Utilizziamo cookie tecnici per personalizzare il sito web e offrire all’utente un servizio di maggior valore. Chiudendo il banner e continuando con la navigazione verranno installati nel Suo dispositivo i cookie tecnici necessari ai fini della navigazione nel Sito. L’installazione dei cookie tecnici non richiede alcun consenso da parte Sua. Ulteriori informazioni sono contenute nella nostra Cookie Policy.



Le Novità della Giurisprudenza Labour relative a gennaio 2020

PrintMailRate-it

​Nel presente articolo riportiamo le principali novità giurisprudenziali in materia di Diritto del Lavoro relative al mese di Gennaio con un breve commento esplicativo. 


RAPPORTI DI LAVORO

Cassazione, 24 Gennaio 2020, n. 1663
Applicabile la disciplina del lavoro subordinato ai c.d. riders

Alcuni riders torinesi proponevano ricorso per fare accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con una nota società di delivery food e ottenere la conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive maturate, sostenendo, altresì, di essere stati illegittimamente licenziati e invocando, quindi, la reintegrazione nella posizione precedentemente rivestita.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’art. 2 del D. Lgs. n. 81/2015 non ha introdotto un un tertium genus di rapporto di lavoro, non riconducibile né al lavoro coordinato senza subordinazione né alla subordinazione in senso proprio, dovendo essere invece considerata una mera norma di disciplina: se il rapporto di lavoro è sussumibile entro il disposto del menzionato articolo, allora al lavoratore dovrà essere semplicemente applicata tutta la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, ivi compresa la tutela avverso l’illegittimo recesso datoriale.
Nello specifico, la Cassazione, respingendo le tesi della società, ha ritenuto che il tratto distintivo tra auto - organizzazione ed etero - organizzazione risieda nella circostanza che, malgrado il rider abbia autonomia nel decidere se obbligarsi o meno alla prestazione, il lavoratore stesso sia vincolato alle modalità di prestazione stabilite dal datore di lavoro, concretamente veicolate mediante la piattaforma digitale e l’applicazione scaricata sullo smartphone, con imposizione di stringenti tempistiche e di luoghi di reperimento e consegna della merce.
Alla luce di dette considerazioni, la Cassazione ha, quindi, confermato la sentenza della Corte di Appello, confermando quindi l’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato ai riders, che avranno pertanto diritto ad ottenere le relative differenze retributive e contributive.

LICENZIAMENTO PER GIUSTA CAUSA

Cassazione, 30 Gennaio 2020, n. 2238 
Utilizzo della ‘carta fedeltà’ del cliente da parte della cassiera: il licenziamento è spropositato

Una lavoratrice è stata licenziata per giusta causa per l’utilizzo degli sconti presenti nella ‘carta fedeltà’ di un cliente, ‘in violazione del regolamento aziendale’ che obbligava invece la dipendente a restituire la carta smarrita dal cliente.
La Cassazione non ha ravvisato un’ipotesi di licenziamento per giusta causa: l’abuso minimo perpetrato, l’assenza di altre sanzioni disciplinari nell’intera carriera lavorativa della dipendente, la non diretta incidenza della condotta espletata sulla specifica attività di cassiera e il modesto danno per la società escludono, infatti, la notevole gravità della condotta in esame. 
In questa situazione, la Corte di Cassazione ha comunque ritenuto sussistente e dimostrata la condotta posta in essere dalla dipendente: di conseguenza, i Giudici hanno dichiarato cessato il rapporto di lavoro, riconoscendo alla dipendente il diritto alla mera tutela indennitaria, ai sensi dell’art. 18 quinto comma dello Statuto dei Lavoratori.

Cassazione, 28 Gennaio 2020, n. 1890
Perseguita la collega: il licenziamento è legittimo

Un lavoratore aveva instaurato una relazione con una collega di lavoro, ma non accettando la fine della loro relazione, aveva iniziato a perseguitarla, venendo condannato in primo grado per stalking e conseguentemente licenziato per giusta causa.
La Corte di Cassazione, nel giudizio di impugnazione del licenziamento intimato a detto lavoratore, ha statuito che, alla luce delle risultanze del processo penale, vi è una chiara proporzione tra gli addebiti contestati al dipendente e la sanzione espulsiva comminata dalla società: secondo gli Ermellini è, infatti, evidente la gravità del comportamento extra-lavorativo posto in essere dall’uomo e indubbiamente lesivo del vincolo fiduciario con il proprio datore di lavoro.
Il licenziamento per giusta causa intimato è stato pertanto confermato in quanto pienamente legittimo.

Cassazione, 17 Gennaio 2020, n. 980

La malattia non giustifica l’assenza all’audizione di difesa durante il procedimento disciplinare 
Il dipendente, nel corso del procedimento disciplinare culminato con il provvedimento espulsivo, aveva richiesto, nei termini a difesa, di essere sentito oralmente per rendere le proprie giustificazioni. Senonché, debitamente convocato per l’audizione, per ben due occasioni aveva domandato il differimento dell'incontro sulla base di certificati di malattia. La società aveva concesso il differimento del primo incontro, ma, successivamente, aveva avvertito il lavoratore dell'indisponibilità a concedere una terza data (invitandolo a rendere per iscritto le sue controdeduzioni) per non incorrere in decadenza per tardività del provvedimento di recesso. 
Per la Cassazione lo stato di malattia del dipendente non può integrare – di per sé solo – un'impossibilità assoluta del lavoratore ad allontanarsi da casa:  pertanto la condizione di malattia non può essere ragione di per sé sola sufficiente a giustificare l'impossibilità a presenziare all'audizione richiesta per rendere oralmente le proprie giustificazioni. 

