Utilizziamo cookie tecnici per personalizzare il sito web e offrire all’utente un servizio di maggior valore. Chiudendo il banner e continuando con la navigazione verranno installati nel Suo dispositivo i cookie tecnici necessari ai fini della navigazione nel Sito. L’installazione dei cookie tecnici non richiede alcun consenso da parte Sua. Ulteriori informazioni sono contenute nella nostra Cookie Policy.



Gli elementi immateriali del franchising in Francia

PrintMailRate-it

Ultimo aggiornamento del 24.01.2024 | Tempo di lettura ca. 11 minuti



Quando si crea una rete di franchising, è necessario che una serie di fattori convergano per dare vita e per proteggere un "progetto" commerciale. Al centro di questi fattori, talvolta trascurati dai franchisor che non sono specialisti del settore, ci sono il marchio e il know-how.

Un marchio mal concepito o mal gestito ma anche un know-how mal definito, mal protetto o mal comunicato possono produrre conseguenze fatali per la solidità dell’intera rete.

Il marchio

Il marchio non è solo il nome inizialmente scelto dal franchisor per denominare la sua rete e i suoi prodotti.
Si tratta soprattutto di un titolo di proprietà e quindi di un asset strategico per il franchising, la cui tutela e il cui valore devono essere trattati con il massimo rigore.

Molti imprenditori non specializzati in questo campo trascurano le fasi salienti di tale operazione:
  1. La difficile scelta di un nome inedito, originale ed incisivo, che si distingua dai marchi e dagli altri segni distintivi preesistenti (e che quindi sia stato sottoposto a seri controlli preventivi, per evitare contestazioni da parte di terzi, titolari di diritti anteriori);
  2. La strategia territoriale: quando il nome è destinato ad essere diffuso anche all'estero, subito o nel medio termine, la scelta è più complicata e i diritti anteriori potenzialmente problematici saranno evidentemente più numerosi;
  3. Registrazione singola o con varianti multiple, a seconda della forza che desideriate attribuire al vostro marchio e degli obiettivi che la rete intende perseguire;
  4. La gestione duratura: assicurarsi i rinnovi decennali, affrontare le segnalazioni che dovessero essere sollevate dagli uffici o da terzi, sfruttare il proprio marchio e, se necessario, presentare nuove domande e così via;
  5. Lo sfruttamento reale del marchio: un marchio deve essere sfruttato, soprattutto quando rappresenta lo strumento chiave di un franchising. Oltre al titolare, gli accordi firmati con i franchisee devono specificare i loro obblighi a questo proposito, al fine di dare risalto al marchio e di sostenere lo sviluppo della rete. Lo stesso vale per la pubblicità sulla rete, fondata sull'originalità e sulla novità di un marchio e dei suoi prodotti e che contribuisca gradualmente - si spera - alla reputazione del marchio e alla solidità del franchising;
  6. La difesa attiva del marchio: si tratta di istituire una vigilanza legale per essere allertati e reagire nel caso in cui dovessero comparire dei segni distintivi concorrenti, identici o simili; si tratta anche di avere una politica attiva di lotta contro le violazioni del marchio (diffide, opposizioni, azioni di contraffazione o di nullità; strategie di occupazione del terreno, ecc.);
  7. La valorizzazione del marchio: soprattutto nel franchising, poiché questo asset è un elemento unitario essenziale della rete. Questa valutazione, nelle varie fasi di durata della rete, viene talvolta trascurata a causa della natura intangibile del marchio, anche se si tratta di un asset importante;
  8. La rappresentazione del marchio come una delle componenti immateriali della rete, insieme in particolare al know-how. Si tratta di una strategia globale per la gestione e la protezione del progetto, che si differenzia da una semplice licenza di marchio. La giurisprudenza regolarmente riqualifica un contratto di licenza come un contratto di franchising e viceversa1.

Per qualificare e consolidare questo quadro generale, gli atti costitutivi della rete, e in particolare il contratto di franchising, devono stabilire le regole di protezione e di sfruttamento del marchio e del know-how.

