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Pignoramento NFT e criptovalute

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Ultimo aggiornamento del 7.06.2022 | Tempo di lettura ca. 5 minuti

Il termine NFT o “non-fungible  token” può essere tradotto letteralmente in “Gettone digitale non riproducibile”. In sostanza, si tratta di prodotti digitali unici (di qualsivoglia natura) che vengono creati su internet e che non sono, appunto, riproducibili o interscambiabili. 

Proprio la loro “non fungibilità” li differenzia dalle criptovalute, come ad esempio dai Bitcoin, che pur essendo prodotti digitali, invece, sono fungibili e, quindi, difettano del requisito dell’unicità.

La non fungibilità degli NFT e quindi la loro unicità è determinata dalla “blockchain”, ossia un registro digitale in cui vengono registrate tutte le transazioni di dati e prodotti digitali, al punto da permetterne e garantirne la tracciabilità e l’immutabilità. Con la blockchain, quindi, si è trovato un modo per evitare che un prodotto digitale venga riprodotto all’infinito in un numero indeterminato ed indeterminabile di copie. 

Questo vuol dire, dunque, che gli NFT, ossia la certificazione di autenticità apposta su di un prodotto digitale, vengono trascritti nella blockchain che ne cristallizza e ne garantisce l’unicità, l’origine e la provenienza. Chi acquista il prodotto digitale certificato da un NFT non acquista l’opera intesa in senso materiale ma diventa possessore del relativo certificato e acquista la facoltà di rivendicare un determinato diritto sul prodotto stesso.

Gli NFT, quindi, così come anche le criptovalute, pur essendo beni astratti ed immateriali, cioè beni che non possiedono una loro fisicità, rientrano comunque nel patrimonio di un soggetto e, quindi, possono formare oggetto di diritti. Ne deriva che, pur con grandi difficoltà, è possibile ricomprendere gli NFT e le criptovalute nell’insieme dei beni pignorabili. Questo principio trova conferma in un decreto pronunciato dalla Corte d’Appello di Brescia il 24 ottobre 2018 (207/2018) con cui i Giudici, sul tema delle criptovalute, hanno concluso che queste sono fonte di garanzia patrimoniale generica. 

Come già anticipato, NFT e criptovalute sono considerati come beni della stessa natura, ossia beni sì patrimoniali ma immateriali, fatta eccezione per il fatto che gli NFT non sono fungibili a differenza delle criptovalute. Per tale ragione, dunque, dottrina e giurisprudenza tendono a trattarli allo stesso modo.  Pertanto, il decreto n. 207, seppur pronunciato dalla Corte d’Appello di Brescia con espresso riferimento alle criptovalute, potrà trovare applicazione anche rispetto agli NFT.

Muovendo dal principio giurisprudenziale che ricomprende NFT e criptovalute nell’ambito delle fonti di garanzia patrimoniale si desume che questi beni, seppur immateriali, potranno comunque essere soggetti a pignoramento sebbene le difficoltà in tal senso siano notevoli.

Infatti, il primo problema che si pone nel momento in cui si parla di una procedura esecutiva avente ad oggetto criptovalute ed NFT riguarda la difficoltà nello scoprire se il debitore sia effettivamente titolare di tali beni ed eventualmente in che misura lo sia.

Le vie per accertare la titolarità dei beni in capo al debitore sono tendenzialmente 3:
  • l’essere a conoscenza, anche per via indiretta, del fatto che il debitore sia titolare di criptovalute e/o NFT;
  • la ricerca telematica dei beni da pignorare ex art. 492-bis c.p.c. che consente di venire a conoscenza di un’attività professionale svolta dal debitore nel settore di riferimento; 
  • l’accesso ai registri detenuti dai soggetti come ad esempio la sezione specializzata dell’OAM (Organismo Agenti e Mediatori), istituita a norma del D.M. emanato del Ministero dell’Economia e delle Finanze lo scorso 13 gennaio 2022, che ha il potere/dovere di supervisionare le transazioni inerenti prodotti digitali svolte legalmente sul territorio italiano per il tramite delle informazioni che devono essergli trasmesse periodicamente dalle piattaforme su cui le transazioni vengono materialmente svolte.

Una volta accertato che le criptovalute e gli NFT sono effettivamente riconducibili al patrimonio del debitore esecutato, occorre a questo punto scoprire quale sia il luogo in cui i beni immateriali vengono conservati; ossia i cd. “crypto-wallet” che contiene le chiavi che consentono al proprietario di effettuare transazioni servendosi di tali beni. 

Conseguentemente, per evitare che il debitore possa disfarsene o possa eludere la garanzia patrimoniale riconosciuta in capo ai propri creditori dall’art. 2740 c.c., è indispensabile che questi beni, una volta individuati e ricondotti nella titolarità del debitore, vengano trasferiti immediatamente dal portafogli di quest’ultimo a quello giudiziale attraverso l’irrogazione di una misura cautelare ad hoc. 

Se così non fosse, infatti, il debitore potrebbe agevolmente ricostruire il proprio conto virtuale sottraendo tali beni dalla garanzia patrimoniale e trasferendoli a terzi spossessandosene. 

Ne deriva, quindi, che solo nel momento in cui sarà stato possibile verificare che il debitore sia titolare di criptovalute e/o NFT e sol una volta accertato il crypto-wallet in cui sono detenute le chiavi che consentono le transazioni sui beni digitali, sarà possibile procedere in via esecutiva. Le forme di esecuzione possibili sono:
  • esecuzione in forma specifica con richiesta al Giudice di disporre la consegna o il rilascio del bene digitale qualora questo corrisponda a quello dovuto dal debitore;
  • esecuzione in forma generica nell’ipotesi in cui il debitore non adempia alla propria obbligazione e, quindi, i suoi beni debbano essere convertiti in denaro allo scopo di sanare il proprio debito;
  • espropriazione presso terzi nell’ipotesi in cui il debitore pur essendo titolare dei beni digitali si avvalga di un terzo soggetto a cui ha conferito mandato per occuparsi del proprio patrimonio digitale.

Nonostante le diverse strade percorribili da parte del creditore procedente, l’espropriazione presso terzi, almeno per il momento, sembrerebbe quella migliore per consentire al creditore il soddisfacimento del proprio diritto. Infatti, il legislatore europeo, insieme anche a quello nazionale, si stanno muovendo per tentare una regolamentazione del mondo della criptovaluta e degli NFT anche nell’ottica di imporre a chi opera con tali strumenti degli obblighi identificativi. Per tale ragione, si stanno sviluppando numerose piattaforme online che consentono agli operatori di gestire agevolmente il proprio portafogli e di effettuare operazioni affidabili, nel rispetto delle regole di trasparenza e con lo scopo di contrastare fenomeni quali frodi e riciclaggio. 

A conferma di ciò, il legislatore europeo ha emanato un Progetto di Regolamento, diretto a “creare un quadro normativo per il mercato delle criptovalute che supporti l’innovazione e sfrutti il potenziale delle crypto, in modo tale da preservare la stabilità finanziaria e proteggere gli investitori” a cui, nei prossimi mesi, farà seguito l’emanazione del Regolamento MiCa. Sul contenuto del Regolamento vale la pena precisare che, anche se verosimilmente non regolamenterà (o almeno non dovrebbe) il mercato degli NFT, consentirà comunque l’applicazione analogica dei principi espressamente previsti per le criptovalute in forza della riconducibilità dei prodotti digitali sotto la stessa categoria di beni.

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Lavinia Lipari

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