Utilizziamo cookie tecnici per personalizzare il sito web e offrire all’utente un servizio di maggior valore. Chiudendo il banner e continuando con la navigazione verranno installati nel Suo dispositivo i cookie tecnici necessari ai fini della navigazione nel Sito. L’installazione dei cookie tecnici non richiede alcun consenso da parte Sua. Ulteriori informazioni sono contenute nella nostra Cookie Policy.



I compensi per la distribuzione di software a non residenti sono royalties?

PrintMailRate-it

​Ultimo aggiornamento del 23.10.2023 | Tempo di lettura ca. 4 minuti



La qualificazione come royalties di un compenso pagato a un soggetto non residente è rilevante, dal punto di vista fiscale, al fine di determinare la necessità di effettuare o meno una ritenuta “in uscita” a titolo d’imposta ai sensi del combinato disposto dell’art. 23, comma 3, lett. c) del TUIR e dell’art. 25, comma 4 del DPR 600/73. 

Infatti, ai sensi della normativa nazionale, qualora i compensi siano qualificati come royalties questi scontano la ritenuta a titolo d’imposta (la cui aliquota varia in base a quanto stabilito nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia); diversamente, se i compensi vengono inquadrati come business profits, i medesimi risultano esenti da imposizione in Italia e vengono tassati unicamente nel Paese di residenza del soggetto estero percipiente.

L’analisi riportata nella Circolare n. 27 di Assonime prende le mosse dal principio di diritto dell’Agenzia delle Entrate n. 5 del 20 febbraio 2023. Con tale principio, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che i pagamenti corrisposti a soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia, a fronte della concessione del diritto di usare, riprodurre e distribuire un software sono qualificabili come royalties e, pertanto, da assoggettare a ritenuta in Italia.

L’Agenzia ha, quindi, ulteriormente chiarito che la qualifica dei pagamenti per transazioni che riguardano il trasferimento di software dipende dalla natura dei diritti che il cessionario acquisisce in riferimento all’uso e allo sfruttamento del programma. L’analisi di tale principio, già espresso e consolidato in precedenti documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate (i.e. R.M. 169/97, Risoluzione n. 119/2007, Risoluzione n. 128/2008, risposta a interpello n. 361/2023) consente, ad avviso di Assonime, di individuare le seguenti ipotesi limite:
  1. rappresentano business profits, non soggetti a ritenuta in Italia, i compensi pagati per l’acquisto del diritto d’uso sul software finalizzato al puro utilizzo personale e commerciale da parte dell’acquirente senza che vi sia sfruttamento commerciale nei confronti di terzi;
  2. sono configurabili come royalties, soggette quindi a ritenuta, i compensi pagati per l’acquisto del diritto d’uso finalizzato allo sfruttamento economico del software verso terzi. Lo sfruttamento economico è da intendere come diritto di riprodurre, distribuire o modificare il software stesso.

Nella pratica, esistono anche casistiche intermedie rispetto alle sopradescritte ipotesi limite tra cui il caso dei compensi versati a soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia, per distribuire un software ai propri clienti senza poter effettuare modificazioni di sorta secondo le indicazioni del licenziante estero. Alla luce dei vari chiarimenti offerti dall’Agenzia delle Entrate, non dovrebbero sussistere dubbi circa il fatto che tali compensi non siano qualificabili come royalties e non debbano essere assoggettati a ritenuta “in uscita”.

Infatti, il mero distributore di software non acquisisce contrattualmente il diritto di riprodurre, modificare e/o diffondere in pubblico il software, ma si qualifica come un intermediario nella commercializzazione del programma. Di conseguenza, i corrispettivi versati al titolare del diritto di autore sono configurabili come business profits indipendentemente dalla circostanza che il software sia soggetto a personalizzazioni minori ai fini della sua installazione.

In ogni caso, è necessario accertare in concreto il corretto atteggiarsi della volontà negoziale in quanto è proprio a tale riguardo che possono sorgere maggiori problemi interpretativi. Assonime rileva come l’Italia abbia espresso una riserva non concordando sulla qualificazione come business profits di tutti i compensi relativi a contratti di licenza aventi ad oggetto la mera distribuzione del software e ritenendo opportuna una valutazione casistica dei diritti in concreto concessi in relazione agli atti di distribuzione.

Tuttavia, tale posizione dell’Agenzia delle Entrate desta alcune perplessità e difficoltà interpretative nella definizione dei casi in cui un soggetto possa qualificarsi o meno come mero distributore. Pertanto, sarebbe auspicabile un intervento ufficiale dell’Agenzia delle Entrate volto a fornire una rassegna puntuale della qualificazione come royalties o business profits dei compensi pagati in riferimento a transazioni che riguardano il trasferimento di software.

dalla newsletter

autore

Contact Person Picture

Luca Pagani

Dottore Commercialista e Revisore legale

Associate

+39 02 6328 841

Invia richiesta

Profilo

Contact Person Picture

Pamela Ciarcià

Dottore Commercialista e Revisore legale

Associate Partner

+39 02 6328 841

Invia richiesta

Profilo

Skip Ribbon Commands
Skip to main content
Deutschland Weltweit Search Menu