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Africa: tecnologia e innovazione

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Innovazione e tecnologia non sono le prime parole che possono venire in mente quando si pensa al continente africano. Tuttavia, proprio il settore tecnologico può portare vantaggi economici, occupazionali e sociali in molti paesi del continente, in particolare attraverso l’utilizzo di telefoni cellulari e applicazioni.

L’Africa sub-sahariana consta di 1.2 miliardi di persone, di cui circa il 40% giovani sotto i 16 anni, secondo dati della Banca Mondiale. Esclusa quest’ultima fascia della popolazione che nella maggior parte dei casi non ha accesso ad un telefono cellulare, oltre 700 milioni di persone hanno una connessione SIM. Di queste circa il 40% ha un abbonamento mentre, secondo dati di GSMA (associazione di operatori e aziende di telefonia mobile), gli smartphone alla fine del 2017 sono solo 250 milioni. Apparentemente il dato non sembra essere positivo, ma lo stesso studio prevede che nel 2025 il numero degli smartphone nel continente raggiungerà 690 milioni di unità. Questo apre un notevole ventaglio di possibilità sia ad aziende produttrici di telefoni che a sviluppatori di applicazioni.

Per quanto riguarda il primo dei soggetti menzionati, non si può non citare l’azienda cinese Transsion, sconosciuta in Europa, ma che nel continente posiziona uno dei suoi prodotti tra i primi 10 nella classifica dei “Top 100 most admired brands in Africa 2017/18”. L’azienda è stata lungimirante, proponendo un prodotto studiato appositamente per il mercato africano e andando a portare soluzioni a questioni importanti nei mercati emergenti: il prezzo – uno smartphone Transsion costa meno di $100, la durata della batteria, considerato lo scarso accesso in alcune aree a fonti di energia elettrica costanti e l’ottimizzazione della fotocamera per catturare immagini di persone con una pigmentazione particolarmente scura. L’azienda inoltre ha creato posti di lavoro nel continente aprendo sedi produttive, di vendita e di assistenza post-vendita. E’ da notare come il successo dell’azienda cinese sia dato da un attento studio delle esigenze locali e da una conseguente customizzazione del prodotto sulla base di questi bisogni.

Ciò che però ha fatto la differenza e ha coinvolto soggetti locali è la creazione di applicativi mobile, molto vicini alle esigenze del cittadino, nate per compensare delle mancanze più che per facilitare la vita e velocizzare attività quotidiane. La prima da menzionare su tutte è M-Pesa, dove M sta per mobile e pesa significa soldi in swahili. Inizialmente creata per “mandare i soldi a casa” in maniera più veloce e sicura, senza il bisogno di affidarsi ad autisti di corriere o amici o dover percorrere personalmente centinaia di kilometri dalla città al villaggio di origine, ha in seguito permesso anche a chi non ha un conto in banca di gestire le proprie finanze e poter ricevere compensi per attività svolte, aiutando in particolare le donne nel loro percorso di empowerment.

Solo un anno dopo l’avvio di M-pesa, app funzionante senza internet e tramite sms, alla portata di chiunque possedesse un cellulare, nasce nel 2008 Ushahidi (in swahili testimone), in risposta agli scontri nati a seguito di sospette frodi elettorali in Kenya. La piattaforma web permetteva di monitorare e geolocalizzare le zone di scontri e violenze attraverso l’uso dei social media. In questi anni, è stata utilizzata in vari contesti e per le più svariate necessità: durante il terremoto di Haiti, per mappare i focolai di epidemie, durante le elezioni in diversi paesi dell’America Latina, mentre  in Italia è stata utile soprattutto alla Protezione Civile in occasione di calamità naturali come il terremoto in Emilia Romagna del 2012.

La nascita di app e start-up ha portato l’esigenza di creare uno spazio di co-working e networking, per permettere a sviluppatori emergenti di lavorare ai proprio progetti e ricevere input da un ambiente giovane e dinamico: a questo scopo è nato nel 2010 iHub, come luogo di ritrovo per la tech community di Nairobi. Ad oggi iHub ha oltre 16000 membri, ha visto crescere più di 170 start-up al suo interno e il modello si è già diffuso in altre città kenyote come Mombasa, Kisumu, Eldoret, Voi, Machakos e Nyeri. La delocalizzazione della tech industry kenyota e la diffusione della banda larga è un segnale positivo che attrae donatori e investitori, grazie anche ad un sistema di governance che supporta l’economia attraverso la tecnologia. Tuttavia non ci sono solo condizioni positive, soprattutto per gli hub fuori Nairobi: la lentezza della connessione internet, la mancanza di registrazioni formali, l’assenza di business expertise e l’abilità di gestire i propri prodotti e innovazioni dal punto di vista finanziario e del marketing sono tutti ostacoli alla crescita e alla sostenibilità dell’attività.

Un supporto ad almeno uno di questi problemi lo ha dato l’inventiva di Erik Hersman e del suo team che ha lavorato al grosso problema africano: non tanto riuscire a connettersi alla rete internet, ma potersi permettere di navigare. La soluzione è stata Moja network, presente in molti bar, ristoranti e luoghi pubblici, persino su autobus e matatu (minibus per trasporto pubblico in Kenya), che ha permesso a gran parte della popolazione di connettersi gratuitamente nel lasso di tempo in cui hanno usato il servizio o sono stati nel ristorante. Il network è legato ad un kit, nella sua versione più avanzata, prodotto da BRCK, che permette di portare internet anche in zone remote e rurali dove l’infrastruttura primaria manca. Il kit è disponibile per privati nella sua opzione base, aziende e scuole. Il costo di internet è riversato in parte sul business che decide di acquistare il kit per il proprio spazio commerciale.

Altro enorme problema africano da non dimenticare è l’accesso all’energia elettrica. Non sempre si è connessi alla rete centrale e diverse sono le soluzioni creative ed innovative diffuse, la più famosa delle quali è sicuramente M-Kopa Solar, diffusa sia in Kenya che in Uganda: un kit composto da un pannello solare, una radio o una televisione nell’opzione più avanzata, un caricatore per il cellulare, una torcia, una batteria e luci led, acquistabile da chiunque con un piccolo acconto iniziale e poi un anno di piccolissimi pagamenti quotidiani tramite M-Pesa che permettono agli acquirenti di diventare proprietari del kit e avere la certezza di avere energia elettrica costante a disposizione.

Queste sono solo parte delle soluzioni che l’Africa, in particolare il Kenya, ha trovato ad alcuni problemi che la popolazione deve affrontare ogni giorno e che riguardano aspetti della vita che si danno per scontato. Oggigiorno non è solo il Kenya ad attrarre investimenti in ambito tecnologico, ma anche Ghana e Nigeria, oltre al già noto Sudafrica. Questi paesi, con la nascita dei loro incubatori, i progetti di smart city e la diffusione dell’Internet of Things, sono i pionieri delle nuove tecnologie nel continente.

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Stefan Brandes

Avvocato, Attorney at law (Germania)

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