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Cash Pooling e Transfer Pricing: sviluppi recenti e tendenze

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​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 29.09.2025 | Tempo di lettura ca. 4 minuti​


Gli accordi di cash pooling sono da anni un tema centrale nell’ambito dei prezzi di trasferimento. Negli ultimi tempi, tuttavia, sono sempre più sotto la lente delle autorità fiscali e diventano oggetto di verifiche fiscali approfondite. In questo contesto, vale la pena analizzare più da vicino gli sviluppi normativi recenti e la giurisprudenza più recente, di grande rilevanza per i gruppi multinazionali. Infatti, con la sentenza n. 998 del 10 gennaio 2024, la Corte di Cassazione era tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza per i gruppi multinazionali: la qualificazione dei contratti di cash pooling ai fini del transfer pricing. La decisione offre spunti interpretativi significativi, in particolare per quanto riguarda lo schema dello “zero balance cash pooling”.

La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta nei confronti di Alfa S.r.l.1​, società italiana interamente controllata dall’irlandese Beta1​. Le due società avevano stipulato nel 1999 un contratto di cash pooling formalmente strutturato come “zero balance system”, che prevedeva il trasferimento giornaliero dei saldi attivi e passivi verso un conto centralizzato.

Tuttavia, l’analisi condotta dalla Guardia di Finanza ha evidenziato che, nel periodo 2000-2005, Alfa S.r.l. ha effettuato esclusivamente trasferimenti di saldi attivi verso la capogruppo, senza mai ricevere fondi in senso inverso. Tale circostanza ha portato a ritenere che i tassi di interesse applicati non riflettessero condizioni di mercato. Inoltre, i flussi non avvenivano con cadenza giornaliera, e la società italiana disponeva comunque di liquidità sufficiente per operare in autonomia.

Sulla base di tali elementi, l’Agenzia delle Entrate ha riqualificato il rapporto come un finanziamento infragruppo a medio-lungo termine, dissimulato sotto forma di cash pooling, e ha proceduto al recupero a tassazione degli interessi attivi presunti, calcolati sulla base del tasso medio “RendiStato”2​, ai sensi dell’art. 110, comma 7, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (“TUIR”).

Alfa S.r.l. ha impugnato l’avviso di accertamento dinanzi alla Corte di giustizia tributaria, ottenendo esito favorevole sia in primo che in secondo grado. Le sentenze di merito avevano infatti evidenziato l’erroneità dell’operato dell’Agenzia delle Entrate, annullando l’atto impositivo. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate ha presentato ricorso presso la Corte di Cassazione.

La Corte di Cassazione ha confermato l’esito favorevole al contribuente già sancito nei due gradi di merito sopra menzionati, ribadendo che la riqualificazione di un contratto in chiave antielusiva richiede la presenza di elementi gravi, precisi e concordanti. In assenza di tali presupposti, non può operare l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

Tuttavia, la Corte ha anche riconosciuto la correttezza logica della riqualificazione operata dall’Amministrazione finanziaria, osservando che il contratto in esame non presentava le caratteristiche tipiche di uno “zero balance cash pooling”. In particolare:
  • i trasferimenti non avvenivano a fine giornata, ma con cadenza più ampia;
  • solo le somme eccedenti venivano trasferite alla capogruppo;
  • la consociata italiana non ha mai fatto ricorso al credito infragruppo;
  • la società italiana manteneva liquidità sufficiente per operare autonomamente.

Secondo la Cassazione, tali elementi configurano un vero e proprio contratto di messa a disposizione della liquidità eccedente, assimilabile a un finanziamento infragruppo.

La sentenza si inserisce nel solco di una giurisprudenza ormai consolidata (Cass. nn. 14730/2009, 7215/2015 14759/2015 e 34457/2018), che impone all’Amministrazione l’onere di dimostrare la non conformità al valore normale delle operazioni infragruppo. Tuttavia, essa arricchisce il quadro interpretativo, sottolineando l’importanza di valutare anche gli aspetti fattuali e operativi dei contratti di cash pooling.

Già nel 2021, la C.T. Reg. Lombardia (sent. n. 1847/2021) aveva escluso la configurabilità di uno “zero balance cash pooling” in presenza di flussi unidirezionali e saldi debitori costantemente crescenti. La Cassazione chiarisce con questa sentenza che indici quali l’unidirezionalità dei flussi, l’assenza di azzeramento giornaliero dei saldi e la mancanza di una gestione effettivamente accentrata della liquidità possono sorreggere la riqualificazione di accordi di cash pooling in finanziamenti infragruppo. Tuttavia, la ripresa a tassazione richiede un’istruttoria puntuale ed adeguata. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha respinto le pretese erariali per carenza di elementi gravi, precisi e concordanti; esito, dunque, favorevole al contribuente.

La sentenza n. 998/2024 offre comunque un importante spunto di riflessione per i gruppi multinazionali: la sola forma contrattuale potrebbe non essere sufficiente a garantire la neutralità fiscale delle operazioni infragruppo. È opportuno che la gestione della tesoreria risulti, anche nei fatti, coerente con principi di reciprocità, simmetria e remunerazione a valore normale, al fine di ridurre il rischio di contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria.


[1] La denominazione sociale riportata è frutto di una modifica redazionale finalizzata alla tutela della riservatezza.​
[2] ​ Il "RendiStato" è un indice di riferimento pubblicato dalla Banca d’Italia, calcolato come media ponderata dei rendimenti effettivi lordi dei titoli di Stato quotati sul mercato secondario. Viene spesso utilizzato come benchmark per valutare il costo del debito pubblico o per indicizzare strumenti finanziari (come mutui o prestiti obbligazionari).

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