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Processo civile telematico al tempo della pandemia

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​Ultimo aggiornamento del 28.06.2021 | Tempo di lettura ca. 9 minuti


A partire dal mese di marzo del 2020, a causa della pandemia mondiale da Covid-19, il Governo italiano si è visto costretto ad introdurre in via d’urgenza disposizioni normative al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica senza compromettere, per quanto possibile, la vita dei propri cittadini. 

Ebbene, per quanto riguarda il funzionamento dell’attività processualistica svolta dai Tribunali, il legislatore ha introdotto istituti processualistici di carattere straordinario proprio al fine di compromettere il meno possibile la normale attività svolta dalle Corti nazionali.

In prima battuta, dal mese di marzo e per tutto il mese di giugno del 2020, la disciplina dei nuovi istituti processuali ha trovato il proprio collocamento nell’art. 83 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 (convertito con modificazioni nella L. n. 27 del 24 aprile 2020) e poi nel D.L. n. 28 del 30 aprile 2020, (convertito con modificazioni nella L. n. 70 del 25 giugno 2020).

Successivamente, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della L. n. 77 del 17 luglio 2020, sono entrate in vigore tutte le disposizioni contenute nel D.L. 34 del 19 maggio 2020, con relative modificazioni, tra cui anche l’art. 221 che conteneva alcune importanti riforme rispetto alla previgente normativa d’urgenza proprio in tema processualistico.

Infine, con l’art. 23 del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 176 del 18 dicembre 2020 il legislatore ha finalizzato il nuovo assetto della normativa d’urgenza, intervenendo nuovamente in materia di istituti processualistici speciali e straordinari con le previsioni che sono a tutt’oggi in vigore e rimarranno tali fino, almeno, al 31 luglio 2021 ossia fino alla cessazione dello stato di emergenza.

In particolare, tra il 9 marzo e l’11 maggio 2020, ossia con l’art. 83 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 il legislatore ha stabilito la sospensione temporanea di tutti i termini processuali e delle udienze, onerando i Giudici di disporre il rinvio di tutte le udienze già fissate per il periodo di sospensione, con conseguente rideterminazione dei calendari processuali. 

Successivamente, anche al fine di evitare un blocco totale delle udienze e delle scadenze processuali, il legislatore si è visto costretto a ricercare un’alternativa che non comportasse la sospensione totale del processo civile. Dunque, a decorrere dal mese di maggio 2020 e fino al 30 giugno 2020, con le modifiche apportate dal D.L. n. 28 del 30 aprile 2020, il legislatore ha ritenuto opportuno attribuire direttamente ai dirigenti degli uffici giudiziari il compito di adottare tutte le misure organizzative ritenute idonee ed indispensabili a fronteggiare l’emergenza epidemiologica, attribuendo agli stessi dirigenti la responsabilità per le disposizioni adottate.

Questo nuovo modus operandi ha comportato via via una ripresa della trattazione dei procedimenti davanti agli Uffici giudiziari, non il permanere dello stato di emergenza in cui versava (e versa a tutt’oggi) il nostro Paese.

Tuttavia, stante il diverso approccio adottato dai Giudice, i legislatore è nuovamente intervenuto con l’art. 23 del D.L. n. 137 del 28 ottobre 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 176 del 18 dicembre 2020, norma tutt’oggi in vigore e la cui efficacia rimarrà intatta quantomeno fino al 31 luglio 2021 in forza della proroga ad opera dell'art. 6 del D.L. n. 44 del 2021.

Con l’introduzione art. 23 del D.L. n. 137, il legislatore ha introdotto nuove disposizioni in merito allo svolgimento dei procedimenti giurisdizionali, non soltanto nel settore civile, ma anche in quello penale. In particolare, il legislatore ha introdotto nuovi “istituti processuali” prendendo le mosse da quelli già utilizzati nella prima fase dell’emergenza sanitaria. Non a caso nella relazione di accompagnamento al D.L. n. 137 del 2020 il legislatore ha richiesto espressamente che questo nuovo decreto fosse letto in combinato disposto con il precedente, ossia con il D.L. n. 34 del 19 maggio 2020. Ciò dimostra come il legislatore non abbia voluto prescindere dai risvolti positivi della normativa emergenziale precedentemente introdotta ma, piuttosto, abbia inteso rafforzarli e confermarli.

