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Greenwashing ancora nel “mirino” delle Autorità: l’IA aiuta a scovare claim ingannevoli

​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​Ultimo aggiornamento del 9.12.2025 | Tempo di lettura ca. 3 minuti


Con una serie di decisioni rese pubbliche lo scorso 3 dicembre 2025, l’Advertising Standards Authority (ASA), autorità indipendente che vigila sulla correttezza della comunicazione commerciale nel Regno Unito, ha valutato negativamente alcune campagne pubblicitarie diffuse online da noti marchi di abbigliamento quali Nike, Lacoste e Superdry, per l’utilizzo di claim in tema di sostenibilità ambientale, individuati grazie a sistemi di monitoraggio digitale basati sull’intelligenza artificiale. 

Nel primo caso, l’ASA ha esaminato un annuncio sponsorizzato da Nike che presentava una linea di capi apparentemente realizzata con “sustainable materials”. L’Autorità ha ritenuto che tale affermazione, priva di ulteriori indicazioni sulle effettive caratteristiche del prodotto, fosse idonea a creare nel consumatore un’impressione eccessivamente positiva ed influenzare così illecitamente le decisioni di acquisto, non essendo stata fornita una chiara informazione sulla percentuale di materiali riciclati impiegati o sulle certificazioni ambientali adottate dalla società.

Una vicenda analoga ha riguardato Lacoste, che aveva diffuso annunci recanti l’espressione “sustainable clothing” per promuovere capi della propria linea per bambini. Anche in questo caso, l’ASA ha rilevato come il claim in oggetto fosse generico e privo di un collegamento diretto con dati concreti in grado di giustificare l’attribuzione di una connotazione “sostenibile” all’intera linea di prodotti. Detta comunicazione, secondo l’Autorità, avrebbe dovuto essere accompagnata da indicazioni puntuali circa l’impatto ambientale della produzione o il ciclo di vita dei materiali utilizzati.

Nel caso relativo a Superdry, infine, l’ASA ha valutato negativamente un annuncio che descriveva una selezione di capi come capace di coniugare “style and sustainability”. L’organismo ha evidenziato come tale formulazione fosse idonea a indurre il pubblico a ritenere che l’intera gamma di prodotti fosse caratterizzata da un ridotto impatto ambientale, quando in realtà, dalla documentazione fornita dall’azienda all’Autorità, risultava che soltanto alcuni capi presentassero alcune caratteristiche di sostenibilità ambientale e non l’intero assortimento pubblicizzato.

Complessivamente, le tre decisioni mettono in luce un principio ormai consolidato nel settore della comunicazione commerciale: le dichiarazioni in materia ambientale (ed etica) devono essere presentate con estrema specificità e trasparenza, indicando con precisione gli elementi sui quali si fonda l’attribuzione di una determinata qualità “green” così da consentire al consumatore di verificarne l’attendibilità. Formule evocative ma prive di dati concreti, soprattutto se riferite a intere linee di prodotti, integrano infatti pratiche ingannevoli di greenwashing. 

È altresì significativo che le campagne pubblicitarie contestate siano state individuate mediante sistemi di monitoraggio basati sull’intelligenza artificiale. L’impiego di queste tecnologie consente infatti di analizzare in modo capillare e continuativo l’enorme mole di contenuti diffusi online, individuando in tempo reale claim ambientali ed etici potenzialmente scorretti o privi del necessario supporto informativo.

L’intelligenza artificiale si dimostra, in questo contesto, uno strumento particolarmente efficace per intercettare green claim scorretti, grazie alla capacità di riconoscere pattern ricorrenti, linguaggi promozionali ambigui e formulazioni che possono alterare la percezione del consumatore. L’adozione di strumenti di analisi automatizzata permette così alle Autorità di Vigilanza di rafforzare il proprio presidio sul mercato e di intervenire con tempestività, anche in assenza di segnalazioni da parte degli utenti.
In questo scenario, l’intelligenza artificiale non costituisce soltanto un supporto operativo, ma diventa parte integrante dell’ecosistema di controllo del greenwashing, contribuendo a innalzare il livello di trasparenza e responsabilità nella comunicazione ambientale. 

Le decisioni dell’ASA – e le modalità con cui le campagne pubblicitarie ingannevoli sono state individuate – confermano un trend destinato a consolidarsi nei prossimi anni, non solo nel Regno Unito ma anche nel resto dell’Unione Europea: la tecnologia, se correttamente impiegata, può rappresentare un alleato decisivo nella tutela dei consumatori e nella promozione di pratiche comunicative più corrette e verificabili.

Alla luce di questo quadro, per le aziende diventa essenziale adottare un approccio proattivo nella gestione dei propri claim ambientali ed etici: ogni affermazione “green” dovrebbe essere supportata da dati verificabili, documentazione facilmente accessibile ai consumatori e criteri di misurazione chiari. Investire in trasparenza e rigore informativo non rappresenta solo un adempimento regolamentare, ma un’opportunità strategica per consolidare la fiducia dei consumatori e posizionarsi in modo credibile nel mercato della sostenibilità.​​​​​

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