Il know-how

Essendo il più immateriale degli intangibili, il know-how non è un diritto di "proprietà intellettuale", ma un mero "possesso di informazioni", protetto essenzialmente dalla segretezza che i suoi detentori gli costruiscono intorno.

Non si tratta ovviamente di una caratteristica esclusiva del franchising, ma in questo contesto è particolarmente importante perché, pur essendo unico e segreto, è condiviso all'interno della rete e la distingue da una semplice partnership di marca. Il suo monitoraggio e la sua protezione sono quindi componenti fondamentali per la caratterizzazione e la redditività della rete.

Una definizione ampia

In pratica, si tratta di metodi commerciali2 o tecniche riservate di un’impresa che, avendo contribuito al proprio successo, vengono trasmesse alla sua rete di franchisee in cambio di una remunerazione, in particolare attraverso l'assistenza commerciale e tecnica dovuta a questi ultimi.

La giurisprudenza e le normative europee hanno dato una definizione abbastanza convergente del know-how: "un insieme finalizzato di conoscenze pratiche trasferibili, non immediatamente accessibili, non brevettate, derivanti dall'esperienza del franchisor, da lui testate e che conferiscono a chi le padroneggia un vantaggio competitivo"3

Oltre alle definizioni giurisprudenziali ed empiriche del know-how, esso fa parte oggi delle componenti del "segreto commerciale", nozione più ampia e di carattere più economico che tecnico, regolata a livello europeo, ma i cui tre criteri sono simili a quelli del know-how. Così, la legge francese n. 2018-670 del 30 luglio 2018, che recepisce la Direttiva n. 2016/943 sul segreto commerciale, lo definisce come qualsiasi informazione:
  1. che non è, per sé o nell'esatta configurazione e assemblaggio dei suoi elementi, generalmente nota o facilmente accessibile alle persone che hanno familiarità con questo tipo di informazioni a causa del loro settore di attività (più convenzionalmente definita informazione "segreta"); 
  2. che abbia un valore commerciale effettivo o potenziale in virtù della sua segretezza; 
  3. che sia oggetto di misure di protezione ragionevoli da parte del suo legittimo titolare, tenuto conto delle circostanze, al fine di mantenerne la segretezza".

Regole di protezione rigorose e talvolta trascurate

Sebbene sia un elemento chiave per la validità e l'applicabilità della rete di franchising, il know-how viene talvolta trascurato dai franchisor, o anche dai franchisee che non ne sono pienamente coscienti.

Da parte del franchisor, raramente viene identificato con il necessario rigore, cioè formulato, descritto e documentato in modo esaustivo e concreto. Questa difficoltà si riscontra anche in sede di contenzioso e durante le trattative contrattuali, quando è necessario stabilire l'esistenza, la portata e la comunicazione del presunto know-how. Troppo spesso viene confuso con la mera esistenza del marchio, che non è sufficiente.

Da parte del franchisor ancora, il trasferimento effettivo del know-how ai franchisee è un obbligo fondamentale che deve essere messo in pratica all'interno della rete. 

Trattandosi di un obbligo di risultato, la mancata o incompleta comunicazione può ovviamente generare controversie tra le due parti e minacciare la validità del contratto di franchising. In particolare, il franchisor deve predisporre e conservare una prova dettagliata di questa comunicazione.

Questo obbligo non è una tantum, ossia solo quando un franchisee entra a far parte della rete, ma è continuo, e si esplica attraverso l’obbligo parallelo di fornire una formazione continua. In particolare, il franchisor è libero di modificare il suo know-how (insieme anche al marchio), a condizione che ciò non provochi una turbativa della rete; infatti i franchisee sono spesso restii all’idea di cambiare un metodo già in uso o di modificare un marchio che ha contribuito al successo di un franchising. In questo caso, il franchisor non deve solo preoccuparsi della motivazione oggettiva di tale scelta, ma deve anche anticipare e organizzare il passaggio verso una nuova versione del suo know-how, sia attraverso l'informazione e la formazione interna, sia attraverso un'adeguata comunicazione pubblica, con l'obiettivo di non minacciare i fondamenti e la solidità del franchising.

