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“Semplificazioni” amministrative per gli impianti di energia rinnovabile: quali novità in arrivo?

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​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 24.10.2024 | Tempo di lettura ca. 8 minuti


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Sulla scia della transizione energetica che sta impegnando tutti i Paesi nonché attirando molteplici investimenti nel settore delle energie rinnovabili, non può che menzionarsi l’importanza e la centralità delle procedure autorizzative degli impianti di produzioni di energia green.

Queste procedure rappresentano un tassello cruciale e nevralgico per la realizzazione degli impianti e per la produzione di energia rinnovabile in linea con i target europei e sovranazionali. Spesso però gli operatori economici si trovano a dover affrontare norme sempre meno chiare con disposizioni lacunose e disorganiche.

Il Governo italiano, nel tentativo di semplificazione dei già complessi procedimenti autorizzativi, ha adottato e sta pianificando ulteriori misure al fine di accelerare i procedimenti autorizzativi ambientali nonché di fornire agli operatori economici un quadro chiaro, preciso e organico della disciplina amministrativa delle energie rinnovabili. 

Difatti, in data 10 ottobre 2024 è stato approvato da parte del Consiglio dei Ministri lo schema di decreto-legge cosiddetto “D.L. Ambiente” recante “Disposizioni urgenti per la tutela ambientale del Paese, la razionalizzazione dei procedimenti di valutazione e autorizzazione ambientale, la promozione dell’economia circolare, l’attuazione di interventi in materia di bonifiche di siti contaminati e in materia di dissesto idrogeologico”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 18 ottobre 2024.

L’atto con forza di legge ha apportato delle modificazioni, inter alia, ad alcune previsioni del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, anche detto “Testo Unico Ambientale”.

In particolare, l’art. 1 del D.L. Ambiente ha modificato l’art. 8 del d.lgs. 3 aprile 2006 n.152 ed ha statuito che nella trattazione dei procedimenti di competenza della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS nonché della Commissione Tecnica PNRR-PNIEC va data precedenza ai progetti relativi ai programmi dichiarati di preminente interesse strategico nazionale tenendo conto dei seguenti criteri: 
  1. affidabilità e sostenibilità tecnica ed economica del progetto in rapporto alla sua realizzazione;
  2. contributo al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione previsti dal PNIEC; 
  3. rilevanza ai fini dell’attuazione degli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR);
  4. valorizzazione di opere, impianti o infrastrutture esistenti.

La puntuale individuazione dei progetti considerati di preminente interesse strategico nazionale avverrà con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, di concerto con il Ministero della Cultura. Nelle more del decreto, vengono considerati progetti di preminente interesse strategico, ai sensi del neo-introdotto comma 1bis dell’art. 8 del Testo Unico Ambientale: 
  1. i progetti concernenti impianti di idrogeno verde ovvero rinnovabile; 
  2. gli interventi di modifica, anche sostanziale, per rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione di impianti alimentati da fonti eoliche o solari; 
  3. i progetti fotovoltaici on-shore e agrivoltaici on-shore di potenza nominale pari almeno a 50 MW e i progetti eolici on-shore di potenza nominale pari almeno a 70 MW.

Con riferimento alla valutazione di impatto ambientale e alle modalità di svolgimento del procedimento di verifica di assoggettabilità a VIA (screening VIA), il comma 6 dell’art. 19 del Testo Unico Ambientale è stato integralmente sostituito da una rinnovata disposizione con l’introduzione di termini più stringenti; difatti, è stato previsto che, una sola volta ed entro quindici giorni dalla scadenza del termine di quarantacinque (45) giorni per la conclusione del procedimento di screening VIA, l’autorità competente può richiedere al proponente ulteriori chiarimenti ovvero integrazioni finalizzati a chiarire la non sottoposizione del progetto al procedimento di VIA, assegnando al medesimo un termine non superiore a trenta giorni per svolgere lati chiarificazioni; inoltre, è stato indicato che qualora il proponente non presenti i chiarimenti ovvero le integrazioni richiesti entro il termine assegnato, l’istanza si intende respinta con conseguente archiviazione.

Viene inoltro aggiunto al comma 10 dell’art. 19 la previsione secondo cui, il provvedimento di screening VIA gode di un’efficacia temporale, comunque non inferiore a cinque anni; allo spirarsi dei cinque anni e ottenuto il provvedimento di screening VIA ma in assenza della realizzazione del progetto, l’istante è legittimato a riproporre il progetto corredando l’istanza di una relazione esplicativa sullo status ambientale dell’area di intervento, in caso di variazioni rilevanti. In questo ultimo scenario, entro 15 giorni dalla presentazione della reiterata istanza, l’Amministrazione verifica la completezza documentale e qualora la documentazione risulti incompleta, l’autorità richiede le necessarie integrazioni assegnando un termine perentorio non superiore a venti giorni. Nel caso in cui entro il termine assegnato l’istante non depositi la documentazione integrativa ovvero, la documentazione risulti ancora incompleta, l’istanza si intende ritirata e l’autorità competente procede all’archiviazione.

Infine, importante novità riguarda l’inclusione del procedimento autorizzativo di Autorizzazione Paesaggistica all’interno del procedimento di VIA, dunque, non più un procedimento autonomo e parallelo bensì un sub-procedimento all’intero della procedura di VIA.

