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La disciplina del safeguarding e la centralità del responsabile nella tutela degli atleti in ambito FIGC

​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 2.12.2025 | Tempo di lettura ca. 6 minuti

Negli ultimi anni il calcio italiano ha vissuto una trasformazione profonda e silenziosa, che non riguarda i moduli di gioco, le tecnologie in campo o le strategie societarie, ma il cuore stesso dell’esperienza sportiva: la protezione della persona. 

Con l’introduzione delle norme sul Safeguarding, il sistema sportivo italiano ha riconosciuto che l’ambiente in cui gli atleti crescono, si allenano, socializzano e competono non può essere lasciato all’improvvisazione o alla sola sensibilità dei singoli. Deve essere regolato, presidiato e accompagnato da figure competenti. È in questo scenario che emerge la figura centrale del Responsabile Safeguarding, il garante della dignità, della sicurezza e del benessere dei tesserati.

In generale, per Safeguarding si intende l’insieme di principi, pratiche e procedure finalizzati a garantire la protezione dei tesserati da qualsiasi forma di abuso, violenza o discriminazione.

L’obiettivo della disciplina è quello di assicurare un ambiente sportive sicuro e inclusive nel quale ogni individuo possa crescere, formarsi e partecipare alle attività sportive nel rispetto della propria dignità e integrità personale.

L’evoluzione normativa che ha condotto alla formazione della disciplina di Safeguarding parte da lontano e precisamente dalla Costituzione della Repubblica Italiana la quale, all’art. 33, afferma il valore educativo e sociale dell’attività sportive affermando che “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportive in tutte le sue forme”. 

Successivamente, nel 2021, i Decreti Legislativi nn. 36 e 39 del 28 febbraio 2021, hanno riformato e riordinato il sistema degli enti sportivi professionistici e dilettantistici, introducendo una nuova visione del lavoro sportivo e della responsabilità etica delle organizzazioni, introducono l’obbligo di competenze e procedure finalizzate alla tutela dei minori nelle società sportive. 

Questo processo ha poi trovato impulso decisivo nella Delibera CONI n. 255 del 25 luglio 2023 che, introducendo l’obbligo di garantire ambienti sportivi sicuri e protetti con previsione di nuove responsabilità e strumenti di prevenzione per atleti e operatori, ha imposto alle Federazioni Sportive Nazionali, alle Discipline Sportive Associate, agli Enti di Promozione Sportiva e alla Associazioni Benemerite di rendere obbligatoria la nomina, entro il 1° luglio 2024, di un Responsabile contro abusi, violenze e discriminazioni, con lo scopo di prevenire e contrastare ogni tipo di abuso, violenza e discriminazione sui tesserati nonché per garantire la protezione dell'integrità fisica e morale degli sportivi. 

La F.I.G.C. ha recepito e ampliato queste previsioni attraverso le Linee Guida sul Safeguarding (C.U. 87/A del 31 agosto 2023), il Regolamento Safeguarding (C.U. 68/A del 27 agosto 2024) e infine il Regolamento di funzionamento della Commissione Federale Responsabile delle Politiche di Safeguarding (C.U. 160/A del 31 gennaio 2025), costruendo così uno dei sistemi più completi e rigorosi del panorama sportivo nazionale con un insieme di regole e norme emanate per la promozione di iniziative per la tutela dei tesserati e volte a contrastare ogni forma di abuso, violenza e discriminazione.

Nel nuovo impianto regolatorio, il concetto di Safeguarding assume una portata molto più ampia rispetto al passato. Non riguarda soltanto la prevenzione della violenza fisica, ma include l’abuso psicologico, le pressioni indebite, l’utilizzo scorretto dell’autorità tecnica, le molestie sessuali, la discriminazione, la negligenza e il bullismo in tutte le sue forme, comprese quelle digitali. 

È un cambiamento culturale prima ancora che giuridico: per decenni molte di queste dinamiche sono state minimizzate, giustificate o persino considerate parte “normale” della crescita sportiva. Oggi, invece, si riconosce che la protezione della persona non è accessoria all’attività sportiva, ma ne rappresenta la precondizione.

In questo contesto, la figura del Responsabile Safeguarding diventa l’elemento più innovativo e decisivo. Non è un ruolo tecnico né un incarico meramente amministrativo ma è un presidio di garanzia che vive all’intersezione tra regolamento, etica sportiva e relazioni umane. E’ un ruolo cardine nella prevenzione di situazioni rischiose che promuove una cultura della sicurezza, del rispetto e del benessere di tutte le persone che vivono nel contesto del sodalizio sportive.