Sia da parte del franchisor che del franchisee, la segretezza non viene sempre tenuta in considerazione con sufficiente serietà o organizzata in modo adeguato. 

Da un lato, non è sufficiente chiamare "know-how" una informazione per farla entrare nei criteri di definizione del concetto. Molte delle informazioni così descritte sono in realtà già illustrate in varie fonti pubbliche, o sono così ovvie che i franchisee potrebbero scoprirle da soli senza grandi sforzi. Di conseguenza, tale know-how sarebbe vulnerabile in un tribunale e, di conseguenza, anche nella rete.

D'altra parte, sia i franchisor che i franchisee non sempre adottano le misure di protezione necessarie per garantire la continuità del loro progetto. Tuttavia, le conseguenze della fuga di know-how possono essere gravi, poiché una volta diventato pubblico, questo non può più essere "recuperato" e l'affiliante può solo chiedere un risarcimento finanziario, che non è la sua priorità. Il titolare deve organizzare realmente questa protezione, sia internamente che nei confronti degli affiliati. Il titolare deve effettivamente garantire questa protezione, sia internamente che nei confronti dei franchisee. Ciò significa non solo adottare forti misure tecniche e organizzative, ma anche specificare adeguatamente questi obblighi nel contratto, compreso il diritto ad effettuare verifiche periodiche. In particolare, la sensibilizzazione dei dipendenti e dei dirigenti è un fattore chiave per garantire che il know-how rimanga segreto.

Infine, il know-how deve avere un valore sostanziale sul mercato di riferimento. Il know-how deve comprendere un insieme di elementi che costituiscono un reale vantaggio competitivo per il franchisor e i franchisee rispetto alle informazioni disponibili ai concorrenti nel settore di attività in questione.

Questo è spesso l'elemento più difficile da stabilire, e quindi da dimostrare, anche se la sua individuazione può basarsi su un insieme di indicatori deboli ma convergenti, come l'effettiva sperimentazione da parte del franchisor4 o il successo della rete, e in generale la prova del nesso causale tra il know-how e i risultati del franchising.

Il proprietario deve quindi (i) identificare e gestire il proprio know-how, (ii) proteggerlo con misure adeguate, (iii) comunicarlo a franchisee con requisiti di protezione rigorosi e controllati e soprattutto (iv) garantire che venga applicato e rispettato all'interno della rete.

Rispetto del know-how da parte del franchisor

Come indicato, questo rispetto deve innanzitutto essere previsto in modo preciso nelle disposizioni del contratto, imponendo al franchisor forti obblighi al riguardo e naturalmente, in primo luogo, un obbligo di riservatezza dettagliato e monitorato.

La violazione di questa riservatezza comporta per il franchisee non solo la risoluzione immediata del contratto, ma anche la condanna a risarcire il franchisor per il danno causato. Questo danno è spesso considerevole, dato che è generalmente impossibile rimediare alla divulgazione di informazioni segrete, considerando anche che la segretezza è un elemento fondamentale del franchising5.

Un altro possibile danno consiste nella mancata implementazione del know-how da parte del franchisee, nel qual caso quest’ultimo è da ritenersi responsabile e rischia la risoluzione del contratto. Tuttavia, il franchisor deve fornire la prova di questo danno, basandosi in particolare sulla documentazione del know-how e sulle pratiche effettive utilizzate dal resto della rete. A tal fine, è essenziale che il contratto preveda delle verifiche periodiche, nonché l'obbligo da parte del franchisee di fornire informazioni rigorose, ad esempio su eventuali reclami dei clienti o incidenti relativi all'applicazione di un metodo.

