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La CSDDD è approvata: presente e futuro della nuova direttiva

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​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 26.04.2024 | Tempo di lettura ca. 6 minuti



Il 15 marzo gli ambasciatori degli Stati membri dell'Unione Europea riuniti presso il Comitato dei Rappresentanti permanenti COREPER hanno votato a favore della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). 

Nota anche come Supply Chain Act, la Direttiva sul Dovere di Diligenza nasce per stabilire norme riguardanti le responsabilità delle grandi aziende in relazione agli impatti negativi, effettivi e potenziali, sull'ambiente e sui diritti umani delle proprie attività di impresa, delle società controllate e lungo l’intera catena del valore. Il via libera definitivo è arrivato, infine, dal Parlamento Europeo nella giornata del 24 aprile, che approva la direttiva con 374 voti a favore, 235 voti contrari e 19 astenuti. 

Si è molto discusso in merito alla futura utilità della CSDDD. Molto ancora si è detto – soprattutto in negativo – circa le speranze di approvazione del testo. Tuttavia, l’inaspettato momento è arrivato: la CSDDD è stata ufficialmente approvata. 

Il nuovo testo della Direttiva ufficialmente approvato in Consiglio vede, però, significative modifiche in ordine tanto al modus operandi quanto ai confini della catena del valore e all'approccio al rischio.

La soluzione “di compromesso” proposta dal Belgio ha un nucleo centrale: meno aziende dovranno adottare la CSDDD rispetto a quanto originariamente pianificato.

Il perimetro di applicazione della Direttiva sarà infatti ristretto, concentrando gli oneri sulle società di grandi dimensioni. Queste ultime sarebbero, secondo una nota di Palazzo Chigi, “meglio in grado di monitorare le proprie catene di approvvigionamento e di contribuire alla mitigazione degli effetti delle attività economiche sui cambiamenti climatici”. 

Dovremmo tuttavia meglio approfondire questa affermazione. Infatti, sono esemplificativi, in senso contrario rispetto a quanto riportato nella nota di cui sopra, i recenti casi giudiziari che hanno coinvolto due grandi Maison italiane, entrambe assoggettate ad amministrazione giudiziaria per non aver verificato la reale capacità imprenditoriale delle aziende sub-appaltatrici omettendo, per altro, la vigilanza mediante ispezioni per verificare le reali condizioni di lavoro. Alle aziende sub-appaltatrici viene contestato il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all’art. 603-bis del Codice penale (cosiddetto “caporalato”). Potrebbe quindi essere presa in considerazione la possibilità che le aziende di grandi dimensioni non siano nella pratica ancora in grado di effettuare una vigilanza effettiva sulla propria filiera.

Tra le altre previsioni, il nuovo testo supera la distinzione tra settori (nella originaria proposta erano previsti limiti dimensionali più bassi per le imprese operanti in settori ‘ad alto rischio’), mentre l'introduzione della normativa avverrà in tempi più lunghi e scaglionati per dimensione dell’impresa.

La Direttiva ha un’importanza tale per cui la velocità e l’efficacia dell’applicazione di quest’ultima sembrerebbero essere requisiti necessari. Importanza che trova le sue fondamenta nei principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani, che saranno per la prima volta codificati nel diritto dell'UE obbligando le imprese a condurre una due diligence ambientale e sui diritti umani nelle loro catene del valore.

Nel frattempo, la direttiva si avvicina ora al traguardo finale. Dopo il via libera del Parlamento nella votazione in sessione plenaria del 24 aprile, il testo definitivo dovrà essere formalmente adottato dal Consiglio UE a maggio, prima di essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore dopo 20 giorni.  Ciò significa che, entro giugno, la direttiva sarà ufficialmente adottata, dando il via al processo di recepimento e attuazione a livello nazionale.

Ambito operativo ridotto​

A seguito di diversi tentativi falliti nelle ultime settimane, la versione finale approvata ha significativamente ridotto il proprio ambito operativo. 

Le norme introdotte si applicheranno, infatti, alle aziende che operano nell'Unione Europea e che hanno più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto mondiale superiore a 450 milioni di EURO.

