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Antiriciclaggio: Registro dei titolari effettivi il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia UE

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​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 21.10.2024 | Tempo di lettura ca. 10 minuti


Con l’ordinanza n. 8248/2024 del 15 ottobre 2024 il Consiglio di Stato ha sospeso i giudizi aventi ad oggetto i ricorsi presentati dalle associazioni fiduciarie avverso le pronunce del TAR Lazio sul registro dei titolari effettivi (ricorsi nn. 3366, 3367, 3369 e 3546 del 2024), rimettendo questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia UE. 

Questo articolo tecnico giuridico esamina la storia infinita del registro dei titolari effettivi a seguito di tali ricorsi e le principali considerazioni che hanno portato il Consiglio di Stato a rinviare alla corte UE.

Introduzione ​​

Il registro dei titolari effettivi è uno strumento fondamentale nella lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Esso consente di identificare le persone fisiche che, direttamente o indirettamente, possiedono o controllano una società o un’entità giuridica. A tal fine, il decreto legislativo 231/2007, che recepisce la direttiva europea antiriciclaggio, ha introdotto l’obbligo per le società di comunicare i dati dei propri titolari effettivi. Questo obbligo è stato ulteriormente dettagliato dal regolamento attuativo, che ha stabilito le modalità di raccolta e accesso a tali informazioni.

Tuttavia, la sua implementazione ha sollevato numerose questioni giuridiche che ha visto coinvolto dapprima il T.A.R. del Lazio e successivamente il Consiglio di Stato che con ordinanza del 15 ottobre 2024 ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

Prima sospensione: ricorso al T.A.R. del Lazio ​

A dicembre 2023 le associazioni fiduciarie di settore presentavano una serie di ricorsi al fine di richiedere l’annullamento del pacchetto di decreti relativo al registro dei titolari effettivi, in particolare il Decreto interministeriale n. 55 dell’11 marzo 2022, Decreto direttoriale 29 settembre 2023 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, nonché il “Manuale operativo per l’invio telematico delle comunicazioni del titolare effettivo agli uffici del registro delle imprese”. 

A seguito di tali ricorsi il T.A.R. Lazio con l’Ordinanza del n. 8083 del 6 dicembre 2023 ha accolto l’istanza cautelare dei ricorrenti riconoscendo “meritevole di tutela l’interesse della parte ricorrente al mantenimento della res adhuc integra sino alla definizione del giudizio nel merito” e per l’effetto ha sospeso l’efficacia del decreto 29 settembre 2023 del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, denominato “Attestazione dell’operatività del sistema di comunicazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva”, pubblicato in G.U. – Serie Generale n. 236 del 9 ottobre 2023. Di conseguenza è stato anche sospeso il termine per la prima comunicazione di popolamento del registro dei titolari effettivi che, secondo quanto prevista dalla normativa in materia, doveva essere effettuata entro 60 giorni dalla data di pubblicazione in G.U. del Decreto direttoriale 29 settembre 2023 del MIMIT, ovvero entro l’11 dicembre 2023.

Il 9 aprile 2024 il T.A.R. Lazio, Sezione Quarta, con sei sentenze sostanzialmente identiche (nn. 6837, 6839, 6840, 6841, 6844, 6845), ha respinto i ricorsi presentati dalle associazioni di fiduciarie determinando la ripresa della decorrenza dei termini per effettuare le comunicazioni al registro dei titolari effettivi, con il conseguente slittamento del termine al giorno 11 aprile 2024.

Seconda sospensione: ricorso al Consiglio di Stato e sanzioni per mancate o tardive comunicazioni ​​

A seguito dell’impugnazione delle sentenze da parte delle associazioni fiduciarie di categoria, il 17 maggio 2024 il Consiglio di Stato, a un primo sommario esame, ha ritenuto che le questioni prospettate dalle parti risultino di particolare complessità, ed esigano l’approfondimento proprio della fase di merito. Pertanto, ha disposto la sospensione dell’esecutività delle sentenze del T.A.R. Lazio del 9 aprile 2024. Tuttavia, essendo le ordinanze intervenute dopo lo scadere del termine per adempiere (fissato l’11 aprile 2024), è stata sospesa la (sola) consultazione dei dati e delle informazioni sulla titolarità effettiva, nonché le richieste di accreditamento da parte dei soggetti obbligati e le richieste di accesso da parte dei soggetti legittimati ai sensi dell’art. 3 D.Lgs. 231/07. Era invece possibile presentare comunicazioni al registro. L’udienza per la trattazione dinnanzi al Consiglio di Stato era stata programmata per il 19 settembre 2024.