Cassazione, 15 Gennaio 2020, n. 708
Licenziamento disciplinare: il C.C.N.L. non vincola il Giudice 

Secondo la Suprema Corte, in presenza di un comportamento del lavoratore che corrisponde a una fattispecie che il contratto collettivo tipizza come idonea a giustificare un licenziamento disciplinare, è sempre indispensabile verificare l'entità e la gravità che in concreto assume il comportamento addebitato al dipendente e la proporzione tra tale infrazione e la sanzione applicata.
L'elencazione contrattuale è solo esemplificativa e non preclude al Giudice di compiere una valutazione autonoma rispetto a essa, con la quale verificare, ad esempio, che, indipendentemente da quanto contrattualmente previsto, l'inadempimento del lavoratore o il suo comportamento siano effettivamente idonei a ledere il rapporto di fiducia che lo lega al proprio datore di lavoro e a integrare, quindi, un'ipotesi di giusta causa di licenziamento.

MOBBING

Cassazione, 20 Gennaio 2020, n. 1109
Il datore di lavoro è colpevole di mobbing orizzontale solo se consapevole

Una lavoratrice, lamentando di trovarsi in uno stato ansioso e depressivo conseguente alle vessazioni subite da due colleghe, aveva presentato ricorso, chiedendo la condanna del proprio datore di lavoro al risarcimento dei danni subiti.
La Suprema Corte ha stabilito che, ai fini della configurabilità dello stesso, non sia sufficiente che il lavoratore dimostri l'esistenza di molteplici vessazioni mirate e sistematiche ai propri danni, ma è anche indispensabile rintracciare un vero e proprio intento oppressivo in capo al datore di lavoro.
Il datore di lavoro è contrattualmente obbligato alla tutela dell'integrità psicofisica dei propri dipendenti e, quindi, ben può essere condannato a risarcire il lavoratore che si ammali in conseguenza di condotte di mobbing perpetrate dai colleghi ai suoi danni, anche se la persecuzione non è stata avallata dal datore di lavoro stesso. In questi casi, tuttavia, affinché il datore possa essere condannato al risarcimento del danno, è essenziale che gli sia imputabile un elemento di colpa, ossia la circostanza che fosse informato e consapevole delle condotte vessatorie poste in essere da alcuni dipendenti a scapito di un altro collega e nulla ha fatto per porvi rimedio.

CONTRATTI A TERMINE

Cassazione, 17 Gennaio 2020, n. 823
Contratto a termine convertito dopo il 7 Marzo 2015: se stipulato prima di detta data, il Jobs Act non è applicabile 

La Corte di Cassazione si è pronunciata in merito al caso di un licenziamento per giusta causa intimato a un dipendente originariamente assunto con contratto a termine convertito per ordine giudiziale a tempo indeterminato con sentenza emessa dopo il 7 Marzo 2015. 
A tal riguardo, la Suprema Corte ha statuito che ai lavoratori, assunti con contratto a tempo determinato prima dell'entrata in vigore del Jobs Act (ovvero antecedentemente al 7 Marzo 2015), con rapporto di lavoro giudizialmente convertito a tempo indeterminato solo successivamente a tale data, non possa essere applicata la disciplina del Jobs Act, la quale ha efficacia soltanto per coloro che sono stati assunti a tempo indeterminato dopo il 7 Marzo 2015. 
La Corte ha infatti ribadito che, in tema di contratti di lavoro a tempo determinato, la sentenza che accerta la nullità della clausola appositiva del termine e ordina la ricostituzione del rapporto illegittimamente interrotto, ha natura dichiarativa e non costitutiva: la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato opera pertanto a decorrere dall’illegittima stipulazione del contratto a termine.

VIDEOSORVEGLIANZA

Cassazione, 17 Gennaio 2020, n. 1733

Condannato il datore di lavoro che installa la videosorveglianza in violazione dell’art. 4 L. 300/70
Per i Giudici della Suprema Corte, in mancanza sia dell’accordo sindacale sia dell’autorizzazione amministrativa, l’installazione delle apparecchiature di videosorveglianza, è sempre illegittima e penalmente sanzionata ai sensi dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori
Il consenso del lavoratore all’installazione di un sistema di videosorveglianza, reso anche in forma scritta, come nel caso esaminato, non vale a scriminare la condotta del datore di lavoro che abbia collocato tale impianto in violazione delle prescrizioni dettate dalla normativa vigente.

Contatti

Contact Person Picture

Rita Santaniello

Avvocato

Partner

+39 02 6328 841

Invia richiesta

Profilo

Contact Person Picture

Massimo Riva

Avvocato

Associate Partner

+39 02 6328 841

Invia richiesta

Profilo

Skip Ribbon Commands
Skip to main content
Deutschland Weltweit Search Menu