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Il percorso e la timeline del reporting di sostenibilità

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Ultimo aggiornamento del 19.01.2024 | Tempo di lettura ca. 4 minuti


Sono molte le aziende parte di gruppi internazionali che si interrogano su quali siano i loro obblighi in materia di rendicontazione di sostenibilità. È importante comprendere che, anche laddove formalmente esentate, le imprese figlie hanno tuttavia esigenza di attuare tutti i processi utili ai fini della rendicontazione, come di seguito meglio spiegato.

Per praticità alleghiamo e riportiamo di seguito la timeline relativa alla progressiva entrata in vigore degli obblighi di rendicontazione e, subito sotto, le disposizioni della CSRD che si riferiscono ai gruppi d’imprese.

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N.B.: si parla di aziende europee, per i paesi terzi il riferimento è al criterio dell’equivalenza della rendicontazione.


Quando scattano gli obblighi di rendicontazione per le imprese?

  • Rendicontazione nel 2025 sull’esercizio finanziario 2024 per le società già soggette alla NFRD1;
  • Rendicontazione nel 2026 sull’esercizio finanziario 2025 per le grandi aziende che non sono attualmente soggette alla NFRD; per grandi aziende parliamo di superamento di 2/3 dei seguenti parametri 250 dipendenti, 50 milioni Euro di fatturato, 25 di totale attivo;
  • Nel 2027, a partire dall’esercizio finanziario 2026, per le PMI quotate (escluse le microimprese), gli istituti di credito di piccole dimensioni e non complessi e le imprese di assicurazione captive;
  • A partire dall’esercizio finanziario 2028 (2029) per le imprese di Paesi terzi con un fatturato netto superiore a 150 milioni nell’UE, se hanno almeno una controllata o una filiale nell’UE che supera determinate soglie.
L'articolo 19 bis, paragrafo 3, e l'articolo 29 bis, paragrafo 3, della direttiva 2013/34/UE esentano tutte le imprese figlie dall'obbligo di comunicare informazioni di carattere non finanziario se tali imprese e le loro imprese figlie sono incluse nella relazione sulla gestione consolidata dell'impresa madre, a condizione che tale relazione contenga informazioni di carattere non finanziario comunicate a norma di tale direttiva. 

È tuttavia necessario far sì che le informazioni sulla sostenibilità siano facilmente accessibili da parte degli utenti e garantire che sia chiaro quale è l'impresa madre dell'impresa figlia esentata che comunica le informazioni a livello di gruppo. 

Cosa è necessario fare per le imprese figlie 

È pertanto necessario imporre a tali imprese figlie di includere nella loro relazione sulla gestione il nome e la sede legale dell'impresa madre che comunica informazioni sulla sostenibilità a livello di gruppo, i link alla relazione sulla gestione consolidata della loro impresa madre e un riferimento, nella loro relazione sulla gestione, al fatto che sono esentate dalla rendicontazione di sostenibilità. Gli Stati membri dovrebbero poter esigere che l'impresa madre pubblichi la relazione sulla gestione consolidata nelle lingue accettate e che l'impresa madre fornisca la traduzione necessaria in tali lingue. Tale esenzione dovrebbe applicarsi anche qualora l'impresa madre che comunica le informazioni a livello di gruppo sia un'impresa di un paese terzo che comunica informazioni sulla sostenibilità in osservanza di principi di rendicontazione di sostenibilità equivalenti.

Pertanto, per quanto riguarda nello specifico le imprese figlie facenti parti di un gruppo d’imprese con capogruppo all’interno dell’UE che redige un report di sostenibilità in conformità alla CSRD, l’impresa figlia che entra nel perimetro di consolidamento, entro determinati limiti, può limitarsi a richiamare il bilancio consolidato della ‘madre’ all’interno del quale è incluso il suo report di sostenibilità. Il report di sostenibilità deve in ogni caso includere la catena del valore, in primis, per i gruppi, le controllate e consociate. 

Tuttavia, per consentire alla ‘madre’ il consolidamento, la figlia deve ovviamente fornire i relativi dati e informazioni. In pratica, deve conseguentemente mettere in atto tutto il processo (analisi di materialità, identificazione e misurazione dei KPI, etc.) per poter raccogliere i dati necessari da fornire alla ‘madre’ e poi, nella sua propria relazione sulla gestione, richiamare il report della ‘madre’ ma entro certi limiti.

È altresì molto importante sottolineare che la ‘figlia’ non può limitarsi a compilare le check-list predisposte da casa-madre, sulla base del solo assesment e analisi di materialità svolta a livello di gruppo. 

Non si tratta di un mero adempimento formale obbligatorio che, peraltro, si tradurrebbe in un processo molto dispendioso se non correttamente proceduralizzato e gestito ex ante. La società figlia deve, invece, interiorizzare e gestire sistematicamente il processo che conduce alla generazione e, quindi, alla raccolta dei dati, adattandolo alla propria realtà che presenta delle differenze anche territoriali e di catena stessa del valore. Questo perché i principi di rendicontazione sono europei, ma molte normative sono locali e la società resta responsabile dell’accuratezza dei dati e delle proprie performance ESG.

In definitiva, a prescindere dalla progressiva entrata in vigore dell’obbligo di rendicontazione, è sin da subito coinvolta la maggior parte delle imprese, o su istanza della propria casa-madre, o delle banche (che sono tenute a valutare il profilo ESG ai fini della concessione di finanziamenti), o ancora, ai fini della partecipazione a bandi di gara. Infine, ma non da ultimo, è il mercato stesso a spingere per la rendicontazione, sia nel B2B per poter entrare o restare nella filiera come fornitore, sia nel B2C in considerazione della grande influenza del profilo ESG sulle scelte dei consumatori.

È questo il momento di strutturarsi e intraprendere le azioni necessarie. 


[1] Direttiva 2014/95/EU, recepita in Italia con il decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254, entrato in vigore il 25 gennaio 2017 e le cui disposizioni si applicano a partire dal 1° gennaio 2017.

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