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Reati contro la Pubblica Amministrazione: rischio 231 concreto per le società FER

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Ultimo aggiornamento del 01.12.2020 | Tempo di lettura ca. 8 minuti


Lo sviluppo delle energie rinnovabili (FER) rappresenta un’opportunità economica, sociale e ambientale sempre più importante sia per il nostro Paese che per l’intera Europa. 


Come affermato anche dalle Nazioni Unite, “un’economia verde è un’economia capace di generare un miglioramento del benessere e dell’equità sociale, riducendo al contempo i rischi ambientali e promuovendo l’uso efficiente delle risorse ecologiche”.

Tuttavia, le attività finalizzate allo sviluppo e alla realizzazione di impianti FER, possono esporre le società che si occupano di Green Economy a numerosi rischi di natura penale e alle conseguenti responsabilità e sanzioni previste dal D. Lgs. 231/2001. 

Uno dei principali rischi per le società che operano nel settore delle energie rinnovabili è certamente rappresentato dalla possibile commissione di reati contro la Pubblica Amministrazione, in quanto tali società sono innegabilmente legate da un imprescindibile rapporto con le P.A. Infatti, è alle Pubbliche Amministrazioni che le società FER devono rivolgersi per ottenere le autorizzazioni necessarie per la realizzazione e messa in esercizio degli impianti, ed è sempre a Pubbliche Amministrazioni che devono rivolgersi per poter fruire di tariffe incentivanti, finanziamenti o altre erogazioni pubbliche.

Green Economy e criminalità: ipotesi di reato ricorrenti e sanzioni ex D. Lgs. 231/2001

Negli ultimi anni, diverse società, soprattutto operanti nel settore fotovoltaico, sono state protagoniste di note vicende giudiziarie per aver commesso, tramite i propri amministratori o dipendenti, alcune fattispecie di reati contro la Pubblica Amministrazione. Con la conseguenza che il procedimento penale che ne è derivato non ha coinvolto solo le persone fisiche, cioè i soggetti che hanno materialmente posto in essere le condotte criminose, ma anche le società nell’interesse o a vantaggio delle quali i primi hanno agito.

Le ipotesi di reato più frequenti in questo ambito sono:
  • la malversazione a danno dello Stato (ex art. 316-bis c.p.);
  • l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (ex art. 316-ter c.p.);
  • le diverse fattispecie di corruzione e, tipicamente, la corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio (ex art. 319 c.p.);
  • la truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (ex art. 640-bis c.p.).

Sono reati rilevanti anche per le società perché rappresentano alcuni dei c.d. ”reati presupposto” degli illeciti amministrativi di cui agli artt. 24 e 25 del D. Lgs. 231/2001 e, se commessi nell’interesse o a vantaggio della società da soggetti che, al suo interno, rivestono posizioni apicali o subordinate, possono comportare l’applicazione all’ente di rilevanti sanzioni amministrative.

Si tratta, in particolare, di:
  • sanzioni pecuniarie, che nei casi più gravi possono arrivare fino a 1.239.200,00 Euro;
  • sanzioni interdittive che comprendono:

a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi;

  • la confisca del prezzo o del profitto del reato, che può essere eseguita sia in via diretta che per equivalente, potendo così avere ad oggetto denaro, beni o altre utilità di valore eguale al prezzo o al profitto del reato;
  • la pubblicazione della sentenza di condanna, che viene disposta in conseguenza dell’applicazione delle sanzioni interdittive ed espone la società anche ad un ulteriore pregiudizio reputazionale.

Il sistema sanzionatorio previsto dal Decreto 231, inoltre, si caratterizza per fatto che alcune sanzioni possono essere “anticipate” - quali misure cautelari - nel corso del procedimento penale e, quindi, applicate alla società ancor prima che sia accertata una sua effettiva responsabilità, ovvero, prima della condanna.
È il caso sia delle sanzioni interdittive applicabili quali misure cautelari, sia del sequestro preventivo finalizzato alla confisca.

I precedenti giurisprudenziali

Il sequestro preventivo rappresenta una misura cautelare che la magistratura penale ha adottato frequentemente nei confronti delle società del settore fotovoltaico.

Nel 2015, nell’ambito di una vasta indagine per corruzione che vedeva coinvolti, da un lato, alcuni funzionari regionali addetti al rilascio di atti autorizzativi per impianti fotovoltaici e, dall’altro, degli imprenditori del settore fotovoltaico, è stato ordinato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni aziendali del valore di 552,084 di Euro. Secondo l’ipotesi accusatoria gli imprenditori, al fine di ottenere l’Autorizzazione Unica per le loro società, in mancanza dei requisiti necessari e senza il rispetto delle procedure autorizzative all’uopo previste, avevano commissionati i lavori per la realizzazione dell’impianto ad una società facente capo proprio ai funzionari indagati e avevano fatto loro diversi doni, come orologi e altri beni ad un costo superiore a quello di mercato (Cass. Pen., Sez. VI, sent. n. 33226/2015).

