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Salario minimo: per la Cassazione si può andare oltre il CCNL di riferimento

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Ultimo aggiornamento del 30.10.2023 | Tempo di lettura ca. 3 minuti


La Corte di Cassazione, con sentenza n. 27711 del 2 ottobre 2023 (una delle sei pronunce in totale con cui la suprema Corte si è espressa nello stesso mese), ha ribadito l’importanza del diritto ad avere una retribuzione equa e sufficiente. 

Lo ha fatto onorando l’art. 36 della Costituzione e ribadendo l’importanza della contrattazione collettiva. Ciononostante, questo potrebbe non bastare. In questo senso, la Corte mette in luce la soluzione per quei minimi salariali che risultano essere troppo bassi: bisogna osservare i CCNL di settori affini oppure, eventualmente, altri indici di riferimento per riformulare i minimi e cercare di arrivare a delle soglie accettabili. 

Il salario minimo è, da mesi, al centro di un grande dibattito in merito alla sua utilità ed alla produzione di possibili esternalità sul mercato del lavoro. L’argomento comincia ad assumere grande importanza anche per la giurisprudenza. 

La Corte di Cassazione ha, con sentenza n. 27711 del 2 ottobre 2023, ribaltato l’esito del giudice in Appello. 
In secondo grado, infatti, la Corte ha rigettato la domanda del lavoratore sostenendo che, la Cooperativa in questione, aveva pacificamente applicato ai propri dipendenti il CCNL Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari che atteneva al suo settore di operatività e che era stato stipulato da organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative a livello nazionale. 

Viene dunque stabilito che vadano esclusi dalla valutazione di conformità ex art. 36 Cost. quei rapporti di lavoro che sono regolati dai contratti collettivi propri del settore di operatività, e che sono siglati da organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

La Cassazione ribadisce il concetto secondo cui, ai fini della individuazione della retribuzione equa e sufficiente già prevista all’articolo 36 della Costituzione, si deve verificare la stessa sulla base delle determinazioni previste dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali più rappresentative. 
Ma non è tutto. La suprema Corte, infatti, riavvolge il nastro sostenendo che il vero problema si presenta quando, lo stesso CCNL di riferimento, detta dei minimi salariali troppo bassi. 

In tal caso il giudice, dice la Cassazione, deve valutare i trattamenti previsti da altri contratti collettivi di settori affini oppure, ancora, fare riferimento ad altri criteri: guardare quindi gli indicatori economici e statistici utilizzati per misurare la soglia di povertà come, ad esempio, l’indice ISTAT, i dati Uniemens per il calcolo del salario medio, il valore della NASPI oppure i trattamenti di integrazione salariale in presenza di sospensione dell’attività.

La sentenza del 2 ottobre fa parte di un fascio di pronunce: nello specifico si parla di altre 5 sentenze, tutte con motivazioni omogenee (Cass. civ., Sez. lav., 2/10/2023, n. 27713; Cass. civ., Sez. lav., 2/10/2023, n. 27769; Cass. civ., Sez. lav., 10/10/2023, n. 28320; Cass. civ., Sez. lav., 10/10/2023, n. 28321; Cass. civ., Sez. lav., 10/10/2023, n. 28323). Inoltre, anche il Tribunale di Bari, con la recentissima sentenza n. 2720/2023 del 13 ottobre, ha seguito l’orientamento della Cassazione. In tutti i casi viene così condannato il datore di lavoro che deve applicare un altro trattamento retributivo e pagare le relative differenze maturate.

Si può dunque parlare di un drastico e repentino aumento del contenzioso in materia salariale. Questo, come diretta conseguenza, fa riprendere e sviluppare i disegni di legge sul salario minimo, già proposti nella precedente legislatura. 

Si è recentemente espresso anche il CNEL. Infatti, il 12 ottobre, è stato approvato a maggioranza il documento finale sul lavoro povero e salario minimo. Viene allontanata l’idea di un salario minimo previsto dalla legge, sostenendo che la sua introduzione non risolverebbe la questione del cosiddetto lavoro povero. 
Un ampio dibattito che si influenzerà, in futuro, vicendevolmente con un fitto contenzioso possibilmente anche di natura collettiva. 

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Rita Santaniello

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