Ciò posto, con riferimento alle specifiche disposizioni che sono previste nell’art. 23 del D.L. 137 del 2020, facendo espresso ed esclusivo riferimento ai procedimenti civili, è stato previsto, fra l’altro:
  • la possibilità che le udienze civili, “alle quali è ammessa la presenza del pubblico”, ai sensi dell’art. 128 c.p.c., possano “celebrarsi a porte chiuse” (art 23, comma 3);
  • per le udienze dedicate alla comparizione dei coniugi in sede di separazione consensuale o di divorzio congiunto è prevista in capo al Giudice la facoltà di dispone la celebrazione con modalità “cartolare” (art. 23, comma 6); 
  • partecipazione alle udienze mediante videoconferenza o collegamenti da remoto per tutte le parti, compreso anche il Giudice che ha la possibilità di prendere parte all'udienza anche collegandosi da un luogo diverso dall'ufficio giudiziario (art. 23, comma 7);
  • per i ricorsi da trattare in udienza pubblica dinanzi alla Corte di Cassazione, dovrà procedersi in camera di consiglio con udienza “cartolare” e senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti (art. 23, comma 8-bis);
  • possibilità di assumere deliberazioni collegiali in camera di consiglio anche mediante collegamenti da remoto (art. 23, comma 9);
  • il cancelliere a cui ne venga fatta richiesta, con apposita istanza da depositarsi telematicamente, ha la facoltà di rilasciare la copia esecutiva delle sentenze e degli altri provvedimenti giurisdizionali in forma di documento informatico (art. 23, comma 9-bis).

Quelle appena elencate sono solo alcune delle principali novità introdotte dal legislatore proprio al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica in corso. Tuttavia, se da un lato questi interventi hanno consentito di proseguire l’attività processuale evitando il blocco totale delle udienze, dall’altro lato hanno comportato un notevole sacrificio per alcuni dei principi generali del nostro ordinamento tra cui il principio di oralità e il principio del contraddittorio. 

Infatti, durante l’emergenza epidemiologica, le udienze sono state ritenute luoghi di assembramento e, conseguentemente, sono state classificate tra le potenziali fonti di contagio. 

Questo, dunque, ha imposto al legislatore di intervenire con delle riforme dirette ad ovviare a tale impasse. In sostanza, dunque, come detto fino ad ora, il legislatore italiano si è ingegnato al fine di individuare un nuovo schema di udienza che evitasse la presenza fisica dei difensori delle parti dinanzi al Giudice. Ebbene, tale scopo è stato perseguito con due diverse modalità di trattazione dei processi tra loro alternative.

Da un lato, il legislatore ha introdotto, o meglio, implementato il processo cd. “cartolare” che si sostanzia, quasi esclusivamente, nello scambio telematico di note scritte, solitamente contenenti le sole istanze e conclusioni che le parti avrebbero potuto proporre in udienza dinanzi al Giudice. Allo scambio delle note autorizzate segue il provvedimento del Giudice, anch’esso reso per iscritto e senza la possibilità che le parti interloquiscano ulteriormente con quest’ultimo o che questo possa richiedere di fornire i chiarimenti che dovessero essere necessari ai fini del provvedimento stesso.

Ciò posto, viene da sé come tale meccanismo metta notevolmente in crisi il principio di oralità del giudizio ossia quel principio in forza del quale tutte le parti coinvolte nel procedimento sono incentivate ad interloquire tra di loro e con il Giudice che ha l’onere di dirimere la controversia in atto.

Ebbene, nei procedimenti civili, dove il processo telematico sta prendendo piede sempre di più ormai da diversi anni, il principio dell’oralità ha comunque mantenuto (fino ad oggi) un ruolo fondamentale, con particolare riferimento alla fase istruttoria e alla fase decisionale che, si ricorda, a norma dell’art. 281 sexies c.p.c., può prevedere la discussione orale della causa prima che il Giudice la decida.

In sostanza, dunque, è chiaro come lo sviluppo ormai predominante e quasi esclusivo del processo telematico e della trattazione cartolare dei procedimenti, se da un lato ha consentito di fronteggiare l’epidemia in corso, dall’altro lato ha comportato una notevole compressione di alcuni principi processuali, tra cui proprio il principio dell’oralità, che ha dovuto lasciare spazio al fenomeno cd. “di dematerializzazione del processo civile”.