Nel 2018, contro una società accusata di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, è stato eseguito il sequestro preventivo per equivalente di tre impianti fotovoltaici e di oltre 7.000.000,00 Euro. Nel caso di specie, le erogazioni erano state conseguite attraverso l’artificiosa creazione di serre fotovoltaiche solo apparentemente dedicate alla coltivazione agricola e alla floricultura (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 34293/2018).

Nei confronti delle società FER non sono mancate neanche le sanzioni. Nel 2015, infatti, la Cassazione Penale ha confermato la condanna di una società FER per i delitti di malversazione a danno dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, al pagamento della sanzione pecuniaria di 120.000,00 Euro, alla sanzione interdittiva dell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi per un anno e sei mesi, alla confisca di tutti i beni aziendali - già precedentemente sottoposti a sequestro - per equivalenza fino all’importo del profitto del reato (di 2-.542.399,00 Euro), nonché alla pubblicazione della sentenza di condanna. 

Secondo la tesi sostenuta dalla Procura della Repubblica e avallata dai giudici, la società aveva ricevuto un contributo in conto impianti di oltre 5.000.000,00 Euro - di cui aveva percepito solo la prima metà - per la realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile da ubicare su un terreno specifico, ma l’amministratore aveva fatto un uso personale, abusivo e distorto di quella somma, sia a vantaggio proprio che della società medesima (Cass. Pen., Sez. II, sent. n. 29512/2015).

Il recente ampliamento del catalogo dei reati presupposto: la frode nelle pubbliche forniture

La rilevanza che i reati contro la Pubblica Amministrazione rivestono per il Legislatore nella criminalità di impresa è stata confermata dal recente ampliamento del catalogo dei reati presupposto previsti dal D. Lgs. 231/2001 per opera del D. Lgs. 75/2000, di recepimento della c.d. Direttiva PIF (Direttiva UE 2017/1371).

Tra le diverse novità introdotte dalla novella normativa, si segnala infatti l’introduzione del reato di frode nelle pubbliche forniture (ex art. 356 c.p.) tra quelli che possono far sorgere la responsabilità degli enti ai sensi del Decreto 231. Tale fattispecie punisce chi commette frode nell’esecuzione di contratti di fornitura conclusi con lo Stato, un ente pubblico o un’impresa esercente servizi di pubblica necessità. Pertanto, potrà riguardare certamente tutte le società FER che partecipano a gare pubbliche o ad affidamenti diretti indetti dalla Pubblica Amministrazione o da concessionari di pubblico servizio per la vendita di energia.

L’importanza dell’adozione dei modelli organizzativi 231 per le società FER

L’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D. Lgs. 231/2001 da parte delle società FER diventa sempre più fondamentale per evitare un loro coinvolgimento in attività illecite. 
E anche se i reati contro la Pubblica Amministrazione non sono gli unici rilevanti per questa categoria di società, sicuramente si dovrà prestare particolare cura nell’implementazione di presidi volti a prevenire la commissione di tali fattispecie delittuose.

Verificabilità, documentabilità, coerenza e congruenza di ogni operazione dovranno essere i cardini sulla cui base costruire il modello organizzativo.

Nella fase di elaborazione del modello, si dovrà inevitabilmente dare concreta applicazione al principio di separazione dei poteri, in modo che nessuna funzione aziendale possa gestire in piena autonomia un intero processo decisionale. 

Da ciò discende anche la necessità che i soggetti abilitati ad interagire con le Pubbliche Amministrazioni siano individuati in modo chiaro, attraverso deleghe formali con le quali vengano conferiti i poteri necessari allo svolgimento delle loro attività. 

Si dovranno, poi, istituire delle procedure volte a garantire la tracciabilità di tutte le fasi di interlocuzione con la Pubblica Amministrazione e l’archiviazione in modo adeguato e sicuro della corrispondenza e, in caso di partecipazione a gare pubbliche, sarà necessario verbalizzare le fasi principali della gara medesima.
Sarà opportuno elaborare procedure anticorruzione che pongano limiti espressi in materia di omaggi verso pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, e procedure per la selezione dei fornitori che si interfacciano con la P.A. per conto della società - come gli agenti o gli sviluppatori - basate su criteri di affidabilità etica e professionalità.

Inoltre, dovranno essere istituiti dei flussi informativi da e verso l’Organismo di Vigilanza e dei canali di Whistleblowing efficienti ed efficaci per consentire l’emersione e la segnalazione di illeciti e violazioni del modello organizzativo e del codice etico.

Una volta approvato il modello organizzativo, sarà necessario diffonderne i contenuti all’interno e all’esterno della società e organizzare un’adeguata formazione per far comprendere al personale aziendale le regole di condotta e le procedure preventive con esso istituite.

Infine, ove le disposizioni del modello organizzativo dovessero essere violate o, nei casi più gravi, fossero commessi i reati presupposto, si dovrà dare attuazione al sistema sanzionatorio previsto all’interno del modello medesimo.
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