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Il ruolo delle fatture di acconto ai fini della formazione del Plafond Iva: la posizione dell'Agenzia delle Entrate

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​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 27.09.2024 | Tempo di lettura ca. 5 minuti


Attraverso la pubblicazione dell’Istanza di consulenza giuridica n.3 del 6 agosto 2024, l’Agenzia delle Entrate torna a pronunciarsi nuovamente in materia di formazione del plafond Iva per coloro che hanno lo status di esportatori abituali di cui all’art. 8, co. 1, lett. c) D.P.R. n. 633/1972. 

Si tratta di un regime che permette ai soggetti che svolgono frequentemente cessioni all’esportazione ed intracomunitarie di effettuare acquisti e importazioni senza pagamento d’imposta, compensandone il debito con il credito maturato sulle esportazioni e le cessioni intracomunitarie non imponibili. Ciò non rappresenta un’agevolazione in senso stretto, poiché non vi è alcuna riduzione dell’imposta dovuta, bensì uno strumento, a disposizione degli operatori che si trovano sistematicamente in una posizione di credito d’imposta, finalizzato a sopperire ai ritardi accumulati dall’amministrazione finanziaria nell’esecuzione dei rimborsi, nonché a permettere la semplificazione del rapporto creditorio con l’Erario e la mitigazione dell’esposizione finanziaria.

Trattandosi di un regime di sospensione di imposta, derogatorio rispetto alla disciplina ordinaria, l’accesso a tale meccanismo è subordinato alla rigorosa verifica di determinati presupposti. In primis, possono qualificarsi come esportatori abituali soltanto i soggetti che abbiano effettuato, nell’anno solare oppure nei 12 mesi precedenti, cessioni all’esportazione (ex art. 8, co. 1, lett a) e b) D.P.R. n. 633/1972) e cessioni intracomunitarie (ex art. 41 D.L. n. 331/1993) per un ammontare superiore al 10 per cento del volume d’affari complessivo.

In sostanza, tale soglia deve essere calcolata sulla base del seguente rapporto: 
  1. Al numeratore si inseriscono le esportazioni e le cessioni intracomunitarie di beni registrate nell’anno o nei dodici mesi precedenti che concorrono alla formazione del plafond; 
  2. Al denominatore si riporta il volume d’affari realizzato nell’anno o nei dodici mesi precedenti, diminuito dell’ammontare delle cessioni di beni in transito e delle operazioni non soggette ad Iva in Italia.

Se il coefficiente percentuale risultante dal rapporto di cui sopra risulta maggiore di 0,10 il contribuente acquisisce lo status di esportatore abituale e può acquistare o importare beni e servizi senza pagamento d’imposta, nei limiti dell’ammontare pari alle esportazioni e cessioni intracomunitarie effettuare nel periodo.

Tale importo costituisce il cosiddetto plafond disponibile e corrisponde all’ammontare massimo di acquisti di beni e servizi e di importazioni che possono essere effettuati in regime di sospensione d’imposta, ovvero senza versamento dell’Iva: 
  1. Qualora la finestra temporale di riferimento per la verifica della soglia sia l’anno solare precedente, il plafond è definito “fisso”;
  2. Qualora la finestra temporale di riferimento per la verifica della soglia siano i 12 mesi precedenti, il plafond è definito “mobile”.

Tuttavia, l’esportatore abituale, prima di effettuare acquisti senza pagamento dell’imposta, è obbligato a presentare alla controparte una cosiddetta dichiarazione d’intento, attraverso cui espone l’intenzione di avvalersi di tale facoltà e comunica l’ammontare del plafond ancora disponibile, ai fini di permettere la verifica se l’ammontare dell’acquisto è contenuto nei limiti. 

Modalità di formazione del plafond: la fattispecie analizzata dall’Agenzia delle Entrate

I chiarimenti resi dall’Ufficio riguardano l’ipotesi in cui in cui il passaggio definitivo della proprietà del bene ad un cliente soggetto passivo d’imposta extra-UE avvenga in un momento successivo rispetto al versamento di uno o più acconti sul prezzo. Nello specifico, poiché il pagamento del corrispettivo per il bene oggetto di cessione all’esportazione avviene in più fasi, generalmente si verifica l’emissione di una serie di fatture di acconto e, soltanto in seguito al collaudo del bene, viene emessa una fattura di saldo per un importo al netto degli acconti precedentemente incassati e fatturati. 

Il quesito verte sul momento a partire dal quale tali acconti concorrono al calcolo del plafond, se in corrispondenza del momento di emissione della fattura di acconto e limitatamente al relativo ammontare oppure se solamente quando l’operazione di esportazione viene perfezionata, per un importo pari al prezzo totale contrattualmente stabilito.

Al fine di rispondere al quesito, l’Ufficio ha ripercorso brevemente le disposizioni normative che regolano l’individuazione del momento di effettuazione di un’operazione: ai sensi dell’articolo 6, comma 1, D.P.R. 633/1972 le cessioni di beni mobili si considerano perfezionate all’atto della consegna dello stesso.

Ciononostante, il successivo comma 4 stabilisce che il versamento di una parte del corrispettivo anticipa il momento di effettuazione della cessione, limitatamente all’ammontare dell’acconto pagato: per questo motivo, nell’ordinamento italiano è previsto l’obbligo di emissione di una fattura per documentare il pagamento degli acconti.

Tornando alla questione relativa alla formazione del plafond, le autorità fiscali hanno richiamato un precedente documento di prassi (Circolare n. 145 del 10 giugno 1998) all’interno del quale viene evidenziato che le operazioni da includere nel calcolo sono quelle registrate. Poiché il momento di registrazione della fattura dipende dalla data di emissione della stessa, e tale data a sua volta dipende dal momento di effettuazione della cessione, la circolare sancisce il principio secondo cui “nelle ipotesi di pagamento anticipato dei corrispettivi, tali importi concorrono non solo alla determinazione dello status di esportatore agevolato ma anche a quella del plafond”. 

Coerentemente, la conclusione espressa dall’amministrazione è che gli acconti concorrano alla formazione del plafond Iva per gli esportatori abituali già a partire dal momento di registrazione della fattura di acconto, limitatamente all’importo dello stesso; pertanto, non occorre attendere la conclusione dell’esportazione e la fattura di saldo, in quanto il versamento di acconti sul prezzo anticipa il momento di effettuazione dell’operazione e conseguentemente il momento di emissione e registrazione della fattura. 

Sul punto è stato tuttavia specificato che qualora l’operazione di cessione all’esportazione non venga effettivamente portata a termine, ad esempio a causa di anomalie riscontrate nella fase di collaudo del bene, sarà opportuno rettificare in diminuzione l’ammontare del plafond per l’importo corrispondente agli acconti; tale osservazione, a sua volta, è frutto di una precedente pronuncia della Giurisprudenza di legittimità in merito (Corte di Cassazione, Sezione V, Sentenza n. 30800 del 19 ottobre 2022).

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