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La “fase 2” e le sfide da affrontare per una sicura ripresa delle attività

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Ultimo aggiornamento del 17.04.2020 | Tempo di lettura ca. 7 minuti

A partire da inizio maggio è probabile che gran parte delle attività produttive sul territorio nazionale (alcune categorie, per la verità poche, sono già tornate in servizio dal 14 aprile) potranno gradualmente riaprire secondo gli scaglionamenti che saranno decisi dal Governo. 


La ripartenza sarà progressiva e condizionata al rispetto di nuove regole mai applicate prima, il cui obiettivo primario è quello di fare il massimo possibile per garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini in generale. Le società, grandi e piccole, ed i professionisti, con il fondamentale aiuto delle Istituzioni (ad esempio per favorire l’acquisto di dispositivi di sicurezza individuale – le prime risorse a tal fine sono state assicurate dal Governo nel Decreto-legge n. 18/2020) si troveranno a dover gestire tutte le complessità legate alla sfida di conciliare il recupero dell’efficienza produttiva con il rispetto delle stringenti misure per contenere il contagio da Covid-19. Il rischio da evitare, pertanto, è quello di non essere preparati, compromettendo così la salute delle persone ed il riavvio delle attività d’impresa.

In questo contesto, nell’ambito di un quadro normativo in costante aggiornamento ed oggetto di un acceso confronto con le parti sociali, è comunque possibile individuare alcuni punti fermi, che possono identificarsi nell’incentivazione dello smart-working, nel rispetto delle misure di distanziamento sociale e nelle garanzie delle condizioni igieniche e di sicurezza sul luogo di lavoro. 

Se da un lato chi può lavorare da casa sarà sempre più incoraggiato (o addirittura ‘obbligato’) a farlo, come già indicato dal DPCM dell’11 marzo scorso e ribadito dal successivo Decreto-legge n.18 del 17 marzo, il contatto diretto con il cliente e le relazioni interpersonali continueranno a far parte della nostra quotidianità, seppur ridotte ed in alcuni casi sostituite o affiancate dall’utilizzo di strumenti tecnologici. Senza dimenticare che per molte categorie di lavoratori (ad esempio, grandi catene di distribuzione, lavoratori del settore metalmeccanico e dell’edilizia, etc.) la presenza fisica sul posto di lavoro rimane imprescindibile.
In quest’ottica, il datore di lavoro dovrà adottare particolari e stringenti misure e regole di condotta. Alcune di esse sono già state oggetto dei primi interventi normativi, tra i quali, in ordine cronologico, si ricordano soprattutto il Protocollo Governo – Organizzazioni Sindacali del 14 marzo edil DPCM del 10 aprile.

Filo conduttore dei provvedimenti, in alcuni casi già seguiti da intese tra organizzazioni datoriali e sindacali, è quello di assicurare la distanza minima di un metro tra le persone, sostituita dall’obbligo di utilizzare mascherine e altri dispositivi di protezione individuale (ad esempio guanti, occhiali, tute) nel caso in cui risulti impossibile garantirla, l’igiene personale e l’informazione dei lavoratori, oltre alla giornaliera pulizia e sanificazione dei locali aziendali. A ciò si aggiungono la necessità di ridurre al minimo i contatti con i fornitori esterni, la possibile turnazione dei dipendenti per evitare affollamenti all’interno delle linee produttive e gli ingressi contingentati sia negli spazi comuni (ad esempio mense e spogliatoi), sia per quanto riguarda l’entrata e l’uscita dal luogo di lavoro.  In attesa di necessari chiarimenti normativi, desta invece molti dubbi la possibilità/necessità di effettuare test sierologici ai dipendenti. In mancanza di un test certificato e raccomandato dalle autorità sanitarie, al momento non vi è alcuna certezza sulla piena attendibilità dei test in commercio, con conseguenti profili di responsabilità sul datore di lavoro che dovesse applicare tali misure senza le dovute rassicurazioni da parte del Governo.

In merito, pur con le dovute proporzioni, tra i primi esempi da cui prendere spunto sembrano essere particolarmente centrate le linee guida rilasciate da FCA a seguito di accordo stipulato con le sigle sindacali lo scorso 9 aprile. Il documento, che tocca tutti i punti già menzionati, ed il cui rispetto sarà oggetto di costante monitoraggio interno, si spinge a prevedere, oltre alla obbligatoria disponibilità di gel igienizzanti e detergenti nei locali aziendali, la presenza di barriere di protezione tra le varie postazioni, l’ingresso in azienda dei dipendenti con già indosso l’abbigliamento tecnico, lo svolgimento di eventuali riunioni esclusivamente in locali ventilati e la misurazione automatica della temperatura corporea all’ingresso.  
Tali accorgimenti, che in alcuni casi presentano anche considerevoli problematiche relative al rispetto della privacy dei lavoratori, non saranno oggetto di verifica soltanto interna come nel caso riportato, bensì, come già enunciato dal Ministero dell’Interno (Circolare del 14 aprile) e dall’INL (nota del 10 aprile), anche e soprattutto da parte dei Prefetti che, coadiuvati dalle sedi territoriali dell’Ispettorato del Lavoro, potranno erogare rilevanti sanzioni amministrative e, nel peggiore dei casi, anche imporre un ulteriore arresto forzato dell’attività. 

È pertanto indispensabile iniziare sin da subito a programmare i futuri interventi per conformarsi all’attuale emergenza ed essere pronti ad una sicura ripartenza, senza dimenticare che adottare una condotta virtuosa avrebbe anche benefiche ricadute sulla gestione aziendale, contribuendo a rassicurare e fidelizzare clienti e dipendenti. 

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Rita Santaniello

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