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Processo Civile: la sospensione delle procedure esecutive

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​Ultimo aggiornamento del 19.11.2021 | Tempo di lettura ca. 4 minuti


La normativa emergenziale che ha sospeso le procedure esecutive aventi ad oggetto “l’abitazione principale del debitore” è stata dichiarata incostituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 24, commi 1 e 2, Cost.. 

Con la sentenza n. 128, depositata lo scorso 22 giugno, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 13, comma 14, del D.L. 183/2020, nella parte in cui ha disposto la proroga fino al 31 giugno 2021 dell’art. 54 ter del D.L. 18/2020, con cui il legislatore ha previsto la sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto “l’abitazione principale del debitore”.

In particolare, con l’art. 54 ter del D.L. 18/2020, il legislatore aveva disposto la sospensione di “ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare (…) che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore”, fino al 30 giugno 2020, termine poi prolungato in sede di conversione al 1° settembre 2020 e successivamente prorogato più volte, da ultimo, con il D.L. 183/2020, all’art. 13, comma 14, sino al 31 giugno 2021.

Tale ultima proroga, però, ha sollevato dubbi e perplessità da parte dei Tribunali stante il miglioramento della situazione sanitaria nazionale, tanto che il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ed il Tribunale di Rovigo hanno sollevato le questioni di legittimità costituzionale che hanno condotto alla sentenza in esame.

In particolare, infatti, il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, stante l’art. 54 ter del D.L. 18/2020 e successive proroghe, ha lamentato l’impossibilità di rinnovare la delega a vendere al professionista delegato in quanto il bene pignorato costituiva “l’abitazione principale” del debitore esecutato, sebbene la procedura esecutiva fosse stata incardinata nel 2014.

Il Giudice dell’esecuzione ha quindi sollevato dubbi circa la legittimità costituzione della norma rispetto agli art. 24 e 3 Cost. in quanto l’art. 54 ter, o quantomeno le sue successive proroghe, avrebbero dovuto prevedere criteri più specifici per la sospensione delle procedure esecutive posto che il riferimento al solo concetto di “abitazione principale” sarebbe troppo generico, poiché slegato dalla capacità reddituale del debitore. Nello stesso senso la valutazione compiuta dal Tribunale di Rovigo nell’ambito di una procedura esecutiva pendente dal 2019. 

In forza delle ordinanze in parola, la Corte Costituzionale è stata dunque investita della questione di legittimità dell’art. 13, comma 14, del D.L. 183/2020, con cui è stata prevista la proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto gli immobili adibiti ad abitazione principale del debitore e della sua famiglia fino al 30 giugno 2021. 

La Consulta, aderendo alle ricostruzioni avanzate dai Tribunali di merito, ha sancito l’illegittimità costituzionale della norma in esame per contrasto con gli artt. 3 e 24, commi 1 e 2, Cost.. 

Nel giungere a tale conclusione, la Corte Costituzionale ha ripercorso i tratti salienti con cui il legislatore ha affrontato nell’ambito del processo civile l’emergenza sanitaria, suddividendoli in tre differenti fasi:
  • una prima, caratterizzata dalla completa paralisi della quasi totalità dell’attività degli uffici giudiziari e del processo civile e penale; 
  • una seconda fase, in cui i Presidenti degli uffici giudiziari hanno introdotto nuove misure organizzative volte a contenere i contagi e garantire la ripresa dell’attività processuale; ed infine
  • una terza fase, in cui si sono state stabilizzate alcune delle cautele precedentemente introdotte nell’ottica di un graduale ritorno alla normalità e alla corretta ripresa dei servizi e del processo civile e non.

Muovendo da tale assunto, la Corte di legittimità ha evidenziato che già a decorrere dalla seconda fase sarebbe stata ragionevole o quantomeno auspicabile una graduale ripresa di tutti i processi civili, comprese anche le procedure esecutive. Conseguentemente è stata dichiarata l’incostituzionalità della disposizione normativa con cui il legislatore ha posticipato la sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore oltre la data del 31 dicembre 2020 per l’evidente contrasto con le norme costituzionali.

Infatti, in forza dell’art. 24, commi 1 e 2, Cost., la tutela del creditore in sede esecutiva “è componente essenziale del diritto di accesso al giudice: l’azione esecutiva rappresenta uno strumento indispensabile per l’effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore”. 

Ne deriva, dunque, che “la sospensione delle procedure esecutive deve costituire un evento eccezionale”; pertanto, “un intervento legislativo che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore può ritenersi giustificato” esclusivamente “da particolari esigenze transitorie” purché tale “svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale”.

Deve, cioè, sussistere un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, da valutarsi tenuto conto della proporzionalità dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalità perseguite. Conseguentemente, anche nell’ipotesi in cui sia in discussione il diritto all’abitazione del debitore esecutato, la sospensione delle procedure esecutive potrà essere disposta solo a fronte di circostanze eccezionali e per un periodo di tempo limitato. 

Pertanto, vista anche l’evoluzione ed il miglioramento della situazione emergenziale, il legislatore avrebbe dovuto “specificare i presupposti soggettivi e oggettivi della misura, anche eventualmente demandando al vaglio dello stesso giudice dell’esecuzione il contemperamento in concreto degli interessi in gioco”  e ciò nell’ottica di limitare il sacrificio richiesto ai creditori in un periodo di evidenti difficoltà che hanno messo alla prova l’intera collettività, nessuno escluso.

Premesso tutto quanto sopra, occorre, però, precisare che, nel marzo del 2021, ossia prima che la Corte Costituzionale si pronunciasse con la sentenza in esame, con il D.L. 41/2021, convertito nella L. 69/2021, all’articolo 40-quater, rubricato “Disposizioni per la cessazione della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili”, il legislatore ha stabilito:
  • la proroga dei provvedimenti di rilascio adottati tra il 28 febbraio 2020 e il 30 settembre 2020 fino al 30 settembre 2021; e
  • la proroga fino al 31 dicembre 2021 dei provvedimenti di rilascio adottati successivamente e fino al 30 giugno 2021.

La Corte di legittimità, con una pronuncia del 20 ottobre 2021, che si pone apparentemente in contrasto con quella in commento, ha sancito la legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 13, del D.L. 183/2020 e del citato articolo 40 quater del D.L. 41/2021, relativamente alla proroga del blocco degli sfratti  fino alla fine del 2021, per le morosità maturate durante la pandemia.

In realtà, nel primo caso, la Corte ha valutato il caso della procedura esecutiva avente ad oggetto l’abitazione principale, mentre nel secondo caso, lo specifico tema degli sfratti.

È evidente, però, come il mutevole panorama normativo e giurisprudenziale necessiti a questo punto di un intervento chiarificatore da parte del legislatore.

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