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Rimborso IVA per soggetti UE non residenti in presenza di stabile organizzazione in Italia

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​Ultimo aggiornamento del 4.03.2024 | Tempo di lettura ca. 5 minuti



Con la sentenza n. 25685 del 04 settembre 2023, la Corte di Cassazione ha affrontato un argomento dibattuto in dottrina, ovvero le modalità di rimborso del credito IVA maturato in Italia da parte di soggetti residenti in altri paesi dell’Unione Europea dotati di stabile organizzazione nel nostro paese. Nello specifico, è stato affrontato il tema del rimborso di un credito IVA maturato da un soggetto lussemburghese, dotato di stabile organizzazione in Italia, seppur non direttamente coinvolta nelle operazioni che hanno determinato il credito stesso. 

La sentenza di Cassazione ha confermato quanto previsto dalla normativa IVA italiana ovvero che il rimborso del credito IVA direttamente dall’estero è subordinato all’inesistenza sul territorio nazionale di una stabile organizzazione del soggetto passivo; e che, in caso di presenza di una stabile organizzazione, a prescindere dal coinvolgimento della stessa nelle operazioni passive, la restituzione dell’IVA a credito può avvenire unicamente mediante la posizione IVA della stabile organizzazione, secondo le norme previste per i soggetti stabiliti in Italia.

Per comprendere appieno il quadro normativo di riferimento è necessario risalire indietro di alcuni anni. La prima censura unionale alla disciplina italiana in tema di rimborso IVA a soggetti passivi non residenti risale al 2009 con la sentenza della Corte di Giustizia EU C-244/08. All’epoca di quella sentenza, l’allora vigente art. 38-ter del DPR 633/1972 (“Decreto IVA”) prevedeva che un soggetto passivo UE, residente ai fini IVA in un altro Stato membro ma avente un centro di attività stabile in Italia, non potesse esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA nella liquidazione IVA della stabile organizzazione quando l’operazione generatrice del credito IVA, di cui si chiedeva la detrazione, non era stata effettuata dal centro di attività stabile ma direttamente dallo stabilimento principale. Il soggetto passivo era tenuto, in questa ipotesi, a chiedere il rimborso della suddetta imposta secondo le procedure previste dall’ottava e dalla tredicesima direttiva. Di conseguenza, in caso di mancato coinvolgimento della stabile organizzazione nell’operazione che aveva generato il credito IVA, il rimborso era consentito esclusivamente in modo diretto dall’estero, senza possibilità alcuna di far confluire il credito IVA della sede principale nella posizione IVA della sua stabile organizzazione in Italia. 

In seguito alla citata sentenza unionale, il legislatore italiano è tempestivamente intervenuto al fine di adeguare la norma interna. Con la modifica apportata nel 2009 nell’allora art. 38-ter, oggi rifuso nell’attuale art. 38-bis2 del DPR 622/72, il soggetto UE con credito IVA maturato in Italia, che qui dispone di una stabile organizzazione, non può più chiedere il rimborso del credito IVA dall’estero ma questo dovrà obbligatoriamente confluire nella posizione IVA della stabile organizzazione. Si potrebbe sostenere, che nel cambiamento si è andati da un eccesso all’altro, senza probabilmente cogliere appieno la ratio del dettame unionale. Si è passati infatti da un obbligo per un soggetto UE non residente di richiedere il rimborso direttamente dall’estero, senza poter accedere alla detrazione dell’IVA tramite la stabile organizzazione (se la stabile organizzazione non è intervenuta nell’operazione), al divieto di ottenere il rimborso dall’estero dovendo necessariamente ricorrere alla detrazione dell’IVA con la posizione IVA della stabile organizzazione - anche se la stabile organizzazione non è intervenuta nell’operazione fonte del credito IVA.

Per comprendere invece lo spirito della censura unionale vale ricordare l’esito delle sentenze di Corte di Giustizia con le cause riunite C-318/11 e 319/11, in cui la Corte ha escluso che ad un soggetto residente in un Paese Membro e stabilito anche in un secondo Paese Membro possa essere negato il diritto al rimborso IVA ex Direttiva 2008/9/CE dalle autorità fiscali del secondo quando il contribuente non ha qui la possibilità di effettuare operazioni attive imponibili e quindi di generare debito IVA. Il divieto di rimborso diretto “da portale elettronico” non discende pertanto dalla mera esistenza della stabile organizzazione ma dalla possibilità concreta di utilizzare la stessa per effettuare operazioni che generino debito IVA nel Paese di stabilimento e quindi permettere un recupero più efficiente del credito IVA mediante detrazione. 

Stante l’attuale quadro normativo interno e la sua rigida interpretazione, a nostro modo di vedere non conforme alla giurisprudenza comunitaria, i soggetti UE non residenti in Italia ma qui stabiliti non solo non hanno la possibilità di scelta del metodo di recupero più efficiente del credito IVA qui maturato (detrazione attraverso la posizione IVA della stabile organizzazione oppure rimborso direttamente dall’estero mediante “portale elettronico”) ma dovranno necessariamente sottostare alle stringenti regole, previste per i soggetti residenti, per l’ottenimento del rimborso, come ad esempio la possibilità di richiedere a rimborso la sola minore eccedenza detraibile dell’ultimo triennio (ex art. 30 del DPR 633/1972) oppure l’obbligo di fornire garanzia bancaria o assicurativa a favore dell’Amministrazione finanziaria per le richieste di rimborsi superiori a Euro 30.000 (ex art. 38-bis DPR 633/1972).

Questo ovviamente pone una difformità di trattamento tra un soggetto non residente senza stabile organizzazione che svolge operazioni in Italia direttamente dall’estero, rispetto al soggetto estero che svolge dall’estero le operazioni passive rilevanti ai fini IVA in Italia e che qui dispone di una stabile organizzazione, per quanto non coinvolta nelle operazioni che hanno determinato il credito IVA.

In conclusione, quanto detto porta a ritenere auspicabile un intervento normativo da parte del legislatore italiano, al fine di adattare la norma interna allo spirito unionale sul tema, ovvero rendere possibile per i soggetti non residenti di poter ottenere il rimborso diretto dall’estero, allorché sia presente una stabile organizzazione in Italia, in assenza però di operazioni attive di quest’ultima che generino un debito IVA.

Rimborso dall’estero che deve essere oltremodo possibile, qualora la stabile organizzazione in Italia non solo non svolga operazioni attive imponibili ma che non disponga nemmeno di risorse tecniche e umane necessarie allo svolgimento delle operazioni sul territorio dello Stato.

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