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La tassazione delle criptovalute: un passo indietro sull’attrattività

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​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 25.10.2024 | Tempo di lettura ca. 4 minuti​



Da quanto emerso dalle testate giornalistiche di questi giorni, a breve l’Italia introdurrà significative modifiche alla tassazione delle criptovalute. A partire dal 2025, infatti, con la legge di bilancio, la tassazione sulle plusvalenze derivanti dalle criptovalute potrebbe aumentare dal 26 per cento al 42 per cento.


L’aumento della tassazione sulle criptovalute che dovrebbe essere introdotto dalla legge di bilancio per il 2025, solleva importanti interrogativi sulla competitività del mercato italiano. 

Va precisato che già con la legge di bilancio 2023 erano state introdotte rilevanti modifiche in termini di tassazione. Nella precedente manovra, infatti, la plusvalenza derivante dalla vendita delle criptovalute era detassata fino a 2.000 euro. La tassazione del 26 per cento, come per le maggior parte degli altri strumenti finanziari, scattava solo oltre tale soglia. 

Con la nuova legge di bilancio 2025, a decorrere appunto dal 01.01.2025, come anticipato dal Ministro Leo durante la presentazione della manovra, la tassazione passerà molto probabilmente dal 26 per cento al 42 per cento. 

Come desunto dall’Osservatorio Blockchain and Web 3 della School of Management del Politecnico di Milano, tale operazione colpirà oltre 3,6 milioni di italiani che detengono criptovalute.

Un tale aumento del carico fiscale probabilmente disincentiverà ulteriori investimenti in tale settore, i cui redditi saranno penalizzati da una tassazione più elevata di quella gravante sugli altri investimenti finanziari vanificando, quindi, gli sforzi fin qui compiuti dall’OAM (Organismo Agenti e Mediatori) e dalla Banca d’Italia.  L’OAM, infatti, collaborando con la Banca d’Italia, ha istituito un registro per gli operatori di valute virtuali, obbligando i fornitori di servizi di criptovalute a registrarsi e a rispettare specifici requisiti normativi.

Questo registro aiuta a monitorare e regolamentare le attività legate alle criptovalute, garantendo maggiore trasparenza e sicurezza per gli investitori. Negli ultimi anni le autorità italiane si sono, dunque, impegnate a sviluppare un contesto normativo più favorevole che, pur garantendo sicurezza e trasparenza del settore, non ne pregiudicasse l’innovazione e l’attrattività. 

La modifica fiscale, con un incremento così significativo della tassazione sulle plusvalenze, non solo comprometterebbe la crescita, l’attrattività e conseguentemente la competitività del mercato delle criptovalute in Italia, ma anche il relativo potenziale introito fiscale a lungo termine che lo stesso potrebbe generare.

Inoltre, tali modifiche potrebbero impattare sulla competitività del mercato italiano anche alla luce dell’entrata in vigore del nuovo Regolamento europeo MiCAR (Market in crypto asset Regulation). Il suddetto Regolamento ha l’obiettivo di armonizzare a livello europeo la regolamentazione dei servizi cripto richiedendo agli operatori del mercato di ottenere un’autorizzazione in uno degli Stati Membri dell’EU per poter conseguentemente operare in tutta Europa. 

La differenza tra la disciplina fiscale italiana e quella degli altri Stati Membri è evidente. Si noti per esempio che in:
  • Germania le plusvalenze da criptovalute sono esenti da tassazione se gli asset sono detenuti per più di un anno o se i guadagni annuali sono inferiori a 600 euro;
  • Portogallo, sebbene per le criptovalute, fino al 2023, lo stato potesse essere considerato un paradiso fiscale, ora si applica un’aliquota del 28 per cento;
  • Malta, Cipro, Slovenia, Estonia, le plusvalenze da criptovalute non sono tassate. Tali stati risultano dunque molto attraenti per gli investitori;
  • Danimarca si applica una delle aliquote più alte con una tassazione che può arrivare fino al 52,06 per cento.
  • Spagna si applica un’aliquota progressiva che varia dal 19 per cento al 28 per cento, a seconda dell’importo delle plusvalenze.

L’Italia, con il possibile aumento della tassazione al 42 per cento, si posizionerebbe tra i paesi con la tassazione più alta sulle criptovalute in Europa. Questa riforma ha dunque sollevato preoccupazioni tra gli esperti del settore riguardo alla competitività del mercato italiano delle criptovalute in quanto, inevitabilmente, essa potrebbe portare gli investitori a considerare altri paesi europei con regimi fiscali più favorevoli. 

Per avere conferma dell’aumento dell’aliquota non resterà dunque che attendere l’approvazione della legge di bilancio. Dopodiché, nel caso in cui la riforma venga attuata, si tratterà di esaminare nello specifico tutti le possibili conseguenze che potrebbero derivare al mercato italiano delle criptovalute. 

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