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Trattamento di dati particolari relativi alla disabilità

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​Ultimo aggiornamento del 7.11.2022 | Tempo di lettura ca. 3 minuti


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L'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali e la Corte di Cassazione si sono pronunciate per due volte di seguito (e in tempi molto brevi) sul trattamento di dati particolari relativi alla salute e, in particolare, alla specifica condizione medica, direttamente o indirettamente, connessa alla disabilità nell'ambito del rapporto di lavoro pubblico.  Naturalmente, i principi delineati nei provvedimenti in commento possono essere applicati anche a candidati e dipendenti nell’ambito del rapporto di lavoro privato.

Nel primo caso, l'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ha rilevato che il riferimento "104" è sufficiente a violare la normativa sulla privacy. Pertanto, l'Autorità - con l’ordinanza ingiunzione doc. web n. 9811361, registro dei provvedimenti n. 290 del 1° settembre 2022 - ha comminato una sanzione pari a 4.000,00 euro ad un liceo statale che aveva (per errore) pubblicato sul proprio sito web una circolare interna sul piano ferie del personale collaboratore scolastico e recante, in allegato, un prospetto contenente informazioni relative alle assenze dal servizio richieste dai singoli dipendenti, con l’espressa indicazione delle specifiche causali di assenza (riportate mediante formule sintetiche o acronimi) tra le quali, il riferimento alla fruizione dei benefici derivanti dalla legge n. 104/1992 ("Legge quadro per l'assistenza ai disabili"), riportando la dicitura: “104”. 

Tale divulgazione è stata considerata dal Garante come un'impropria diffusione e trattamento dei dati particolari degli interessati. Con specifico riferimento alla natura dei dati divulgati, l'Autorità ha evidenziato che non poteva essere considerato rilevante il fatto che "non venisse rivelato il motivo che aveva portato un dipendente a fruire dei benefici previsti dalla legge n. 104/92 e che quindi non vi fosse la pubblicazione di dati sanitari veri e propri ma solo di un indice da cui desumere una certa invalidità di una persona". 

Ciò, anche alla luce del consolidato orientamento della stessa Autorità secondo cui il riferimento alla legge n. 104, che notoriamente disciplina le prestazioni e le garanzie per l'assistenza e l'integrazione sociale e lavorativa delle persone disabili o dei loro familiari, consente di ottenere informazioni sullo stato di salute di una persona.

Nel secondo caso, il Garante per la Protezione dei Dati Personali aveva (doc. web n. 3259444, registro dei provvedimenti n. 313 del 19 giugno 2014) comminato una sanzione pari a 20.000,00 euro alla Regione Abruzzo per aver reso pubblici sul proprio sito web i nomi e i cognomi dei candidati ammessi ed esclusi in una procedura di selezione riservata alle persone con disabilità.  

In particolare, il Garante aveva evidenziato come l'associazione dei nominativi degli interessati alla legge n. 68/1999 (recante "Norme per il diritto al lavoro dei disabili") rivelasse indubbiamente dati particolari relativi alla salute dei candidati. 

Nel corso dell’istruttoria, la Regione aveva affermato di aver pubblicato i risultati del concorso sul proprio sito istituzionale, ritenendo di aver adempiuto a un obbligo imposto dalla legge sulla trasparenza amministrativa. Sul punto già il Tribunale di primo grado aveva già sottolineato la possibilità per la Regione di trattare i dati personali in forma anonima "o, comunque, in modo da evitare la divulgazione dello stato di salute dei partecipanti alla selezione pubblica, così da conciliare le esigenze di pubblicità della relativa procedura con quelle di riservatezza dei candidati".

La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul caso, il 3 febbraio 2022 (sentenza n. 29049 pubblicata il 6 ottobre 2022) ha definitivamente respinto il ricorso della Regione Abruzzo contro la decisione, che comportava la richiamata sanzione amministrativa comminata dall'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, ritenendo non ravvisabili nel caso di specie sia la "buona fede" sia l’errore scusabile per “ignoranza” della Regione. 

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Irene Pudda

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