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Autonomia funzionale nella cessione di ramo d’azienda: Cass. sent. 17201/2025

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​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 09.09​.2025 | Tempo di lettura ca. 4 minuti


N​el panorama delle operazioni straordinarie d’impresa, la cessione di ramo d’azienda rappresenta una leva strategica per la ristrutturazione e la razionalizzazione delle attività aziendali. Essa consente a una società di trasferire a terzi una parte del proprio complesso aziendale, mantenendo la continuità operativa e, in molti casi, ottimizzando i costi e le risorse.


Tuttavia, affinché tale operazione sia giuridicamente qualificabile come cessione di ramo d’azienda, è necessario che il compendio oggetto di trasferimento sia dotato di una preesistente autonomia funzionale e organizzativa, tale da consentirgli di operare come entità economica indipendente. Ai sensi dell’art. 2112, comma 5, c.c., si definisce infatti ramo d’azienda ogni “articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”.

Questo principio di autonomia funzionale e organizzativa, già consolidato nella giurisprudenza, è stato recentemente ribadito e approfondito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17201 del 26 giugno 2025 (successivamente la “Sentenza”), che offre spunti di riflessione rilevanti oggetto del presente approfondimento.

1. Il caso concreto

La vicenda oggetto della pronuncia riguarda la cessione, da parte di Intesa Sanpaolo Group Services S.c.p.A. (poi incorporata in Intesa Sanpaolo S.p.A.), della Direzione Recupero Crediti a Tersia S.p.A., successivamente divenuta Intrum Italy S.p.A.. 

L’operazione, formalmente qualificata come cessione di ramo d’azienda, è stata oggetto di contestazione da parte dei lavoratori della cessionaria, asserendo la nullità della cessione:​
  • per insussistenza dell'autonomia del ramo ceduto – secondo i ricorrenti il compendio ceduto non era in grado di svolgere autonomamente l’attività di recupero crediti, né di offrire tale servizio sul mercato a una clientela indistinta, mancando di mezzi propri e dipendendo da contratti di service con la cedente – e;
  • per difetto di preesistenza dello stesso ramo rispetto alla cessione. ​


2. L’autonomia funzionale come criterio strutturale e non meramente operativo

Nel merito la Corte analizza principalmente due aspetti di particolare rilevanza: 
  1. l’autonomia funzionale, inteso come criterio strutturale e non meramente operativo e;
  2. la natura “dematerializzata” del ramo d’azienda e i limiti della configurabilità giuridica cercando un punto di incontro tra le posizioni presenti in dottrina. 

Con riferimento al requisito dell’autonomia funzionale, la Corte di Cassazione ha affermato che: “il ramo ceduto deve essere in grado di svolgere attività di impresa indipendentemente dall’eventuale contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato fra cedente e cessionaria”. Pertanto, l’autonomia non può essere costruita artificialmente al momento della cessione, ma deve preesistere all’operazione e risultare intrinseca alla struttura organizzativa del ramo. L'elemento costitutivo dell'autonomia funzionale va quindi letto in reciproca integrazione con il requisito della preesistenza affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza del 6 marzo 2014, C-458/12, secondo cui: “l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento”. In definitiva, il ramo ceduto deve essere in grado di svolgere attività di impresa indipendentemente dall’eventuale contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato fra cedente e cessionaria.

Prima di addentrarci sulla posizione tenuta dalla Cassazione è opportuno ricordare che la dottrina al momento risulta divisa in merito a cosa possa effettivamente essere considerato azienda. In particolare, una parte della dottrina sostiene che i contratti, i crediti e i debiti relativi all’azienda non possano rientrare nel concetto di azienda stessa. Mentre farebbero invece parte dell’azienda i rapporti contrattuali con cui l’imprenditore si procura la disponibilità dei beni aziendali in senso stretto (c.d. contratti aziendali). Un'altra tesi ritiene invece che si abbia conferimento d’azienda se questa è costituita prevalentemente da rapporti giuridici come: contratti di lavoro, contratti con fornitori, clienti o collaboratori (c.d. contratti di impresa). 

La Corte, pur non affrontando direttamente il dibattito dottrinale, si avvicina alla seconda tesi dottrinale riconoscendo in astratto la possibilità che un ramo d’azienda sia dematerializzato, cioè costituito prevalentemente da rapporti giuridici. Tuttavia, ne condiziona la legittimità alla presenza di una autonomia funzionale effettiva, già esistente al momento della cessione. La Corte opera, pertanto, una sintesi tra le due posizioni dottrinali giungendo ad un bilanciamento giuridico delle esigenze di concretezza del criterio strutturale e astrattezza dei rapporti giuridici rilevanti delle società.

Nel caso di specie la Cassazione ha rilevato che il ramo d’azienda oggetto della cessione pur essendo costituito in parte da rapporti giuridici dematerializzati “difettava dell’elemento dell’autonomia organizzativa ed economica finalizzata allo svolgimento di un’attività di produzione di beni e servizi”. In particolare, la Corte ha evidenziato che i contratti di servizi stipulati in sede di cessione relativi ai programmi informatici a supporto dell’attività ceduta costituivano un chiaro indice della dipendenza funzionale del ramo ceduto dalla cedente, escludendo così la possibilità di considerarlo un’entità autonoma.

3. Conclusioni

La pronuncia della Cassazione n. 17201/2025 con cui la Corte afferma che “non può costituire un ramo di azienda un insieme disaggregato di frammenti del processo produttivo privi dell’autonomia necessaria alla produzione di beni e servizi” si inserisce in un filone giurisprudenziale che valorizza la sostanza economico-organizzativa dell’operazione rispetto alla sua forma. Essa impone una riflessione critica sugli asset che compongono il ramo di azienda oggetto di cessione onde evitare che si verifichi una mera esternalizzazione di personale o funzioni prive di reale autonomia supportate con contratti collaterali alla cessione. La cessione di ramo d’azienda deve poggiare su presupposti previsti dalla legge oggettivi e verificabili. L’assenza di tali presupposti può infatti determinare l’inefficacia dell’operazione nei confronti di terzi e la nullità della cessione tra le parti. 

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