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Contenzioso sul clima: la storica sentenza della CEDU

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​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 11.04.2024 | Tempo di lettura ca. 4 minuti


La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con pronuncia del 9 aprile 2024, a seguito del ricorso n. 53600/20, presentato contro la Svizzera dalla Verein Klima Seniorinnen Schweiz and Others, ovvero dall’associazione elvetica “Anziane per il clima Svizzera” e da altri singoli ricorrenti, ha condannato la Svizzera con una sentenza storica in cui per la prima volta si lega la tutela dei diritti umani al rispetto degli obblighi sul clima.

In particolare, nel loro atto, le ricorrenti "chiedevano alla Corte di obbligare la Svizzera a intervenire a tutela dei loro diritti umani, e di adottare i provvedimenti legislativi e amministrativi necessari per contribuire a scongiurare un aumento della temperatura media globale di oltre 1,5 gradi centigradi, applicando obiettivi concreti di riduzione delle emissioni di gas serra".

L'associazione di anziane donne che ha convenuto in giudizio la Svizzera ha visto il parziale accoglimento delle proprie domande. La CEDU, escludendo la violazione dell'articolo 2, ha infatti condannato lo Stato elvetico per aver violato invece l'articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, ovvero il diritto al rispetto della vita privata e familiare. 

In particolare, secondo la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la Svizzera "non ha adempiuto ai suoi obblighi in materia di cambiamenti climatici" e "ci sono state deficienze critiche nel processo che doveva permettere di creare un quadro normativo, compresa l'incapacità delle autorità di quantificare attraverso un bilancio del carbonio o in altro modo i limiti delle emissioni nazionali di gas a effetto serra". Per i giudici di Strasburgo "un'azione inadeguata dello Stato per combattere i cambiamenti climatici aggrava i rischi di conseguenze dannose e minaccia il godimento dei diritti umani", violando l'articolo 8 della Convenzione dei Diritti dell'Uomo.

La CEDU ha invece rigettato due casi analoghi presentati rispettivamente da sei giovani attivisti portoghesi e dall’ex sindaco di Grande-Synthe, in Francia. 

La sentenza costituisce in ogni caso un precedente molto importante, nel senso che potrebbe servire da riferimento in altri casi relativi al cambiamento climatico. Di fatto, il provvedimento potrebbe essere applicabile anche ai 46 Stati membri del Consiglio d'Europa. Infatti, nella sentenza, la CEDU spiega che le autorità nazionali hanno un "margine di apprezzamento" e possono scegliere le misure da attuare per raggiungere i loro obiettivi. Uno Stato deve quindi avere obiettivi precisi in termini di riduzione dei gas serra, un bilancio del carbonio o qualsiasi altro metodo equivalente per quantificare le future emissioni di gas serra, nonché un meccanismo di monitoraggio per verificare che tali obiettivi siano raggiunti.

In Italia solo poche settimane fa il Tribunale di Roma, con propria sentenza datata 26 febbraio 2024, ha respinto il ricorso della “campagna Giudizio Universale” che raccoglieva circa 200 soggetti. Il Giudice adito ha ritenuto inammissibile la causa contro l'inazione dello stato italiano sulla crisi climatica e l'abbassamento delle emissioni ma solo per una questione processuale ovvero per difetto di giurisdizione. In particolare, nella sentenza si legge quanto segue: “l’interesse di cui si invoca la tutela risarcitoria ex artt. 2043 e 2051 c.c. non rientra nel novero degli interessi soggettivi giuridicamente tutelati, in quanto le decisioni relative alle modalità e ai tempi di gestione del fenomeno del cambiamento climatico antropogenico - che comportano valutazioni discrezionali di ordine socio-economico e in termini di costi-benefici nei più vari settori della vita della collettività umana - rientrano nella sfera di attribuzione degli organi politici e non sono sanzionabili nell’odierno giudizio”.

[…] Invero, riguardo alla domanda proposta, in via subordinata, volta ad ottenere una modifica del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) si legge che […] “le asserite carenze del piano sotto il profilo della adeguatezza, coerenza e ragionevolezza rispetto a tali obiettivi nel nostro ordinamento sono censurabili dinanzi al Giudice amministrativo”. Vedremo se la sentenza del Tribunale di Roma sarà oggetto di appello.

Nel frattempo, alla luce invece della recentissima e storica sentenza della CEDU che ha visto la condanna della Svizzera si può invece immaginare che ora altre associazioni - anche italiane - verificheranno la possibilità di intentare azioni simili presso la CEDU.

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