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Le novità introdotte dalla conversione in legge del decreto cura italia

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Ultimo aggiornamento del 06.05.2020 | Tempo di lettura ca. 7 minuti

In data 29 aprile 2020 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 24 aprile 2020, n. 27 avente ad oggetto la conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, meglio conosciuto come Decreto “Cura Italia”.


In ambito giuslavoristico, la menzionata legge di conversione ha introdotto una serie di modifiche alle disposizioni previste con il Decreto Cura Italia, che ha previsto una serie di strumenti a sostegno dei datori di lavoro e lavoratori, a seguito dei vari provvedimenti emergenziali adottati dal Governo italiano per contrastare il diffondersi dell'epidemia del Covid-19.

In materia di ammortizzatori sociali la legge di conversione ha introdotto una rilevante semplificazione: è stato, infatti, eliminato l’obbligo di informazione e consultazione sindacale e dello svolgimento dell’esame congiunto, anche in via telematica entro tre giorni, per la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) e l’assegno ordinario del Fondo di Integrazione Salariale (FIS) previsti con causale CoViD-19. Pertanto, secondo la nuova previsione, la CIGO e l'assegno ordinario introdotti dal Decreto Cura Italia, oltre a subire una deroga rispetto alle normali regole procedurali, nonché ai limiti di durata previsti dal D. lgs n. 148/2015, non necessitano più di alcun confronto con le organizzazioni sindacali. Tale passaggio aveva fatto molto discutere dopo la pubblicazione del Decreto Cura Italia, perché interpretato come un ostacolo all’accesso alle misure di cui sopra. La legge di conversione ha, così, eliminato la previsione in questione, intervenendo tuttavia quando la maggioranza dei datori di lavoro hanno già svolto la procedura sindacale.

Una ulteriore modifica di rilevante significato è stata prevista all'articolo 22, ove in riferimento alla Cassa Integrazione Guadagni in Deroga (CID) viene precisato che non è necessario alcun preventivo accordo sindacale per i datori di lavoro (i) che occupano fino a 5 dipendenti o (ii) che, indipendentemente dal livello occupazionale, hanno dovuto chiudere la propria attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all'emergenza epidemiologica da CoViD-19. Tale previsione amplia, dunque, la platea di datori di lavoro che possono direttamente presentare alle Regioni la domanda di accesso alla CID, senza aver prima svolto la procedura sindacale.

Inoltre, la legge di conversione in oggetto ha integrato nel testo del Decreto Cura Italia alcune disposizioni di cui al precedente D.L. n. 9/2020. Queste riguardano, in particolare, gli ammortizzatori sociali previsti a favore dei datori di lavoro che hanno sede legale o unità produttiva od operativa nei  comuni  delle ex-zone rosse, o con lavoratori residenti  o  domiciliati  nei predetti  comuni e la CID per datori di lavoro con unità produttiva od  operativa  nelle Regioni Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto.  

In relazione agli ammortizzatori sociali, di rilievo è anche la disposizione di cui al nuovo articolo 19-bis, ai sensi della quale i datori di lavoro, che usufruiscono degli ammortizzatori sociali previsti nello stesso decreto, hanno la possibilità di rinnovare o prorogare i contratti a termine e i contratti di somministrazione a tempo determinato, in deroga pertanto agli articoli 20 e 32 del D. Lgs. 15 giugno 2015, n.81, che dispongono il divieto di instaurare e/o prorogare rapporti di lavoro (o di somministrazione) a termine, presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell'orario in regime di cassa integrazione guadagni, qualora tali rapporti interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni di quelli sospesi. Sempre al fine di garantire una certa flessibilità ai datori di lavoro, la legge di conversione ha derogato anche all'articolo 21 comma 2 del D. Lgs. n.81/2015, il quale prevede il rispetto di un arco temporale determinato (cd. periodo di stop&go) tra la data di scadenza del primo contratto a tempo determinato ed il secondo contratto sempre a tempo determinato, da stipulare con il medesimo lavoratore.

Ulteriore modifica introdotta dalla Legge di Conversione, riguarda la disposizione dell’art. 46 che prevede a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto (17 marzo 2020) la preclusione per 60 giorni dell’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e nello stesso periodo la sospensione delle procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020. Sino alla scadenza del termine di cui sopra, sono inoltre preclusi i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art.3 L.604/1966.

In relazione a tale articolo, la legge di conversione specifica che il divieto in questione non si applica, qualora il personale interessato dal licenziamento sia impiegato nell'ambito di un contratto di appalto e venga riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di una previsione di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o del contratto d'appalto stesso.

Con riguardo all’articolo menzionato non è, invece, stato introdotto alcun chiarimento in merito alle incertezze sorte con riguardo ad alcune tipologie di licenziamento, che sembrerebbero poter essere escluse dall’ambito di applicazione della norma in questione, a titolo esemplificativo: il licenziamento dei dirigenti e quello per superamento del periodo di comporto. 

In conclusione, la legge di conversione Decreto Cura Italia ha chiarito alcuni dei principali dubbi espressi a seguito della pubblicazione dello stesso, lasciando tuttavia alcune questioni aperte, che speriamo possano essere chiarite con le successive misure annunciate dal Governo. 

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Sara Rossi

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