La sua missione è duplice: da un lato proteggere concretamente i tesserati da comportamenti abusivi e, dall’altro, contribuire alla costruzione di una cultura della tutela dentro le società sportive.

In particolare, la normativa F.I.G.C. attribuisce al Responsabile una serie di compiti delicati e complessi tra cui:
  • vigilare sull’applicazione del Modello Organizzativo di Safeguarding;
  • verificare che il Codice di Condotta sia realmente compreso e rispettato;
  • monitorare il clima interno della società; 
  • stimolare i procedimenti sanzionatori per le violazioni riscontrate;
  • essere destinatario di flussi informative diretti o indiretti;
  • garantire che i canali di segnalazione siano sicuri, accessibili e credibili. 

Le Linee Guida del 2023 e il Regolamento del 2024 richiedono che il Responsabile sia una figura qualificata, autonoma, priva di condanne per reati non colposi, dotata di competenze multidisciplinari che spaziano dal diritto alla psicologia, dall’educazione alla comunicazione sociale. Non serve che provenga dal mondo dello sport, ma deve conoscere e comprendere i meccanismi che regolano gli equilibri tra allenatori, genitori, dirigenti e atleti, soprattutto quando si parla di minori.

Il Responsabile Safeguarding si colloca in una posizione nuova, quasi inedita, che richiede sensibilità e autorevolezza. Non è un ispettore che interviene dall’alto, ma un interlocutore presente e credibile, capace di ascoltare e di interpretare segnali spesso sottili: un ragazzo che smette di sorridere in allenamento, un genitore che esprime un disagio confuso, un allenatore che fatica a gestire la tensione competitiva. La sua forza non risiede nel potere sanzionatorio – che appartiene alla Commissione Federale e agli organi di giustizia – ma nella capacità di prevenire situazioni di rischio prima che degenerino.

Il sistema di segnalazione previsto dalla F.I.G.C., con la sua piattaforma centralizzata, permette al Responsabile di operare in sinergia con la Commissione Federale Safeguarding, che ha il compito di analizzare, valutare e intervenire sulle condotte potenzialmente abusive. 

Il Regolamento del 2024 e quello del 2025 definiscono, d’altra parte, in modo preciso i flussi informativi, i tempi di risposta, i protocolli di audizione e la collaborazione tra società e Federazione con un meccanismo che unisce autonomia, trasparenza e responsabilità condivisa, evitando improvvisazioni e garantendo tracciabilità a ogni passaggio.

Il quadro normativo è completato dall’introduzione dell’articolo 28-bis nel Codice di Giustizia Sportiva F.I.G.C., che tipizza le violazioni in materia di Safeguarding e stabilisce le conseguenze disciplinari per società, dirigenti, tecnici e tesserati. Anche il Responsabile può essere chiamato a rispondere in caso di grave negligenza, proprio a testimoniare quanto il suo ruolo sia considerato strutturale nella protezione degli atleti. Allo stesso tempo, la norma riconosce che la sua responsabilità è distinta da quella degli altri attori: egli non è colpevole di ciò che non vede, ma deve rispondere se non agisce quando ha l’obbligo di farlo.

In conclusione, nessuna norma – per quanto dettagliata – può da sola trasformare l’ambiente sportivo. 
Il Safeguarding diventa efficace soltanto quando mette radici nella cultura del club, nella mentalità degli allenatori, nel comportamento dei genitori e nella fiducia degli atleti. Ed è proprio in questa dimensione culturale che il Responsabile Safeguarding assume la sua rilevanza più profonda. La sua presenza costante, la sua capacità di comunicare, il suo ruolo di ponte tra le esigenze tecniche e la tutela delle persone rappresentano gli strumenti più potenti per far sì che la prevenzione non resti solo una dichiarazione di intenti.

Il calcio italiano potrà compiere un passo decisivo per diventare uno sport che protegge, educa e fa crescere solo se saprà valorizzare la figura del Responsabile Safeguarding, affidandole strumenti adeguati, formazione continua e reale autonomia. Solo allora il Safeguarding, inteso nella sua connotazione di sistema, diventerà non più un adempimento normativo, ma una cultura condivisa. È​​​​​​​​ questo l’obiettivo, non tanto velato, per cui è stata introdotta la nuova normativa.​

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