sollevato dubbi di costituzionalità sul D.L. Agricoltura n. 63/2024, rimettendo le questioni al vaglio della Corte Costituzionale. 

Queste decisioni hanno confermato le critiche espresse dagli operatori del settore delle energie rinnovabili sin dalla data di emanazione delle normative oggi oggetto di censura. In particolare, il TAR ha evidenziato il contrasto del Decreto Aree Idonee e del DL Agricoltura con i principi comunitari che perseguono l’obiettivo di incrementare la produzione di energia rinnovabile. È stato quindi censurato, per esempio, l'eccessivo potere regolatorio conferito alle Regioni, l'assenza di principi fondamentali per guidare le Regioni e la mancanza di misure di salvaguardia per i progetti in corso.  Le sentenze del TAR chiamano ora in causa il legislatore e l’esecutivo, che – entro un termine di 60 giorni – dovranno revisionare le normative per garantire che siano conformi ai principi costituzionali e alle esigenze del settore delle energie rinnovabili, il tutto con contestuale rinvio alla Corte Costituzionale per ulteriori valutazioni.

In particolare, con la sentenza n. 9155/2025 pubblicata in data 13 maggio 2025, Il TAR Roma ha principalmente segnalato tre profili di illegittimità del Decreto Aree Idonee.

Sotto un primo profilo, il Collegio romano ha annullato l’art. 7 comma 3 nella parte in cui veniva conferita alle Regioni la facoltà di stabilire “una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 km”. L’indeterminatezza del vincolo quantitativo con riferimento alla fascia di rispetto dal bene oggetto di tutela (fino a 7 km) conferirebbe, ad avviso del Collegio, un potere regolatorio alle Regioni ben oltre la delega legislativa. Sul punto, tale previsione abiliterebbe le Regioni a prevedere fasce di rispetto più ampie rispetto a quelle già identificate, ad esempio, per gli impianti eolici e fotovoltaici nell’art. 20 comma 8 lett. c-quater del D. lgs. 199/2021.

Ciò detto, ne deriva un secondo profilo di illegittimità delle scelte amministrative di cui al D.M. nella parte in cui quest’ultimo non conterrebbe i principi fondamentali che avrebbero dovuto guidare il legislatore regionale nell’esercizio delle proprie attribuzioni, né tantomeno norme di dettaglio auto applicative. 

Qui il Collegio partendo dal principio di proporzionalità e di omogeneità che deve presidiare la normativa sullo sviluppo degli impianti FER, e fermo l’art. 117 della Costituzione sulla legislazione concorrente tra Stato e Regioni nelle materie della produzione, distribuzione e trasporto di energia, ha sostanzialmente intimato il MASE ad introdurre specifici e puntuali criteri tecnici di tipo oggettivo inerenti alla tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale, idonei a guidare le Regioni nell’esercizio delle attribuzioni. 

L’assenza di principi e criteri direttivi omogenei per le Regioni costituisce un vizio tale da violare non soltanto la citata norma costituzionale bensì la delega legislativa integrando altresì un difetto di omogeneità suscettibile di ingenerare applicazioni della disciplina delle aree idonee e non idonee diverse e distinte tra le varie Regioni. 

Si aggiunga poi che il TAR ha altresì dichiarato l’illegittimità del DM Aree Idonee sotto un terzo profilo ovvero per l’assenza di una normativa transitoria di salvaguardia dei procedimenti di autorizzazione degli impianti FER in corso di svolgimento.

Secondo il TAR, il DM Aree Idonee non prevede alcuna misura di salvaguardia per le iniziative in corso, limitandosi ad attribuire alle Regioni la mera possibilità di fare salve le aree idonee di cui all’art. 20, comma 8, del D.lgs. 199/2021 vigente alla data di entrata in vigore del DM Aree Idonee.

L’assenza di una misura di salvaguardia per tali iniziative, rileva il TAR, non assicura il mantenimento della qualificazione di aree idonea operata medio tempore dalla legge.

Pertanto, anche sotto tale profilo, il DM Aree Idonee andrà rivisto. Ma le battute d’arresto del TAR non si sono concentrate esclusivamente sul D.M. Aree Idonee.

Con le diverse sentenze ed ordinanze pubblicate in data 13 maggio 2025, il TAR Roma non si è sottratto altresì dal pronunciarsi sul noto D.L. n. 63/2024 (c.d. D.L. Agricoltura) che, si ricorda, aveva vietato su tutto il territorio nazionale l’installazione di impianti fotovoltaici collocati a terra in zone classificate agricole; sul punto il Collegio ha accolto, tra l’altro, anche le questioni di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 20 comma 1-bis del D.lgs. 199/2021 come introdotto dall’art. 5 del medesimo D.L. n. 63/2024.

A giudizio del TAR, la sottrazione indiscriminata di larga parte del territorio nazionale all’utilizzo della tecnologia fotovoltaica presenta diversi profili di criticità e di contrasto sia con il diritto comunitario che con i principi costituzionali. 

La norma difatti contrasterebbe con il principio di massima diffusione degli impianti FER “Gli Stati membri dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non può essere sviluppata l’energia rinnovabile («zone di esclusione»). (cfr. la Raccomandazione (UE) 2024/1343 della Commissione del 13.5.2024)”.

La disciplina posta dall’art. 5 del D.L. n. 63/2024 si traduce, invece, nell’esatto opposto, ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non fondato su dati concreti e certamente non rispondente all’obietto di massimizzare la disponibilità di spazio per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile.

L’imposizione di un divieto generalizzato appare irragionevole e sproporzionato e contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’art. 41 Cost. nonché con il principio di integrazione delle politiche previsto dall’art. 11 del Trattato sul funzionamento dell’UE.

E ancora, il divieto si porrebbe in conflitto con l’art. 9 Cost. che tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi “anche nell’interesse delle future generazioni”.

Il TAR ha pertanto dichiarato non manifestatamente infondate le questioni di costituzionalità sospendendo il giudizio e trasmettendo gli atti alla Corte Costituzionale per il controllo incidentale.

In conclusione, se da un lato il TAR ha assegnato alle amministrazioni ministeriali un termine di 60 giorni per conformarsi alla decisione e, quindi, apportare le prescritte modifiche al DM sulle Aree Idonee, salvo facoltà di proporre appello dinanzi al Consiglio di Stato, dall’altro bisognerà attendere non meno di 9 mesi affinché la Consulta si pronuncia sull’incidente di costituzionalità del D.M. Agricoltura.

Le sentenze del TAR rappresentano un passo positivo per gli operatori del settore delle energie rinnovabili, poiché porteranno a modifiche delle attuali norme eccessivamente restrittive, favorendo lo sviluppo di progetti di impianti di energia rinnovabile in conformità con le normative europee.

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