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Il parlamento europeo dà il via libera alla direttiva green claims

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​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 27.03.2024 | Tempo di lettura ca. 4 minuti


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Il Parlamento Europeo ha adottato in plenaria la posizione sulla Direttiva green claims (Direttiva sulle dichiarazioni ecologiche). La direttiva in questione obbligherebbe le aziende a fornire una documentazione di sostegno alle loro dichiarazioni di marketing ambientale su un determinato prodotto o servizio. 

Qual è il significato concreto di questa direttiva? Il Parlamento Europeo ha voluto cambiare il modo in cui le aziende pubblicizzano e legano i loro prodotti a dichiarazioni ambientali, istituendo un sistema di verifica e di pre-approvazione demandato ad un’autorità specifica, per contrastare l’uso di annunci di marketing ingannevoli. Ciò, proprio al fine di contrastare il fenomeno del greenwashing (c.d. ambientalismo di facciata) in base al quale vengono utilizzate affermazioni sulla sostenibilità false o fuorvianti, quali, ad esempio, prodotti “biodegradabili”, “meno inquinanti” oppure ancora “a base di materie prime ecologiche” tali da essere in grado di ingannare i consumatori. 

Occorre evidenziare in questo luogo che, fra le dichiarazioni sulla sostenibilità sono ricomprese anche tutte le caratteristiche sociali di un prodotto o gli aspetti relativi alla circolarità, quali la durabilità, la riparabilità o la riciclabilità, mediante la presentazione generale di un prodotto. 

Al giorno d’oggi, i consumatori orientano le loro decisioni, in materia di acquisti, sempre più verso la sostenibilità. È proprio questo uno dei punti chiave della direttiva: garantire che le dichiarazioni ambientali su un dato prodotto siano supportate da documentazioni concrete in modo tale da fornire al consumatore gli strumenti adeguati ad adottare una scelta più consapevole e libera da informazioni fuorvianti ed ingannevoli. 

Lo scenario contemporaneo sul greenwashing viene illustrato anche dal relatore della commissione per il mercato interno Andrus Ansip (Renew, EE) il quale dichiara che: "Gli studi dimostrano che oltre il 50 per cento delle dichiarazioni ambientali sono vaghe, fuorvianti o infondate. Non possiamo parlare di consumatori soddisfatti se ogni altra affermazione verde è falsa. Non possiamo parlare di parità di condizioni per i nostri imprenditori se alcuni attori di mercato stanno barando”.

In queste parole è racchiuso un altro punto chiave: la parità di condizioni fra imprese. L’istituzione di norme più rigide in materia di dichiarazioni ambientali eviterebbe il fenomeno per il quale alcune imprese, “barando”, utilizzano dei green claims senza aver posto in essere azioni concrete, misurabili e verificate, in materia di sostenibilità, a scapito delle imprese che invece hanno effettivamente investito in tale ambito oltre che a scapito del diritto dei consumatori ad una libera e consapevole auto-determinazione. 

Oltre a ciò, si vedrebbe crescere la concorrenza fra imprese a immettere sul mercato prodotti falsamente presentati come sempre più sostenibili al fine di assicurarsi il maggior numero di consumatori. 

La direttiva, adottata in prima lettura con 467 voti favorevoli, 65 contrari e 74 astensioni, oltre a integrare la norma europea sul contrasto al greenwashing, prevede che le dichiarazioni e le relative prove di sostegno siano valutate nell’arco temporale di 30 giorni. Sarebbero inoltre previste procedure semplificate nel caso di dichiarazioni e prodotti per i quali la verifica risulti più rapida o semplice. 

Per quanto riguarda invece l’ambito di applicazione soggettivo, le microimprese risultano escluse dalla normativa in questione. Invece, le piccole e medie imprese beneficerebbero di un anno di tempo in più per conformarsi al dettato normativo rispetto alle aziende di grandi dimensioni. 

La proposta dei deputati del Parlamento Europeo sulle sanzioni da irrogare in caso di infrazioni prevede l’esclusione temporanea dalle gare d'appalto pubbliche, la perdita dei propri ricavi e ammende pari almeno al 4 per cento del fatturato annuo dell’azienda.

Il testo sembra prevedere una “via di uscita” per quanto riguarda i divieti imposti in materia di green claims relativi alle emissioni: tendenzialmente, le dichiarazioni ecologiche basate su sistemi di compensazione del carbonio (ad esempio "compensazione climatica”) dovrebbero essere vietate. Ad ogni modo, il Parlamento Europeo ha deciso che sarà possibile utilizzarli come extrema ratio, qualora le aziende abbiano già fatto il massimo per ridurre le proprie emissioni. La compensazione (il c.d. credito di carbonio) deve essere in ogni caso certificato. Le modalità di certificazione appaiono ancora poco chiare, nonostante il Parlamento Europeo faccia riferimento al “quadro di certificazione per la rimozione del carbonio”. 

È evidente che, la poca chiarezza sui sistemi di certificazione dei claims, basate su sistemi di compensazione di carbonio, faccia permanere il rischio che la dichiarazione ambientale sconfini nell’ambito di greenwashing. 

Un’ulteriore proposta del Parlamento Europeo riguarda le dichiarazioni ambientali sui prodotti contenenti sostanze pericolose. Tali dichiarazioni saranno permesse per il momento, difatti i deputati hanno voluto rimettere la decisione alla Commissione.​​

Autori:
Rita Santaniello - Partner
Elena Bonvini - Intern

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