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Decreto Liquidità: l’accesso al credito è condizionato all’accordo sindacale sui livelli occupazionali

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Ultimo aggiornamento del 16.04.2020 | Tempo di lettura ca. 5 minuti


Con il Decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020) il Governo italiano ha notevolmente rafforzato le misure di sostegno finanziario a favore delle imprese e dei professionisti, già introdotte nelle settimane precedenti attraverso il Decreto Cura Italia del 18 marzo scorso (D.L. n. 18/2020).


In particolare, al fine di garantire immediata liquidità alle imprese a seguito del lungo periodo di arresto forzato, è stato reso possibile, sino al 31 dicembre 2020, l’accesso a forme di finanziamento bancario garantito per intero da fideiussioni a prima richiesta fornite dallo Stato, per mezzo della società Sace S.p.A. e del Fondo Centrale di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese.

La misura, applicabile nei limiti delle complessive risorse di Euro 200 miliardi e per finanziamenti di durata non superiore a 6 anni, ha di recente ottenuto il via libera da parte della Commissione Europea ed è pertanto ora pienamente efficace. 
 
La concessione del beneficio alle imprese non è però slegata dall’indispensabile osservanza di alcune condizioni, tra cui l’obbligo per l’impresa beneficiaria di non distribuire dividendi per i successivi dodici mesi e la necessaria destinazione del finanziamento per sostenere costi del personale e spese per le attività produttive localizzate in Italia.
 
L’art. 1 (comma 2, lett. l) del Decreto Liquidità, inoltre, tra i vari requisiti per l’accesso al credito, stabilisce l’obbligo per le imprese di gestire i livelli occupazionali attraverso appositi accordi sindacali. 
Tale previsione, pur perseguendo un fine lodevole, non è esente da critiche e, probabilmente a causa della sua estrema sinteticità, lascia numerosi quesiti privi di risposta certa. 

Ci si chiede in particolare quali siano i tempi per procedere alla stipula dell’accordo sindacale, e quindi se lo stesso debba essere concluso necessariamente prima della richiesta di finanziamento o meno. 

L’“assunzione dell’impegno” a gestire i livelli occupazionali pretesa dal Legislatore e le fisiologiche tempistiche per addivenire ad un accordo con le organizzazioni sindacali sembrano far ritenere sufficiente la presentazione, al momento della richiesta, di una formale dichiarazione di impegno ad una celere negoziazione sindacale. Certo è che fintanto che vi saranno concreti dubbi sulla possibilità di mantenere i propri livelli occupazionali ordinari, le aziende dovranno tenere conto che, dal momento della presentazione dell’istanza di finanziamento ai sensi dell’art. 1 del citato Decreto, un’eventuale riduzione degli stessi comporterebbe la perdita del beneficio se non ratificata da apposito e preventivo accordo con le organizzazioni sindacali. 
 
Non è chiaro poi quale sia l’effettiva platea di lavoratori coinvolti nella gestione dei livelli occupazionali.
In linea di principio dovrebbero comunque considerarsi soltanto i rapporti di lavoro a tempo indeterminato (inclusi gli apprendisti), con l’esclusione dei contratti di lavoro a termine e dei rapporti di somministrazione, dal momento che questi ultimi non rientrano stabilmente nell’organizzazione aziendale. Parimenti sembrano essere escluse dal calcolo possibili procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo individuale. Il recente Decreto, infatti, non menziona nello specifico tale fattispecie, che, salvo nuovi aggiornamenti, resta regolamentata dal Decreto Cura Italia del 18 marzo scorso, ai sensi del quale i licenziamenti per gmo ritorneranno ad essere irrogabili a partire dal 18 maggio 2020. 
 
Alla luce di ciò, si rimane pertanto in attesa di fondamentali interventi chiarificativi in merito alla concreta messa in atto delle condizioni indicate dal Decreto Liquidità.

Nel frattempo, le imprese si trovano comunque sin da subito nella situazione di dover esaminare attentamente, in un’ottica a lungo termine, quali potranno essere le prospettive di mantenimento del proprio organico. 

Per il momento, tuttavia, ciò che sembra certo è che la poca chiarezza e logicità di alcune norme rappresenta un difficile ostacolo per garantire quell’esigenza di immediatezza e tempestività proclamata dalle istituzioni, e fondamentale nel periodo di crisi attualmente in corso.

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