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CSR e Greenwashing

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Ultimo aggiornamento del 3.01.2022 | Tempo di lettura ca. 4 minuti


Il tribunale italiano si pronuncia sulla diffusione di messaggi pubblicitari o informazioni non verificabili sulla natura “green” del prodotto commercializzato sanzionando il cd. “Greenwashing”.

È del novembre 2021, un’importante ordinanza resa dal Tribunale di Gorizia (ordinanza resa nell’ambito del procedimento cautelare iscritto al n. r.g. 712/2021) con cui il Tribunale ha inibito a parte resistente, la società Miko S.r.l., la diffusione su internet, reti televisive, quotidiani, stampa e volantini, di messaggi pubblicitari ingannevoli ed ogni informazione non verificabile sul contenuto di materiale riciclato nel prodotto, con fissazione di relativa penale in caso di mancato ovvero ritardato adempimento al predetto ordine.

L’ordinanza emessa in sede cautelare è di grande rilievo perché porta nei tribunali civili italiani la tematica del cd. Greenwashing che fino ad oggi è stata oggetto di esame solo da parte dell’Antitrust (AGCM) e dell’Istituto di Autodisciplina pubblicitaria.

Nel cd. Greenwashing rientrano tutti i tentativi di aziende o brand di mostrarsi pubblicamente più attenti, sensibili ed attivamente impegnati in questioni ambientali di quanto lo siano effettivamente.

Il Tribunale di Gorizia nella propria pronuncia “a fronte di un’espansione rapida del fenomeno patologico del Greenwashing”  ha riconosciuto che "la sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un'impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto" per cui le "dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile".

Le norme che il Giudice friulano ha richiamato nella propria ordinanza sono le norme sulla concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3, codice civile, le norme europee a tutela del consumatore quali l’art. 169 TFUE (già art. 153), l’art. 12 TFUE, l’art. 38 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché il d.lgs. n. 145/2007 (con particolare riferimento all’art. 2, lett. A) sulla pubblicità ingannevole) ed il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale che all’art. 12 recita: “La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. 

Tale comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono” ed ancora la giurisprudenza autodisciplinare (decisioni del Giurì e ingiunzioni definitive del Comitato di Controllo) sul tema.

Nel caso di specie, il contenzioso era stato promosso dalla società Alcantara S.p.A. in danno della società concorrente Miko S.r.l., in relazione ai seguenti messaggi pubblicitari: “scelta naturale, amica dell’ambiente, la prima e unica microfibra che garantisce eco-sostenibilità durante il ciclo produttivo, microfibra ecologica, riciclabilità totale del tessuto al termine del ciclo di utilizzazione, riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2, etc.” che sono stati ritenuti dal Giudice friulano in grado di creare nel consumatore un’immagine green dell’azienda “senza peraltro dar conto effettivamente di quali fossero le politiche aziendali che consentano un maggior rispetto dell’ambiente e riducano effettivamente l’impatto che la produzione e commercializzazione di un tessuto di derivazione petrolifera possono determinare in senso positivo sull’ambiente e sul suo rispetto”.

La citata pronuncia del Tribunale di Gorizia apre dunque la strada in Italia al contenzioso in tema di Greenwashing tra aziende e tra consumatori e aziende.

Ma non solo. Più in generale, l’aumento dell’attenzione per le politiche sostenibili e per l’ambiente appare destinato anche in Italia (come già si verifica ad esempio negli Stati Uniti ed in Australia) a spingere sia il contenzioso “ecologico” che, più in generale, il contenzioso “climatico” e “sociale” contro le aziende, volto alla riduzione delle emissioni ovvero ad una verifica dei bilanci di sostenibilità delle aziende medesime.

La Corporate Social Responsability (CSR), ovvero l’insieme di politiche, comportamenti e attività responsabili che un’impresa adotta sia al suo interno che all’esterno in favore del contesto sociale e ambientale  assume dunque sempre più un contenuto non solo etico, ma anche legale.

E’ bene dunque che le aziende pongano sempre più attenzione a questa tematica, anche sotto un profilo legale e si adoperino per effettuare una corretta comunicazione green, conforme alle normative tecniche ISO sulle questioni etiche e ambientali, avvalendosi di professionisti specializzati ed enti certificatori che possano riconoscere l'impegno delle aziende in tal senso.

Ciò anche al fine di evitare che la propria azienda venga convenuta in giudizio, con tutte le conseguenze pregiudizievoli, economiche e di immagine, che un’eventuale pronuncia giudiziaria sfavorevole potrebbe comportare.  

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