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La privacy al tempo del coronavirus: le misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro

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Ultimo aggiornamento del 29.04.2020 | Tempo di lettura ca. 6 minuti


Nel presente articolo verranno approfonditi i principali contenuti del “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” adottato il 24 aprile scorso ad integrazione del precedente Protocollo del 14 marzo e richiamato da DPCM 26 aprile 2020.

Per quanto attiene ai profili data protection, tale Protocollo, conferma le misure già adottate il 14 marzo circa le modalità di ingresso in azienda di dipendenti e fornitori sancendo che “Il personale, prima dell’accesso al luogo di lavoro potrà essere sottoposto al controllo della temperatura corporea. Se tale temperatura risulterà superiore ai 37,5°, non sarà consentito l’accesso ai luoghi di lavoro. Le persone in tale condizione - nel rispetto delle indicazioni riportate in nota - saranno momentaneamente isolate e fornite di mascherine non dovranno recarsi al Pronto Soccorso e/o nelle infermerie di sede, ma dovranno contattare nel più breve tempo possibile il proprio medico curante e seguire le sue indicazioni. Il datore di lavoro informa preventivamente il personale, e chi intende fare ingresso in azienda, della preclusione dell’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbia avuto contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 o provenga da zone a rischio secondo le indicazioni dell’OMS”.
 
Con riferimento alla citata rilevazione della temperatura, restano dunque invariate le disposizione e, pertanto, gli impatti privacy di tale attività, per la quale occorre:
  • rilevare la temperatura corporea senza registrare il dato acquisito;
  • fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali (anche come integrazione alle informative già erogate, omettendo le informazioni di cui l’interessato è già in possesso). In tal senso:
  1. la finalità è rappresentata  dalla prevenzione dal contagio da COVID-19;
  2. la base giuridica è costituita dall’adempimento di obblighi di legge quale, in particolare, l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020;
  3. l’eventuale conservazione dei dati raccolti è ammessa e legittima fino  al termine dello stato d’emergenza;

  • definire le misure di sicurezza e organizzative adeguate a proteggere i dati. In particolare, sotto il profilo organizzativo, occorre:

  • individuare i soggetti preposti al trattamento;
  • fornire loro le istruzioni necessarie (ad es. attraverso nomine ad hoc o una procedura/linea guida);
  • se esterni, nominarli/integrare la loro nomina a responsabili esterni;
  • non diffondere o comunicare a terzi i dati raccolti ad eccezione dei casi previsti da specifiche previsioni normative (es. in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti” stretti di un lavoratore risultato positivo al COVID-19);
  • in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura, assicurare modalità tali da garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore. Tali garanzie devono essere assicurate anche nel caso in cui il lavoratore comunichi all’ufficio responsabile del personale di aver avuto, al di fuori del contesto aziendale, contatti con soggetti risultati positivi al COVID-19 e nel caso di allontanamento del lavoratore che durante l’attività lavorativa sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria e dei suoi colleghi;
  • aggiornare il registro dei trattamenti;
  • effettuare una valutazione di rischio e impatto.


A ciò, il Protocollo del 24.4.2020 aggiunge che:
  • “l’ingresso in azienda di lavoratori già risultati positivi all’infezione da COVID 19 dovrà essere preceduto da una preventiva comunicazione avente ad oggetto la certificazione medica da cui risulti la “avvenuta negativizzazione” del tampone secondo le modalità previste e rilasciata dal dipartimento di prevenzione territoriale di competenza”. In tal caso, l’obbligo è previsto non a carico dell’azienda, ma a carico del lavoratore che riceverà dal medico il certificato e lo consegnerà all’azienda: il certificato andrà menzionato in informativa privacy dedicata;
  • “qualora si richieda il rilascio di una dichiarazione attestante la non provenienza dalle zone a rischio epidemiologico e l’assenza di contatti, negli ultimi 14 giorni, con soggetti risultati positivi al COVID-19, si ricorda di prestare attenzione alla disciplina sul trattamento dei dati personali, poiché l’acquisizione della dichiarazione costituisce un trattamento dati. A tal fine, si applicano le indicazioni di cui alla precedente nota n. 1 e, nello specifico, si suggerisce di raccogliere solo i dati necessari, adeguati e pertinenti rispetto alla prevenzione del contagio da COVID-19. Ad esempio, se si richiede una dichiarazione sui contatti con persone risultate positive al COVID-19, occorre astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alla persona risultata positiva. Oppure, se si richiede una dichiarazione sulla provenienza da zone a rischio epidemiologico, è necessario astenersi dal richiedere informazioni aggiuntive in merito alle specificità dei luoghi”. Sul punto, ove la dichiarazione sia effettivamente raccolta, questa dovrà essere estremamente sintetica senza dati non necessari o pertinenti alla finalità indicata nel Protocollo. Dovrà essere integrata l’informativa, della raccolta e delle modalità della stessa dovrà darsi atto nella procedura ad hoc e dovrà essere prevista una distruzione della stessa a conclusione dell’emergenza.
  • “qualora, per prevenire l’attivazione di focolai epidemici, nelle aree maggiormente colpite dal virus, l’autorità sanitaria competente disponga misure aggiuntive specifiche, come ad esempio, l’esecuzione del tampone per i lavoratori, il datore di lavoro fornirà la massima collaborazione”. In altre parole, i tamponi potranno essere prescritti unicamente dall’autorità sanitaria e, in assenza, l’azienda non deve procedere in autonomia;
  • “l’azienda fornisce una informazione adeguata sulla base delle mansioni e dei contesti lavorativi, con particolare riferimento al complesso delle misure adottate cui il personale deve attenersi in particolare sul corretto utilizzo dei DPI per contribuire a prevenire ogni possibile forma di diffusione di contagio”. In questo caso, l’azienda dovrà integrare le informazioni ai propri dipendenti mediante indicazione delle misure adottate e dei DPI in base alle mansioni e al contesto di riferimento in cui il dipendente si trova ad operare;
  • “in caso di lavoratori dipendenti da aziende terze che operano nello stesso sito produttivo (es. manutentori, fornitori, addetti alle pulizie o vigilanza) che risultassero positivi al tampone COVID-19, l’appaltatore dovrà informare immediatamente il committente ed entrambi dovranno collaborare con l’autorità sanitaria fornendo elementi utili all’individuazione di eventuali contatti stretti”. Inoltre, “l’azienda committente è tenuta a dare, all’impresa appaltatrice, completa informativa dei contenuti del Protocollo aziendale e deve vigilare affinché i lavoratori della stessa o delle aziende terze che operano a qualunque titolo nel perimetro aziendale, ne rispettino integralmente le disposizioni”. Sul punto, occorre prevedere informativa privacy ad hoc, individuare chi nell’azienda dovrà essere informato e come (email/altro canale protetto, prevedere procedura ad hoc, prevedere segregazione tecnica della informazione e retention limitata alla emergenza);
  • “il lavoro a distanza continua ad essere favorito anche nella fase di progressiva riattivazione del lavoro in quanto utile e modulabile strumento di prevenzione, ferma la necessità che il datore di lavoro garantisca adeguate condizioni di supporto al lavoratore e alla sua attività (assistenza nell’uso delle apparecchiature, modulazione dei tempi di lavoro e delle pause)”. Sul punto, occorrerà comunque attendere le misure del Governo, dopo di che sarà utile inserire nel Protocollo aziendale la modalità di gestione dello smart working come misura di contenimento del rischio.

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Nadia Martini

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