A seguito dello scadere del termine per la presentazione delle comunicazioni del titolare effettivo si è acceso il dibattito, che permane tutt’oggi, in merito alla possibilità da parte delle Camere di commercio territorialmente competenti di provvedere agli accertamenti e alle contestazioni per tardive comunicazioni ex art. 2630 c.c. che recita “Chiunque, essendovi tenuto per legge a causa delle funzioni rivestite in una società o in un consorzio, omette di eseguire, nei termini prescritti, denunce, comunicazioni o depositi presso il registro delle imprese è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro. Se la denuncia, la comunicazione o il deposito avvengono nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un terzo”. 

In considerazione di quanto sopra, il CNDCEC (Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili) in data 23 maggio 2024 ha pubblicato una informativa all’interno della quale ha escluso che “le Camere di Commercio territoriali possano procedere all’accertamento di presunte violazioni e, di conseguenza, all’applicazione di sanzioni per omessa o tardiva comunicazione da parte dei soggetti obbligati”. Ciò in quanto le conclusioni del Consiglio di Stato potrebbero travolgere l’intero impianto del Registro dei titolari effettivi compreso l’obbligo di effettuare le comunicazioni su cui verterebbe la sanzione. 

Tuttavia, il MIMIT ad oggi non ha ancora preso posizione sul punto demandando, in ragione della complessa vicenda giudiziale, “al prudente apprezzamento degli Enti camerali ogni iniziativa utile ad agevolare il corretto adempimento degli obblighi di comunicazione in argomento”. Di conseguenza, non essendo il parere del CNDCEC vincolate e non avendo il MIMIT adottato una posizione, alcune Camere di Commercio ben potrebbero decidere di corrispondere sanzioni in caso di omessa o tardiva comunicazione del titolare effettivo. 

Ordinanza del Consiglio di Stato e rinvio alla Corte di Giustizia Europea

L’ordinanza del Consiglio di Stato N. 8248/2024 del 15 ottobre 2024 (a seguire “Ordinanza”) sospende per l’ennesima volta l’operatività del registro dei titolari effettivi in Italia. 

Infatti, il Consiglio di Stato ha rilevato che le disposizioni del regolamento attuativo potrebbero violare gli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che tutelano il diritto alla vita privata e alla protezione dei dati personali. Inoltre, sono stati richiamati gli articoli 15 e 45, relativi alla libertà di stabilimento e di circolazione, e gli articoli 20 e 41, che garantiscono l’uguaglianza e il diritto a una buona amministrazione. In particolare, il Consiglio di Stato al punto 9 dell’Ordinanza afferma che "le questioni prospettate dalle parti risultavano di particolare complessità ed esigevano l’approfondimento proprio della fase di merito, in specie in relazione alle tematiche di conformità della normativa interna al diritto unionale e alla stessa validità di alcune delle disposizioni della Direttiva al diritto unionale sovraordinato ".

Il Consiglio di Stato ha anche sottolineato il rischio di eccessivi adempimenti per i ricorrenti, che potrebbero essere onerate da obblighi di comunicazione non legittimamente imposti. L’ordinanza evidenzia che l’adempimento degli obblighi di comunicazione di cui all’articolo 21, comma 3, del Dlgs 231/2007, possa concretizzarsi in un pregiudizio derivante dalla pubblicazione di dati sensibili/riservati. 