Una riduzione nel campo applicativo notevole rispetto alla soglia che era stata concordata a dicembre 2023 da Parlamento e Consiglio, che ricomprendeva nel proprio perimetro le grandi imprese UE con più di 500 dipendenti e un fatturato netto mondiale di 150 milioni di EURO. Vedremo, dunque, meno aziende nell'UE ed extra-UE coperte dalla Direttiva. Inoltre, come già detto precedentemente, l'approccio differenziato per i settori ad alto rischio, il cui limite risultava ancora più basso (aziende con oltre 250 dipendenti e con fatturato superiore a 40 milioni di EURO, di cui 20 generati in uno dei settori considerati ad alto rischio), è stato momentaneamente accantonato. 

La proposta originale della Francia di un limite di 5.000 dipendenti avrebbe escluso circa l'80 per cento delle aziende. Da questa prospettiva, il compromesso finale è sicuramente più praticabile, anche se l’esclusione di una larga parte delle imprese appare stridere con l’urgenza della loro responsabilizzazione, resa palese dalle sempre più frequenti notizie di attualità in materia di ambiente e di diritti umani. 

Tuttavia, se è vero che i cambiamenti riducono l'ambito di applicazione della CSDDD urtando con l’urgenza degli obiettivi perseguiti dalla Direttiva, è vero anche che la riduzione non opera al punto tale da renderla del tutto inefficace. A prescindere dai casi giudiziari prima citati - frutto anche di una possibile e circoscritta colpa delle grandi imprese -, le attività di screening e rimodulazione dei rapporti contrattuali in chiave ESG riguarderanno, indirettamente, anche le imprese sotto la soglia prevista dalla nuova direttiva: permette di non escludere tout court l’efficacia del nuovo testo della CSDDD il fatto che le piccole e medie imprese, in Italia e negli altri paesi europei, rappresentano il cuore delle supply chain a servizio dei big dell’industria.

Tempi di applicazione della Direttiva dilatati​

Il compromesso suggerisce di introdurre gradualmente la CSDDD: le aziende con più di 5.000 dipendenti e un fatturato di 1,5 miliardi di EURO dovranno conformarsi dopo tre anni; dopo quattro le aziende con 3.000 dipendenti e un fatturato di 900 milioni di EURO; mentre, infine, le aziende con 1.000 dipendenti e un fatturato di 450 milioni di EURO dovranno conformarsi dopo cinque anni. Questo cambiamento è un grande compromesso perché significa che molte aziende saranno coinvolte dalla CSDDD solo verso la fine del decennio. 

Modifica alla responsabilità civile​

Sono state apportate modifiche anche alla clausola di responsabilità civile, dando agli Stati membri maggiore flessibilità: per garantire che le vittime di impatti negativi abbiano un accesso effettivo alla giustizia e al risarcimento, gli Stati membri devono infatti stabilire norme interne che non vadano a creare in alcun modo pregiudizio rispetto a quanto già stabilito dalla Direttiva del 2004 in materia di responsabilità da danno ambientale. 

Le motivazioni​

È probabile che questo accordo sia stato mediato per conquistare Francia e Italia, entrambi paesi che hanno molti voti ponderati per la popolazione nel Consiglio: senza la loro approvazione sarebbe stato impossibile far passare la CSDDD. 

Nonostante la resistenza legislativa agli sforzi esercitati, tesi al boicottaggio della Direttiva, è stato infine ottenuto il consenso essenziale di alcuni Paesi riluttanti: ciò ha significato, però, ridurre le ambizioni iniziali della Direttiva. 

Il risultato, in sintesi, è che la Direttiva si applicherà solo alle imprese più grandi: questo significa che quasi il 70 per cento delle aziende che sarebbero state coperte nella precedente bozza saranno ora esentate. 

Con il voto in COREPER, la lunga saga per l’approvazione della CSDDD volge quindi al termine. Dopo rinvii e bocciature, il prezzo dell’accordo è stato sin da subito visibile e chiaro: una significativa diluizione del livello di ambizione del testo.

Autori:
Rita Santaniello - Partner
Pasquale Lazzaro - Intern

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