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Riforma del Decreto 231: le proposte di Assonime e Confindustria

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​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 3.06.2025 | Tempo di lettura ca. 4 minuti​​

La tanto attesa riforma del D. Lgs. 231/2001 sembra essere sempre più vicina. Il gruppo di esperti nominati dal Ministero della Giustizia ha finalmente consegnato al Ministro Nordio una proposta per la revisione della disciplina della responsabilità da reato degli enti, con l’obiettivo di aggiornare una normativa ormai ultraventennale, alla luce dei profondi mutamenti intervenuti sul piano normativo e giurisprudenziale.

In attesa del testo definitivo, passiamo in rassegna i contributi di Assonime e Confindustria che, con due position paper pubblicati il 2 e l’11 aprile 2025 – rispettivamente, “Sulla riforma della disciplina della responsabilità degli enti. Osservazioni e proposte” e “Prospettive di riforma della responsabilità “amministrativa” degli enti (disciplina 231)” – hanno fornito una lettura critica e spunti di miglioramento per una riforma organica del sistema 231. 

Verso un riordino del catalogo dei reati presupposto​

In primo luogo, particolare attenzione è riservata alla ridefinizione dell’ambito di applicazione oggettivo del D. Lgs. 231/2001, attraverso una razionalizzazione del catalogo dei reati presupposto, oggi ritenuto eccessivamente ampio e disomogeneo. Nel corso del tempo, infatti, vi sono confluite fattispecie spesso poco attinenti alla criminalità d’impresa, come se ogni condotta penalmente rilevante per le persone fisiche avesse – automaticamente – un impatto anche per quelle giuridiche.

In tale prospettiva, Confindustria propone un intervento selettivo volto ad escludere le fattispecie evidentemente disallineate con le finalità della normativa, così da dare certezza giuridica alle imprese e rendere più efficaci e mirati i presìdi di prevenzione dalle stesse adottati.

Una disciplina più proporzionata per le piccole imprese e più puntuale per i gruppi societari​

Anche sul piano soggettivo, sia Confindustria sia Assonime sollecitano un aggiornamento della normativa che tenga conto dell’effettiva morfologia del tessuto imprenditoriale italiano, dominato da micro e piccole imprese e, parallelamente, da una crescente diffusione di gruppi societari.

Per le realtà di minori dimensioni, infatti, l’applicazione del D. Lgs. 231/2001 risulta spesso sproporzionata. Si tratta di strutture con una governance semplificata, un numero contenuto di dipendenti e risorse limitate, per le quali l’adozione di un modello organizzativo appare spesso onerosa e poco funzionale, considerando la difficoltà di: individuare punti di controllo adeguati, garantire la separazione delle funzioni e delle responsabilità, creare un sistema di controllo strutturato che consenta di dimostrare l’effettiva dissociazione tra la volontà dell’autore del reato presupposto e la volontà dell’ente.

Assonime propone, dunque, l’introduzione di un principio di proporzionalità degli adempimenti per la prevenzione del rischio reato rispetto alle dimensioni aziendali, con la possibilità di adottare modelli organizzativi semplificati nelle realtà più piccole. Confindustria, più radicalmente, suggerisce di escludere le microimprese dal perimetro applicativo della disciplina, lasciando loro la possibilità di adottare volontariamente protocolli preventivi analoghi a quelli del modello organizzativo, specialmente per rispondere alle esigenze di compliance di gruppi societari o filiere produttive di cui dovessero fare parte.

Quanto ai gruppi societari, si avverte l’esigenza di un intervento normativo che definisca espressamente il coordinamento tra le misure di compliance di gruppo e i modelli organizzativi delle filiali, chiarendo altresì i presupposti per la risalita della responsabilità 231 verso la capogruppo in caso di reato commesso nell’ambito di una controllata, anche estera.

Il modello organizzativo tra responsabilità, prevenzione e premialità​

Per restituire al D. Lgs. 231/2001 la sua originaria funzione di strumento di prevenzione della criminalità di impresa, la riforma dovrebbe valorizzare i comportamenti virtuosi degli enti, sia prima che dopo la commissione del reato. L’attuale assenza di disposizioni normative sui contenuti del modello organizzativo ne ha reso incerta l’efficacia esimente, oggi rimessa alla valutazione discrezionale e caso per caso della giurisprudenza, in mancanza di precisi parametri di riferimento.
In tale ottica, Confindustria propone di definire normativamente i contenuti essenziali del modello organizzativo – dal risk assessment alla gap analysis – in linea con la prassi evolutasi nel tempo, rafforzando anche il ruolo dei Codici di comportamento delle associazioni di categoria quali parametri di riferimento sia per gli enti che per i giudici.

Assonime e Confindustria sottolineano, inoltre, la necessità di valorizzare il complessivo assetto di corporate compliance degli enti al fine del riconoscimento dell’esonero dalla responsabilità, coordinando il modello organizzativo con i sistemi di controllo interno adottati in conformità ad altre leggi di settore (in materia di data protection, antitrust, salute e sicurezza sul lavoro, ESG, ecc.) o soft law (norme ISO, rating di legalità, ecc.), in un’ottica di compliance integrata.

Infine, si propone di incentivare condotte post factum attraverso meccanismi di giustizia negoziata – ispirati ai deferred prosecution agreements – nonché l’uso dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, favorendo un equilibrio tra la necessità di riorganizzazione dell’ente e quella di prosecuzione della sua attività.

Maggiore equilibrio tra garanzie processuali e sanzioni​

Confindustria e Assonime suggeriscono, infine, alcuni correttivi sul piano processuale e sanzionatorio: dal superamento della distinzione tra reato degli apicali e reato dei sottoposti e l’abrogazione del requisito dell’elusione fraudolenta del modello organizzativo come condizione esimente, all’introduzione della valutazione di parametri soggettivi oltre al periculum in mora, in sede di applicazione – anche cautelare – delle sanzioni; dall’allineamento del regime di prescrizione previsto per gli enti con quello delle persone fisiche all’applicazione agli enti delle cause di non punibilità per estinzione del debito tributario ex D. Lgs. 173/2024 e per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p., già previste per le persone fisiche.

Tra attese e prospettive​

La riforma del D. Lgs. 231/2001 si profila come un’occasione cruciale per aggiornare la disciplina della responsabilità degli enti, rendendola più coerente con l’evoluzione normativa e giurisprudenziale e più aderente alle esigenze del tessuto imprenditoriale. 

L’auspicio è quello di un sistema più snello, efficace e in grado di promuovere una cultura della compliance realmente orientata alla prevenzione, grazie all’implementazione di modelli organizzativi coerenti ed efficaci.

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