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Il nuovo regime delle Controlled Foreign Companies (CFC) – Semplificazioni e coordinamento con il “Pillar 2”

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Ultimo aggiornamento del 22.02.2024 | Tempo di lettura ca. 5 minuti



A seguito dell’emanazione del decreto legislativo del 27/12/2023 n. 209 (“Dlgs”), attuativo dei principi generali relativi al diritto tributario internazionale, tra i quali vi è, in particolare, la semplificazione del regime delle società estere controllate (o CFC), è stata messa in atto una revisione dei criteri di determinazione del reddito assoggettato a tassazione in Italia anche ai fini di un maggior coordinamento con la disciplina domestica di recepimento della direttiva 2022/2523 in materia di “global minimum tax”.

Secondo quanto previsto dall’art. 7 comma 2 del Dlgs, tali modifiche all’art. 167 del TUIR decorrono dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023 (data di entrata in vigore del decreto).

La disciplina CFC, così come disposta dal nuovo art. 167 del TUIR, stabilisce che, anche in assenza di effettiva distribuzione, debbano essere imputati “per trasparenza” in capo al soggetto italiano i redditi prodotti dal soggetto estero (ente, società o stabile organizzazione) laddove si verifichino congiuntamente i seguenti requisiti: 
  • vi sia controllo diretto o indiretto, così come stabilito dall'art. 2359 c.c., o, in alternativa, che oltre il 50 per cento della partecipazione agli utili sia detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell'art. 2359 c.c;
  • la società estera è assoggettata a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento, calcolato sui dati del bilancio della controllata estera, laddove lo stesso risulti oggetto di revisione o certificazione, o, se la condizione non si verifica o i bilanci non risultano certificati, è assoggettata a tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia;
  • possieda oltre 1/3 dei proventi realizzati derivanti da passive income.

Si ricorda peraltro che, in base a quanto stabilito dalla recente formulazione dell'art. 167 comma 5 del TUIR, vi è comunque la possibilità di disapplicare la disciplina CFC (cd. “esimente”), anche laddove si verifichino congiuntamente tutti i presupposti per cui un’entità venga inquadrata come tale, qualora il contribuente dimostri che la controllata non residente “svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali”.

Tornando alle modifiche apportate dal Decreto del 27/12/2023, rispetto alla previgente disciplina viene semplificato notevolmente il calcolo del tax rate effettivo. In pratica, il novello articolo inquadra come residenti in un Paese a fiscalità privilegiata le entità estere assoggettate a tassazione effettiva inferiore al 15 per cento, sulla base del rapporto tra: la somma delle imposte correnti e di quelle anticipate e differite iscritte nel bilancio d’esercizio della controllata e l’utile ante imposte. 

Tuttavia, tale criterio semplificato risulta applicabile solo laddove il bilancio d’esercizio del soggetto controllato estero sia soggetto a revisione e certificazione da parte di operatori professionali autorizzati nello stato estero. 

Ciò non di meno, laddove vi siano le citate condizioni, detta semplificazione evita ai gruppi multinazionali il complesso calcolo della tassazione “virtuale” domestica dell’ente estero, secondo le regole fiscali italiane, e il conseguente confronto con il livello effettivo di tassazione estera.

Ancora, sempre nella volontà di favorire il coordinamento della nuova disciplina CFC con le regole “Pillar 2”, alla nuova formulazione dell’art. 167, viene introdotto il 4-bis, secondo cui ai fini della verifica della effettiva tassazione dell’entità estera si dovrà tener conto anche dell’imposta minima nazionale equivalente (cd. “QDMTT”), eventualmente assolta dall’entità estera in applicazione della locale disciplina attuativa della “global minimum tax”.

Infine, i nuovi commi 4-ter e 4-quater dell’art. 167 del TUIR stabiliscono che, in alternativa al calcolo del livello di tassazione effettiva, i soggetti controllanti, con riferimento ai soggetti controllati non residenti, possono corrispondere un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15 per cento (anche qui, coerentemente al “tasso soglia” previsto dalle regole “Pillar 2”) dell’utile contabile netto dell’esercizio calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi.

Si tratta di un regime facoltativo che, attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva, prevede differenti semplificazioni. Infatti, attraverso l’assolvimento della stessa, si è esentati dalla determinazione della tassazione effettiva del soggetto controllato estero sia dal lato della base imponibile sia dal lato dell’aliquota impositiva. Inoltre, l’opzione in esame consentirebbe di evitare l’imputazione per trasparenza del reddito della controllata estera, senza l’eventuale necessità della verifica/dimostrazione dello svolgimento dell’attività economica effettiva. Rimane da chiarire se sia possibile utilizzare come credito d’imposta le imposte versate all’estero dalla controllata non residente.

L’opzione per l’imposta sostitutiva è irrevocabile per tre anni e tacitamente rinnovabile; inoltre, segue la regola “all in/all out” secondo cui il regime opzionale si applica per tutte le CFC che conseguono redditi passive per almeno un terzo dei proventi complessivi, evitando il cosiddetto cherry picking.

Per ultimo, si evidenzia come il regime CFC applicabile alle entità estere, così come la convenienza economica relativa all’applicazione dell’imposta sostitutiva, dovrebbero essere valutati congiuntamente con la disciplina dettata dal combinato disposto degli art. 89 e 47 bis del TUIR, in merito ai dividendi provenienti dai soggetti residenti o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.​

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