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Abrogate le addizionali provinciali sulle accise sull'energia elettrica: è ancora possibile chiedere il rimborso

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​Nel 2011 la Commissione Europea ha ravvisato un’incompatibilità tra la norma europea e quella italiana in merito all’applicazione delle addizionali provinciali sulle accise sull’energia elettrica (pari a: da 9,3 a 11,4 €/MWh per consumi sino a 200.000 kWh/mese, per un importo massimo annuo di circa € 25.000,00 per ciascun contatore). 

L’Italia ha pertanto abolito con decorrenza 1/1/2012 dette addizionali provinciali.

A seguito dell’azione promossa ai fini del recupero di quanto indebitamente versato, recentemente la Corte di Cassazione (con sentenze n. 27099/2019 e n. 27101/2019 del 23/10/2019), ha dichiarato l’inapplicabilità delle norme istitutive dell’addizionale provinciale sull’accisa sull’energia elettrica (come detto abrogata nel 2012) in quanto incompatibili con la normativa comunitaria (Direttiva 2008/118/CE), confermando il diritto di richiedere il rimborso di quanto indebitamente versato. Di conseguenza, ogni Società che abbia pagato le suddette addizionali (generalmente riaddebitate dal fornitore in bolletta) negli anni 2010/2011, può chiederne il rimborso alla società fornitrice di energia per la restituzione delle somme indebitamente versate.

In particolare, con le sopra menzionate sentenze, la Corte di Cassazione ha rammentato e stabilito, in merito al rimborso delle accise e addizionali, che:
  • Obbligato al pagamento delle accise e delle addizionali è unicamente il fornitore, ma lo stesso può addebitare integralmente le accise pagate al consumatore finale (all’ art. 56, Testo unico Accise, si precisa, altresì, che le società fornitrici «hanno diritto di rivalsa sui consumatori finali).
  • Le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica sono dovute dal fornitore, al momento della fornitura dell'energia elettrica al consumatore finale. Il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’Amministrazione finanziaria: a) nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, entro due anni dalla data del pagamento del tributo; b) nel caso in cui l’imposta sia stata addebitata al consumatore finale e che quest’ultimo abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
  • Nel caso in cui al consumatore finale di una fornitura elettrica siano state addebitate le imposte addizionali, lo stesso può esperire in sede civilistica l’ordinaria azione di ripetizione di indebito direttamente nei confronti dell’erogatore del servizio (fornitore), salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria allorquando l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore). Il consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può fruire di un termine di prescrizione ordinario (10 anni) per l’azione civilistica di ripetizione dell’indebito, più ampio di quello di decadenza assegnato al fornitore per il rimborso. 
Di conseguenza resta aperta la possibilità di agire per la ripetizione delle somme indebitamente pagate negli anni 2010 e 2011, non ancora prescritti.

Una volta esercitata vittoriosamente da parte del consumatore finale l’azione di rimborso nei confronti del fornitore, è quest’ultimo che ha novanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza per far valere il diritto al rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, attribuendo, quindi, espressamente l’azione di rimborso al fornitore che abbia traslato l’imposta sul consumatore all’esito dell’azione da questi vittoriosamente esercitata nei suoi confronti.

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