Sfidare il know-how

I franchisee in lite con il loro franchisor sono talvolta portati a mettere in discussione l'esistenza stessa del know-how associato al franchising (in particolare la banalità delle informazioni presumibilmente esclusive e segrete), o l'efficacia della sua comunicazione. Poiché l'onere della prova grava su di loro, questi devono innanzitutto dimostrare che le loro affermazioni siano fondate.

A fronte di elementi di prova indiziari, spetta al franchisor provare l'esistenza e/o l’effettiva trasmissione di questo know-how. In primo luogo, dimostrando l'esistenza di una documentazione protetta, una guida, un manuale o uno strumento digitale adeguatamente protetto che definisca il contenuto di queste conoscenze6. Anche il decorso di un considerevole lasso di tempo può fornire delle prove in tal senso: un franchisee che contesta abusivamente il know-how dopo 20 anni senza che prima vi fosse stata la minima contestazione; la lunga appartenenza del franchisor alla Federazione Francese del Franchising, e quindi al suo codice etico; la redditività complessiva della rete per diversi anni e così via.

In caso contrario, l'effettiva assenza di un know-how o la carenza di una continua comunicazione ai franchisee può portare alla nullità del contratto di franchising, o addirittura alla scomparsa della rete7, con l'obbligo di restituire le somme versate dal franchisee in base al contratto di franchising. Tuttavia, i tribunali rimangono molto cauti a questo proposito, soprattutto se la contestazione appare estremamente tardiva8. In alcuni casi, infatti, il contratto viene riqualificato come contratto di servizi, escludendo così l'obbligo di restituzione finanziaria. 

Inoltre, se il franchisor non è riuscito a mantenere segreto il proprio know-how per tutta la durata del franchising, oltre il recesso del contratto, rischia anche di essere condannato a risarcire il franchisee per qualsiasi perdita subita di conseguenza.

In conclusione, se il franchisor vuole garantire la validità della sua rete di franchising, deve seguire una condotta rigorosa per assicurare la protezione degli elementi immateriali del suo progetto, ed in particolare del know-how, componente essenziale di questo quadro giuridico tanto vantaggioso quanto fragile:
  • Una vera e propria strategia di registrazione, gestione e diffusione del marchio;
  • Implementazione di forti misure di protezione legali, tecniche e organizzative;
  • Inclusione di clausole chiare ed efficaci nel contratto di franchising;
  • Comunicazione efficiente e completa del know-how ai franchisee, compresa una continua formazione e sensibilizzazione su questi temi;
  • Conservazione delle prove relative alle varie fasi di identificazione, protezione, comunicazione e utilizzo del marchio e del know-how;
  • Organizzazione di controlli, audit e scambi regolari con i franchisee, per garantire il rispetto e l'effettivo uso del marchio e del know-how.

Purtroppo, queste best practices non sono sempre conosciute o attuate, il che mina la qualità e il successo della rete. Il nostro articolo spera, quindi, di contribuire a ricordare alle parti interessate questi principi fondamentali.



[1] Corte d'appello di Grenoble, 3 marzo 2022, n. 19/02810: JurisData n. 2022-006276 
[2] CGUE, 28 gennaio 1986, causa 161/84, Pronuptia
[3] CA Parigi, 31 maggio 2017, n. 15/13702, già citata - Si veda anche Cass. com. 8 giugno 2017, n. 15-22.318; e anche l'articolo 1(j) del Regolamento di esenzione 2022/720 del 10 maggio 2022
[4] Corte d'appello di Parigi, 9 gennaio 2019, n. 16/21425
[5] Corte d'appello di Nancy, 14 ottobre 2020, n. 19/01736 
[6] Corte d'appello di Parigi, Pôle 5, sezione 4, 22 maggio 2019 - n. 17/05279
[7] Corte d'Appello di Chambéry, 1a Sezione, 3 ottobre 2023, n. 21/00142  
[8] Si veda la nota 4
Skip Ribbon Commands
Skip to main content
Deutschland Weltweit Search Menu