Non manca però di ravvisare all’interno del Decreto-legge già in vigore, luci e ombre nonché molteplici interrogativi.

In primis, se da un lato non può che notarsi il favor e l’effettivo tentativo di semplificazione delle procedure ambientali per i progetti di potenza pari o superiore a 50 MW, dall’altro si evidenzia come tali previsioni non possono che penalizzare i progetti di potenza inferiore a 50 MW che, ovviamente, subiranno degli ulteriori ritardi in violazione del principio di tassatività dei termini. 

In secondo luogo, non è chiaro (o meglio non contemplato) all’interno del Decreto-legge un regime transitorio al fine di comprendere se le norme introdotte trovino applicazione anche ai procedimenti già in corso, specie se azionati antecedentemente al cosiddetto D.L. Agricoltura. In caso contrario, i progetti di potenza inferiore ai 50 MW, oltre ad incontrare il divieto di realizzazione su area agricola, sconterebbero ulteriormente anche le lungaggini dovute ai neo-introdotti criteri di preminenza. Dunque, siamo di fronte ad una disciplina astrattamente orientata alle semplificazioni autorizzative ma che, in concreto, sembrerebbe rendere la disciplina ancor più disorganica.

Numerose perplessità sono state ravvisate anche in relazione ad un’ulteriore riforma in arrivo: il cosiddetto “Testo Unico delle Rinnovabili”.

Difatti, il 7 agosto 2024 è stato approvato da parte del Consiglio dei Ministri lo schema di decreto legislativo recante “Disciplina in materia di regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili”. Il testo è attualmente al vaglio delle Commissioni Parlamentari (il termine ultimo per la definitiva approvazione è fissato al 26 novembre 2024).

La riforma, attesa da oltre due anni, si colloca all’interno di una cornice normativa già estremamente frammentata, disorganica, reduce tra l’altro di previsioni - come da ultime quelle contenute nel DL Agricoltura e nel DM Aree idonee - che tra divieti generalizzati e carenze normative, hanno contribuito ad esasperare il clima di incertezza tra gli operatori del settore e rischiano di frenare lo sviluppo delle rinnovabili.

Se l’obiettivo era quello di semplificare e accelerare il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti FER attraverso l’adozione di un unico atto legislativo primario, la bozza di decreto sembra però non aver colto nel segno.

Dopo aver incassato il parere negativo del Consiglio di Stato che ha ritenuto sia l’iter procedurale che il contenuto, carenti, lacunosi, inadeguati e incompleti, la bozza di decreto è stata accolta con non poche perplessità anche dagli operatori e dalle associazioni di categoria.  Di seguito alcuni esempi delle principali criticità riscontrate.

Tra i regimi amministrativi previsti per l’autorizzazione degli impianti FER non è più contemplata la dichiarazione di inizio lavori asseverata (DILA) oggi prevista per l’autorizzazione di impianti con potenza inferiore a 1 MW ricadenti in area idonea. L’art. 6 del Testo Unico delle Rinnovabili prevede difatti solo tre procedure amministrative, per la realizzazione degli impianti Fer: attività libera, procedura abilitativa semplificata (PAS), autorizzazione unica. 

L’art. 1 comma 1 della bozza di decreto prevede che “restino ferme le disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 ai fini dell’acquisizione del titolo edilizio necessario alla realizzazione. Lo schema di decreto fa salva l’acquisizione del titolo edilizio di cui al DPR 380/2001 per la realizzazione degli interventi di cui al presente decreto”.  L’introduzione del riferimento al Testo unico in materia edilizia costituisce un aggravio, richiedendo l’acquisizione di un titolo non richiesto (ad eccezione di limitati casi) dall’attuale disciplina.

Quanto agli interventi di revamping e repowering, la normativa nazionale attualmente in vigore consente di ammodernare e potenziare gli impianti rinnovabili già installati senza ulteriori autorizzazioni anche in presenza di vincoli paesaggistici proprio perché si tratta di impianti esistenti e che quindi avevano già ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni. Mentre la bozza di decreto prevede che anche per questi progetti si debba acquisire l’autorizzazione paesaggistica se l’impianto ricade in aree protette dal Codice dei beni culturali e del paesaggio

Non vi è traccia di alcuna specifica previsione in merito alla disciplina transitoria che faccia salvi i procedimenti già avviati alla data di entrata in vigore del Decreto così come di un coordinamento con il Decreto Aree Idonee attraverso l’inserimento di una norma interpretativa che chiarisca una volta per tutte che le aree idonee individuate ex lege ai sensi dell’art. 20 comma 8 del D.lgs. 199/2021 possano essere classificate non idonee dalle Regioni soltanto a seguito di approfondita e comprovata istruttoria che dimostri la non idoneità dell’area in questione.

Per quanto riguarda l’aspetto delle connessioni e della congestione di richieste, le associazioni chiedono che la nuova disciplina delle autorizzazioni sia ben coordinata ad esempio introducendo stringenti criteri di selezione e priorità per vagliare le richieste di permitting.

Questi sono alcuni dei temi portati all’attenzione da parte delle associazioni di settore nelle Audizioni svolte presso la Commissione Ambiente del Senato e per i quali, si spera, la versione finale del Testo Unico FER tenga conto nel tentativo di non vanificare la fondamentale occasione di semplificazione degli iter autorizzativi per gli impianti a fonte rinnovabile.

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