Tuttavia, come anticipato in precedenza, il principio dell’oralità non è l’unico che il legislatore ha dovuto sacrificare per lasciare spazio i nuovi istituti processuali d’urgenza. Infatti, a questo occorre aggiungere anche il principio del contraddittorio che è stato sostituito dallo scambio di atti scritti tra le parti in causa. E ciò, proprio in forza del fatto che l’udienza, intesa nella sua accezione di luogo fisico di interlocuzione e trattazione della causa, è stata sostituita dal processo cartolare.

A questa prima modalità alternativa di trattazione dell’udienza se ne aggiunge una seconda che prevede la trattazione della causa da remoto.

Questa seconda modalità può essere disposta limitatamente alle udienze che non richiedano la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti. L’udienza, dunque, si svolge attraverso l’uso di un programma (zoom, teams ecc.) che consenta il collegamento telematico delle parti all’ufficio giudiziario in cui il Giudice officiato sarà presente fisicamente. Al termine dell’udienza, il Giudice, dato atto del regolare lo svolgimento della stessa, ha l’onere di redigere il verbale di cui deve essere data lettura oralmente, mediante l’utilizzo della funzione di “condivisione schermo”. 

Lo scopo di questa modalità alternativa, a differenza della precedente, muove dal presupposto di compromettere il meno possibile i principi di oralità e del contraddittorio, pur prevedendo una forma di presenza alternativa delle parti.

Tutto ciò premesso, vale la pena precisare che sebbene da diversi anni si è ipotizzata una riforma della giustizia civile, questa era diretta ad incidere in misura preponderante sui mezzi e sull’organizzazione dei Tribunali e non tanto sulla modificazione delle modalità di trattazione delle udienze. Infatti, la speranza di avvocati, giudici e cancellieri era nella digitalizzazione degli uffici e nella richiesta di interventi volti a velocizzare i procedimenti e non, piuttosto a riforma le disciplina codicistica. Proprio in quest’ottica, il legislatore, quantomeno per il processo civile, si era mosso nel senso di introdurre il processo civile telematico (PCT), che, al fine della formazione di un fascicolo informatico del processo, accessibile a tutte le parti in causa, consente che gli atti ed i provvedimenti possano essere validamente compiuti sotto forma di documenti informatici, sottoscritti con firma digitale e trasmessi alla cancelleria con modalità telematiche. 

Ebbene, questo ha consentito una vera e propria “digitalizzazione del processo civile” attraverso l’implementazione di strumenti quali i depositi telematici, le PEC, le noti, le notificazioni elettroniche degli atti. In tale ottica, dunque, il Covid ha certamente accentuato l’evoluzione digitale, imponendo l’adozione di misure urgenti e straordinarie dirette a contrastare l’emergenza epidemiologica e a contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria. Infatti, proprio grazie a queste nuove modalità, è stato possibile continuare a svolgere l’attività processuale.

Ciò posto, la fissazione degli orari di udienza secondo rigidi schemi volti ad evitare l’assembramento, così come la trattazione mediante il deposito di note scritte ovvero mediante piattaforme, hanno senza dubbio dimostrato la loro utilità nei limiti testè indicati. E’ chiaro, quindi, che in un’ottica futura la priorità dovrà essere proprio la digitalizzazione che, purché non venga abusata, consentirebbe certamente di incrementare le potenzialità del processo e, più in generale, dell’attività dei Tribunali senza, però, pregiudicare in maniera eccessiva i principi generali intorno a cui ruota il processo.

Si pensa per esempio all’utilizzo dello strumento del deposito delle note scritte in quelle che atecnicamente vengono definite udienze “vuote”, come per esempio l’udienza di precisazione delle conclusioni, ovvero la possibilità di ricorrere allo strumento della trattazione mediante collegamento da remoto nei procedimenti di verifica dello stato passivo, in cui alle volte, si trovavano riunite decine e decine di avvocati un udienze fiume, laddove la discussione per la posizione assistita aveva magari solo la durata di qualche minuto.

Premesso quanto precede, in considerazione del termine di efficacia delle disposizioni emergenziali, se da un lato appare auspicabile il mantenimento degli istituti introdotti nella fase emergenziale per alcune specifiche  casistiche, d’altro canto, non si vede come non si possa tornare alla trattazione in presenza e quindi alla discussione orale delle udienze.  

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