Alla luce della delicatezza degli argomenti sopra brevemente esposti, il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sei quesiti pregiudiziali riguardanti l’interpretazione e la validità della Direttiva (UE) 2015/849, come modificata dalla Direttiva (UE) 2018/843, in relazione alla normativa italiana che disciplina le società fiduciarie: 
  1. Nozione di “istituti giuridici”: Se la nozione di “istituti giuridici” di cui all’articolo 31 della Direttiva (UE) 2015/849 debba essere interpretata come riferita a un’unione organica di norme e principi che regolano un fenomeno sociale, a una concreta operazione economico-giuridica, o a tipologie di operazioni economico-giuridiche valutate secondo le loro caratteristiche sostanziali.
  2. Portata normativa o ricognitiva dell’individuazione degli istituti giuridici affini: Se le notifiche effettuate dagli Stati membri e la Relazione della Commissione Europea abbiano valenza normativa vincolante o siano atti meramente ricognitivi degli istituti giuridici affini ai trust presenti nei vari ordinamenti.
  3. Affinità dell’assetto o delle funzioni del mandato fiduciario stipulato dalle società fiduciarie a quelli del trust: Se il diritto dell’Unione Europea osti a una disciplina nazionale che ricomprende tra gli istituti giuridici affini ai trust i mandati fiduciari delle società fiduciarie.
  4. Proporzionalità della ricomprensione del mandato fiduciario tra gli istituti giuridici affini ai trust: Se il principio di proporzionalità osti a una disciplina nazionale che ricomprende tra gli istituti giuridici affini ai trust i mandati fiduciari delle società fiduciarie, considerando gli obblighi e la vigilanza cui queste sono già sottoposte.
  5. Validità della Direttiva (UE) 2015/849, come modificata dalla Direttiva (UE) 2018/843: Se le disposizioni della Direttiva (UE) 2015/849, come modificata dalla Direttiva (UE) 2018/843, siano valide in relazione agli articoli 114 e 288 del T.F.U.E. e al principio dell’effetto utile.
  6. Conformità del diritto interno alla Direttiva (UE) 2015/849, come modificata dalla Direttiva (UE) 2018/843, alla luce della sentenza del 22 novembre 2022, cause C-37/2020 e C-601/2020: Se il diritto dell’Unione Europea osti a una disciplina nazionale che consente l’accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva ai soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi diffusi, nei casi in cui la conoscenza della titolarità effettiva sia necessaria per curare o difendere un interesse giuridicamente tutelato.

Il paragrafo 40 dell’ordinanza del Consiglio di Stato riguarda la richiesta di sottoporre la causa a un procedimento accelerato presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 105 del Regolamento di procedura della Corte. Il Consiglio di Stato motiva questa richiesta con la necessità di una rapida risoluzione della questione, poiché: “i) l’efficacia dei provvedimenti nazionali è stata sospesa da questo Giudice, stante la delicatezza delle questioni involte e la necessità di adire preventivamente codesta Corte in ordine all’esatta interpretazione da fornire al diritto dell’Unione europea; ii) la decisione di cui al precedente numero è stata presa anche in considerazione del fatto che la mancata sospensione avrebbe obbligato tutte le Società fiduciarie a rendere informazioni sui titolari effettivi, in una situazione nella quale la sussistenza di tale obbligo non poteva essere affermata con certezza da questo Giudice senza prima adire codesta Corte di Giustizia; iii) la decisione di questo Giudice ha, invero, limitato i propri effetti alle sole Società fiduciarie, sebbene i rappresentanti delle Amministrazioni appellate e della Camera di Commercio di Roma abbiano esposto, nell’udienza pubblica del 19.9.2024, che questa situazione riguarderebbe l’intero sistema di attuazione della Direttiva del 2018; iv) allo stato la concreta attuazione delle disposizioni della Direttiva nell’ordinamento italiano risulta, quindi, “congelata” in attesa della decisione di codesta Corte di Giustizia;”

Pertanto, la situazione è rimasta invariata rispetto a quanto disposto dal Consiglio di Stato con Ordinanza del 17 maggio 2024, dopo la quale le Camere di commercio adottarono dei comportamenti variegati. Alcune sospendevano l’obblio di comunicazione unitamente al diritto di accesso, mentre altre sospendevano solo il diritto di accesso. In tale situazione di incertezza, le Camere di commercio sono in attesa di ricevere a breve informazioni a livello centrale da parte di Unioncamere per uniformare a livello nazionale l’applicazione di questa travagliata normativa.

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