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La compliance nelle transazioni M&A

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Ultimo aggiornamento del 10.03.2021 | Tempo di lettura ca. 4 minuti​



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La tematica della compliance è all'ordine del giorno in quasi ogni azienda. La maggior parte delle imprese di una certa dimensione designa addirittura un responsabile interno, che ha il compito di gestire tutti gli eventuali problemi connessi al concetto di compliance.


Ciononostante, l'importanza della compliance nelle transazioni di M&A viene spesso sottovalutata o trascurata. Tradizionalmente, in questo contesto, l'attenzione si concentra principalmente sul controllo di concentrazioni o sul rispetto di questioni giuslavoristiche o ambientali all'interno delle operazioni di due diligence. I rispettivi esiti trovano poi il loro ingresso nel contratto di acquisizione tramite condizioni sospensive (ad es. ottenimento di autorizzazione dall'autorità antitrust competente) o clausole di garanzia / indennizzo (ad es. nell’ipotesi di rischi ambientali). La tematica della compliance, tuttavia, si spinge anche molto oltre.

PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

In virtù del nuovo regolamento sulla protezione dei dati personali (GDPR) è necessario riflettere, ancora prima di iniziarne lo svolgimento, su come condurre una due diligence nel rispetto delle disposizioni in materia privacy.

Nell’ambito di una due diligence, il potenziale venditore è solito mettere a disposizione un ampio numero di documenti, che spesso sono di natura confidenziale e che in parte contengono anche dati personali, come ad esempio nomi di dipendenti. E’ quindi ormai prassi comune quella di firmare un accordo di riservatezza.

Tuttavia, questo tipo di accordo è vincolante solamente per i firmatari (il venditore e il potenziale acquirente) ma non implica che anche l’eventuale terzo coinvolto (ad es. un dipendente, un cliente o un fornitore) acconsenta alla divulgazione dei suoi dati al potenziale acquirente. Ciò infatti di norma è escluso anche laddove il terzo abbia fornito all'azienda in vendita un’autorizzazione al trattamento dei suoi dati personali: tale autorizzazione infatti si riferisce di solito al rapporto (contrattuale) tra le parti (datore di lavoro/dipendente, cliente/fornitore) e al trattamento dei dati ad esso associato, ma non ricomprende la divulgazione dei dati ad un potenziale acquirente. 

Sono due le soluzioni per ovviare a questo problema:
  1. Nel momento in cui si mettono a disposizione i dati o si allestisce la data room, occorre fare attenzione e assicurarsi che tutti i dati personali siano stati resi irriconoscibili. Questa soluzione, tuttavia, nella prassi risulta essere estremamente difficile.
  2. L'azienda target e/o il venditore e il potenziale acquirente possono giustificare la liceità del trattamento dei dati con un legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi (art. 6, co. 1, lett. f) GDPR). Tale interesse può consistere nell’infattibilità della cessione senza un'analisi preliminare dell'azienda da parte del potenziale acquirente. Pertanto le parti dovrebbero sottoscrivere un accordo che regoli lo scopo del trattamento dei dati da parte del potenziale acquirente così come le misure di sicurezza da rispettare nonché l’eventuale cancellazione dei dati al termine della due diligence.

NORMATIVA SULLA CONCORRENZA

Un altro problema riguarda il fatto che la divulgazione di informazioni possa essere contraria al principio fondamentale del diritto della concorrenza, secondo cui nessuna informazione di natura strategica (ad es. prezzi, condizioni o altre informazioni riservate, come ad es. nuovi prodotti) può essere resa disponibile ai concorrenti. Anche il venditore non sarà necessariamente propenso a rivelare tali informazioni prima della conclusione della transazione, tuttavia i potenziali acquirenti spesso insistono per ottenere almeno alcune informazioni che considerano essenziali ai fini della decisione di acquisizione della target.

Una possibile soluzione in un tale scenario può essere quella di rendere disponibili alcune informazioni sensibili solo ad un gruppo molto ristretto di persone, come ad esempio solamente ai consulenti del potenziale acquirente (il cosiddetto “clean team”). In questo caso, i dati possono essere analizzati ma il risultato dell'analisi viene rivelato al potenziale acquirente solo in forma filtrata, ad esempio affermando che non sono stati rilevati particolari rischi. In questo modo è possibile evitare che il potenziale acquirente - che spesso è, allo stesso tempo, competitor del venditore, almeno fino a quando l'acquisizione non sia completata - tragga dei vantaggi da tali informazioni, o che le parti concludano accordi collusivi.

KYC/DAC6

Ulteriori aspetti riguardanti la tematica della compliance che meritano attenzione nell’ambito di transazioni di M&A possono riguardare inoltre:
  • un’accurata attività investigativa (Know Your Customer - KYC) della parte venditrice compresi i soci e l’organo amministrativo della stessa, in quanto procedimenti pendenti nei loro confronti possono avere delle implicazioni su permessi o autorizzazioni della società target;
  • tenere in debita considerazione la nuova direttiva “DAC6” nell’ambito della strutturazione della transazione da un punto di vista fiscale, in quando è possibile che, a seconda della struttura scelta, potrebbe scaturire un obbligo di segnalazione alle autorità fiscali competenti. Per motivi di spazio purtroppo non ci è possibile trattare la disciplina relativa alla DAC6 in maniera dettagliata, per la quale tuttavia rimandiamo alla nostra sezione degli aggiornamenti (lingua tedesca).

CONCLUSIONI
La tematica della compliance sta continuamente acquisendo una maggiore importanza anche nell’ambito di transazioni di M&A, toccando aree tematiche che non sempre si è portati a considerare. A maggior ragione risulta  ancora più importante pianificare anticipatamente e prevedere misure e accordi adeguati.

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Stefan Brandes

Avvocato, Attorney at law (Germania)

Managing Partner Italia

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