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Lavoratori Impatriati: novità normative e recenti interpretazioni in materia di smart working

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​​​Ultimo aggiornamento del 21.02.2022 | Tempo di lettura ca. 5 minuti


È inevitabile che ogni norma fiscale agevolativa che porta indubbi vantaggi a una determinata categoria di contribuenti in qualche modo scontenti gli esclusi. Questo era avvenuto quando la Legge di Bilancio 2021 (L. 30 dicembre 2020 n. 178, art. 1, c. 50) aveva esteso la platea dei beneficiari delle nuove, generose, agevolazioni per “Lavoratori Impatriati”, originariamente introdotte con il Decreto Crescita (DL 34/2019, art. 5), anche a chi di loro avesse assunto la residenza fiscale in Italia prima della “data-limite” del 30 aprile 2019. 

L’estensione da 5 a 10 periodi di imposta in presenza di uno o più figli minorenni o in caso di acquisto di un'unità immobiliare residenziale in Italia fu in tal modo concessa su base opzionale anche a chi era rientrato prima della modifica normativa, previo pagamento di un importo una tantum calcolato in misura pari a 5 per cento o al 10 per cento, a seconda dei casi, della quota di redditi oggetto dell’agevolazione nell’anno precedente.

Gli “scontenti” erano rappresentati dalla platea, per quanto limitata in numeri assoluti, di “Docenti e Ricercatori”, che per primi, a decorrere dal 2010, hanno potuto fruire di generosi sconti fiscali (esenzione del 90 per cento del reddito prodotto) se fossero rientrati in Italia per risiedere e svolgere attività di ricerca e docenza (da ciò l’espressione di uso comune “Rientro dei Cervelli”). 

Per loro infatti non era stata prevista alcune possibilità di prolungamento per chi era rientrato nel paese prima del 2020 e godeva pertanto dell’agevolazione nella sua formulazione precedente, meno vantaggiosa.

A questa disparità ha posto rimedio la recente legge di bilancio 2022 (L. 30 dicembre 2021, numero 234): l'art. 1 c. 763 della stessa ha introdotto infatti la facoltà, anche per docenti e ricercatori trasferitisi in Italia prima del 2020, di richiedere il prolungamento della durata del regime agevolativo, originariamente previsto dall'art. 44 del DL 78/2010, mediante assolvimento di un onere una tantum. 

La durata “ordinaria” del regime, pari a 4 anni, può pertanto essere prolungata a 8 anni in caso di acquisto di un immobile in Italia o di un figlio a carico, o fino a 11 o 13 anni se il numero di figli a carico aumenta, come previsto per i docenti e ricercatori rientrati dal 2020 in poi. 

Desta qualche perplessità, e prevedibilmente porterà nuovi contenziosi in un già ricco filone giurisprudenziale, il requisito dell’iscrizione all’AIRE al fine di poter optare per il prolungamento: tale impostazione può dirsi superata dalla formulazione delle norme agevolative attuali, che prevedono espressamente la possibilità di dimostrare la residenza fiscale sulla base dei principi convenzionali (l’abitazione permanente, il “centro di interessi vitali”).

In ogni caso, con questa ulteriore modifica normativa anche le regole per docenti e ricercatori risultano allineate nel meccanismo a quelle previste per la generalità dei lavoratori impatriati. 

Ricordiamo infatti che attualmente tutti i lavoratori, sia cittadini italiani che di paesi UE o Extra-UE, che vengono a svolgere la loro attività in Italia dopo almeno due anni di permanenza all’estero e vi rimangono per almeno due anni possono godere di generosi sconti fiscali: è prevista infatti un’esenzione “base” del 70 per cento del reddito (che può incrementarsi al 90 per cento in caso la residenza sia fissata in alcune regioni svantaggiate del centro-sud) della durata di cinque periodi di imposta. 

Il periodo agevolato può essere prolungato automaticamente, con quota di esenzione dei redditi pari al 50 per cento, fino a 10 periodi di imposta se il lavoratore ha almeno un figlio a carico o acquista un immobile di tipo residenziale in Italia. 

Se i figli a carico sono tre, la quota agevolata dei redditi nel periodo di prolungamento sale al 90 per cento.

Si evidenzia in particolare che con la normativa in vigore non sono più previsti requisiti relativi all'elevata qualificazione dei lavoratori, per cui ogni individuo che produce redditi di lavoro dipendente (o assimilato), di lavoro autonomo oppure d’impresa può fruire del regime agevolativo.

In tempi di pandemia è inoltre opportuno sottolineare la recente apertura dell’Agenzia delle Entrate in tema di smart working: con la risposta a interpello n. 596 del 16 settembre 2021 l’Amministrazione Finanziaria ha ammesso al regime agevolativo un cittadino italiano da anni residente all’estero che tornava a risiedere abitualmente in Italia ma continuava a svolgere in sostanziale continuità la sua attività lavorativa per il medesimo datore di lavoro non residente in modalità smart working. 

In questo caso l’Agenzia ha adottato un’interpretazione estensiva, che non prevede la necessità di una discontinuità “nel contenuto” della prestazione lavorativa per poter beneficiare dell’agevolazione all’atto del rientro nel paese. 

Questa impostazione confligge con quella assunta in merito di distacco dei lavoratori, fattispecie in cui l’Amministrazione Finanziaria è invece ferma nel sostenere la necessità, per poter essere ammessi all’agevolazione, di un marcato carattere di discontinuità del rapporto una volta che il lavoratore distaccato all’estero torna in Italia, come da ultimo ribadito nella circolare n. 33/2020.

Autore:
Irene Menegon - Manager

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